La forza dei piccoli

Pubblicato il 11-03-2017

di Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - I piccoli possono fare cose grandi, senza rumore, senza slogan. Rimanendo semplicemente se stessi. Carletto era uno di questi. Un uomo buono, di poche parole, per oltre 60 anni sacrestano di una grande parrocchia della Toscana. Era arrivato tanti anni fa, dopo la guerra, con una tragedia nel cuore: la fuga dall’Istria, da solo, con la madre.

Un destino da profugo condiviso con altri 500mila connazionali. Carletto arrivò in quella città sul mare così lontana dai luoghi in cui era nato e cresciuto. Ma quella nuova città diventò presto casa, lo spazio in cui provare a dare veramente il meglio di sé. Carletto lo ha fatto per tutta la vita: iniziò a lavorare come sacrestano dopo l’incontro con il parroco di allora che vide in lui bellezza e semplicità. Ma quel lavoro diventò presto vocazione.

In un’epoca in cui tutto sembra passare da idee più o meno vaghe di autorealizzazione, Carletto si giocò la vita nel campo dell’umiltà del cuore, di chi non considera il poco o il tanto da fare, ma quello che è giusto per sé e per gli altri. Carletto era di una semplicità disarmante: una fede da bambino che accompagnava tutti, una grande passione per il collezionismo che trasmetteva soprattutto ai più piccoli, ai chierichetti della parrocchia, una sensibilità rara. Una volta qualcuno lo trovò pensieroso davanti a un formicaio. “Che succede Carletto?” “Niente, ho portato delle briciole, ma le formiche continuano a fare il loro tragitto. Faticano troppo.

Mi dispiace”. Carletto era così e chi lo avvicinava se ne accorgeva subito. Anche per questo, i poveri lo cercavano continuamente e lui si faceva trovare: qualche spicciolo, una parola buona, un pacco di pasta, la sua povertà che diventava ricchezza. Nella sua vita, ha aiutato tantissime persone. Non aveva grandi mezzi e possibilità, ma tutto quello che avrebbe potuto fare, per lui era già fatto.

Lo colpivano le storie dei migranti, perché lui stesso aveva conosciuto la precarietà di chi è costretto a fuggire. Così, le storie di chi si ritrovava a vivere in strada. Quante volte riuscì ad accogliere e ospitare senza fissa dimora! Carletto era una persona normalissima, ma con un segreto: la fedeltà che trova fede. La fedeltà del servizio, la fedeltà verso se stessi, la fedeltà di una responsabilità, che per lui aveva il volto di una chiesa sempre aperta, pulita, accogliente. La sua chiesa che aveva custodito per tanto tempo e che portava nel cuore. La chiesa in cui, tra un impegno e l’altro, lo vedevi pregare con una intensità che colpiva. Anche a Natale, il suo ultimo Natale, con gli acciacchi dell’età e la fatica dei suoi 94 anni, non aveva voluto mancare.

Presente ancora una volta, con la sua immagine così famigliare. Gli ultimi giorni non sono stati facili. Una complicazione respiratoria che ha anticipato la fine. Il giorno del funerale, a salutarlo per l’ultima volta c’erano centinaia di persone. Bambini, adulti, anziani: tutti con un ricordo, con un pensiero, con una lacrima, con un grazie.

Un funerale in cui la tristezza ha lasciato spazio subito alla pace, alla riconoscenza, alla grandezza umile di un esempio. Due amici si sono guardati: “La santità? Non è eclatante. È quella che abbiamo visto in questi anni…”

Matteo Spicuglia
COSE CHE CAPITANO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

 

 

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