Minacciati di sradicamento

Pubblicato il 29-05-2016

di Claudio Maria Picco

Di Claudio Maria Picco - Misericordia per le minoranze cristiane di Siria e Iraq.
“Una presenza antica, carica di storia, di valori e di cultura, come quella cristiana in oriente, non può essere cancellata da una furia distruttiva, con persone inermi che vengono scacciate e umiliate, interi gruppi sociali che rischiano la pulizia etnica”. Con questo messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è aperto all’Arsenale della Pace di Torino il convegno internazionale Per non dimenticarli in occasione dei 70 anni di fondazione del settimanale cattolico il nostro tempo. Un’occasione importante per fare il punto sul futuro delle comunità cristiane d’oriente soprattutto in Sira e Iraq.

I cattolici di tutto il mondo celebrano l’anno della misericordia, ma si può parlare di misericordia in un conteso di guerra, devastazione, sradicamento? “Noi facciamo tutto il possibile per render visibile questa misericordia, risponde mons. Basel Yaldo vescovo di Baghdad, per dare una testimonianza specialmente ai musulmani che vivono con noi. In Iraq tutti sanno che i cristiani sono uomini di pace, di misericordia, di amore”. “Se si parla di misericordia noi ci crediamo, sempre invochiamo Dio padre di misericordia, aggiunge S. B. Ignace Youssef III Younan, patriarca siro-cattolico di Antiochia. Noi stiamo cercando di chiedere la misericordia divina, di ispirare la nostra comunità a vivere secondo questa fiducia verso il Signore padre di misericordia, ma purtroppo non possiamo esercitare la nostra religione liberamente in un contesto così violento”. La speranza è che “un giorno ci sarà pace”.

“È uno scandalo che non si sia chiesta la tregua in Siria prima, invece di riempire di armi quel Paese – commenta il prof. Mario Giro vice ministro degli Esteri –. 10 milioni di siriani sono fuori da casa loro, dei quali 4 fuori dal Paese. Come possono i cristiani tornare a Mosul, tornare nella piana di Ninive, vivere tranquilli a Baghdad, come possono tornare ad Aleppo? Alcuni Paesi occidentali hanno preteso di scegliere tra buoni e cattivi, tra i vari gruppi. Se voi guardate una cartina dei gruppi che sono qualche centinaio io mi domando come si fa a scegliere tra buoni e cattivi. Bisogna imporre la democrazia? No ma la pace sì. La democrazia non si impone, si compone. Bisogna uscire dall’equazione impossibile: o regime autoritario o islamismo estremista. Nessuno dei due. Non è più possibile essere schiacciati in mezzo a questa tenaglia. Ognuno dei due estremismi, quello autoritario e quello estremista religioso, nutre l’altro”. Alla domanda su quali siano i problemi che le comunità cristiane affrontano ogni giorno, mons. Il vescovo di Baghdad, rapito nel 2006 e poi rilasciato con il compito di portare un messaggio all’allora papa Benedetto XVI, risponde che “la situazione è difficile specialmente nel nord dell’Iraq, nei territori occupati dall’Isis. In una notte sono scappati più di 120mila persone. Nel frattempo la situazione di accoglienza è migliorata, ma mancano medicinali, servizi sociali, scuole… tante cose, soprattutto un intervento da parte della comunità internazionale. Per esempio l’unione europea può mettere un po’ di pressione per risolvere questi problemi. Da due anni aspettiamo che queste famiglie possano ritornare alle loro case ed è anche la loro speranza, ma non è successo niente”.

Per S. B. Ignace Youssef III Younan patriarca siro-cattolico di Antiochia “Il problema qui è che il caos non aiuta le minoranze a vivere, ad andare avanti. Non solamente i cristiani, tutte le minoranze.

I cristiani sono stati colpiti, abusati uccisi, rapiti. La comunità non ha più fiducia nel futuro e sta emigrando, nemmeno un terzo dei cristiani di prima è rimasto in Iraq. La situazione è molto critica per noi. Parliamo di Chiese, di comunità cristiane che esistono dal tempo degli apostoli, che vanno lasciando la propria terra e questa sarà una perdita non solamente per noi, ma per tutto il mondo”.

Cosa potrebbe fare concretamente la comunità internazionale?

“A mio parere, risponde il patriarca, in Iraq, tramite le Nazioni Unite, si deve imporre una certa disciplina tra le confessioni religiose. Dobbiamo smettere di attaccarci gli uni gli altri e trovare un sistema di governo che sia stabile e giusto, non corrotto. In Siria si deve prima di tutto impedire l’entrata sia delle armi sia dei cosiddetti mercenari e terroristi. Questo si può fare. Quindi aiutare i siriani a fare il dialogo loro stessi, ad essere più logici, a finirla con questo tsunami che ha distrutto tutto e cercare di vivere in un modo umano. È vero che sarà difficile però se c’è la volontà internazionale non sarà impossibile”. Per mons. Basel Yaldo è molto importante “liberare i nostri villaggi che sono occupati dall’Isis” con l’aiuto della comunità internazionale.

La soluzione non può essere l’immigrazione ma, insiste il patriarca sirocattolico Ignace Youssef III Younan, “se Mosul non viene liberata dal Daesh i cristiani non avranno mai l’intenzione di ritornare alle case loro”. Possiamo fare nostro l’auspicio del presidente Sergio Mattarella: “Un ruolo decisivo possono svolgerlo proprio le religioni che da queste terre hanno la loro origine. Il dialogo, il rispetto reciproco, la convivenza tra le fedi e tra le comunità è oggi una condizione per il futuro dell’umanità. Serve coraggio per difendere le comunità perseguitate d’oriente. Coraggio per spezzare la spirale di violenza e prosciugare quei giacimenti di odio su cui prospera il fondamentalismo e il terrorismo”.

Foto: Renata Busettini

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