Partecipazione

Pubblicato il 06-06-2013

di Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina -  Giustamente qualcuno ha fatto notare che sta cambiando un po’ la logica della rappresentatività designata ed affidata nelle mani di chi è stato votato. Non si assegna più una delega tout court per cinque anni, su cose da fare, su programmi chiari, su obiettivi precisi. Strada facendo, dal basso, se è il caso, ci si riappropria di quella delega, per opporsi, per smentire, per volere altre cose, chiedendo di schierarsi altrimenti.

Chiamiamola pure e sempre partecipazione. Che rivela una voglia di dire la propria opinione su scelte che riguardano appunto le comunità. Pensiamo subito, di primo acchito, alle soluzioni che prevedono centrali, fotovoltaico, impianti energetici e quant’altro, di cui si teme l’impatto appunto. Certo, la partecipazione è sempre un fatto incoraggiante. Impegna la politica a rapportarsi con gli amministrati in modo costante e scoperto. Impone di spiegarsi, a carte scoperte, su tutto.

Richiede il confronto aperto, magari anche aspro, ma finalizzato a fare chiarezza e quindi ad assumersi le proprie responsabilità. Indubbiamente però la partecipazione esige pure di essere documentati, di conoscere le questioni, di avere pareri scientifici, di poter contare su dati sicuri. Non può solo alimentarsi di emotività, di suscettibilità, di reazioni immediate. Si possono porre in conto i toni accesi, poi bisogna ragionare, mettere a nudo le questioni, delineare le basi serie per decisioni di una certa portata.

Quando è in gioco il quadro ambientale, oggi si è particolarmente pronti a reagire. E diciamo che il principio di precauzione (cioè il valutare gli esiti, magari ancora non del tutto chiari nel prossimo futuro, pure di lunga gittata) appare una buona salvaguardia. La storia anche recente ci ha insegnato che solo dopo, spesso, si è scoperto che non tutto era proprio così innocuo.

Ma ci sono anche altre attenzioni da chiamare in causa. Oggi misceliamo, facilmente, le battaglie contro certi impianti che incutono timori, con stili di vita in cui non ci risparmiano nulla in fatto di nuove tecnologie, di comodità, di soluzioni avveniristiche, senza ricordarci che, alla lunga, tutto potrebbe avere un prezzo, appunto ecologico. Ed ancora, si può correre il rischio di saltar su – magari anche motivatamente – solo nella occasione più eclatante, vicino a casa, dietro l’angolo, trascurando invece i passi quotidiani da compiere per modificare tante piccole realtà, per farsi consapevoli, per educarsi ed educare ad un’ecologia complessiva e dettagliata, per rendere la partecipazione come un gesto continuo e responsabile, da fiato sul collo su chi decide. Insomma tra la delega in bianco e lo scatto di un momento specifico, ci può e ci deve stare la mobilitazione feriale che aiuta a crescere su tutta la posta in gioco, preparando anche all’eventualità in cui occorre alzare la voce e farsi sentire.

Certo, spesso e volentieri, se si guarda alla gente che non assiste ai Consigli comunali, si può restare un po’ delusi. Poco più di un mese fa, in una città di oltre 20mila abitanti, all’assemblea pubblica per presentare il bilancio alla popolazione, c’erano quattro persone, di cui tre addetti ai lavori ed un giornalista. Molte cose vanno cambiate, ma intanto va anche un po’ riscritta la partecipazione, così come forse va rivisto il rapporto tra amministratori ed amministrati. Ce n’è per tutti.

Dalla rubrica di NP QUARTA PAGINA

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