Carne dei popoli

Pubblicato il 15-03-2018

di Lucia Capuzzi

di Lucia Capuzzi - Cile e Perù dopo il viaggio di papa Francesco.
È il lontano Ovest – Far West – dell’altro Occidente, come la storiografia spesso ha definito l’America Latina. La lingua di terra che va dal Perù al Cile è costretta a divincolarsi perennemente dall’abbraccio in cui la stringono il Pacifico e le Ande. In questa lotta eterna per l’esistenza, è racchiuso parte del fascino vitale di una porzione per certi versi “atipica” del continente. La Cordigliera – la “carne di pietra d’America”, come la chiamava la Nobel cilena Gabriela Mistral –, l’ha costretta a lasciarsi le pianure atlantiche alle spalle. Senza, però, mai separarsene del tutto.

Papa Francesco ha scelto di accumunare questi due Paesi in un unico pellegrinaggio, dal 15 al 21 gennaio. Innumerevoli fili legano le sorti di Cile e Perù. Si tratta di due nazioni moderne e sviluppate, capaci di emanciparsi da turbolenze politiche e dittature sanguinose e di costruire sistemi democratici ormai stabili.

Basta pensare che solo 31 anni fa, quando vi si recò Giovanni Paolo II, Santiago era sotto il giogo del regime militare. Ora alla Moneda è in corso l’ennesimo cambio della guardia – stavolta dal centro-sinistra di Michelle Bachelet al centro-destra di Sebastián Piñera – pacifico e nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali.

Nell’entrare nella fase adulta, però, la democrazia cilena, come quella peruviana, ne sperimentano anche i lati oscuri: gli intrecci tra partiti e finanza e relativi scandali di corruzione, la tendenza, in nome di una falsa meritocrazia, a escludere ampi settori di popolazione dal pieno godimento della cittadinanza, il crescente potere del crimine organizzato, la tentazione di ridurre le risorse naturali a mero oggetto da sfruttare selvaggiamente. Problemi che accomunano queste parti del Nuovo mondo al Vecchio. Ma che nel primo si vivono con maggior drammaticità data la velocità del cambiamento.

In un certo senso, complice l’accelerazione economica dovuta all’alto prezzo delle materie prime, Cile e Perù hanno bruciato le tappe. E ne pagano lo scotto.
L’entusiasmo per le ritrovate democrazie s’è mutato rapidamente in critica radicale per le inefficienze del sistema.
La perdita di slancio e rassegnazione si annidano come un virus nel corpo sociale. Sfilacciandolo. Mentre la regola del “si salvi chi può” è il leit motiv dominante. Anche fra i cristiani, affatto impermeabili all’individualismo imperante.

A questi ultimi come al resto dei cittadini, “malati di scoraggiamento”, il Papa ha portato una parola di speranza, unico antidoto all’apatia dilagante. Una speranza fondata sul Vangelo e, dunque, affatto ingenua. Consapevole della gravità delle situazioni. Eppure non prigioniera di esse. Tale prospettiva ha necessariamente implicazioni sociali e politiche. Di nuovo, dunque, Francesco si è confrontato con il nodo-clou dell’America Latina contemporanea e più in generale del mondo attuale: il rischio di “balconear la vida” (guardare la vita dalla finestra), rinunciando all’impegno per una democrazia autentica, in cui il bene comune prevalga sulla legge del più forte.

Bergoglio non si limita a enunciare principi. La via proposta – con le parole e con i “piedi”, ovvero con l’itinerario di questo viaggio – parte dalla “carne dei popoli”. Dalle loro fibre più profonde. A cominciare dai quanti corrono il rischio di maggior “scarto”. In America Latina – accanto ai migranti – tale categoria include i popoli nativi, uno dei temi cruciali del viaggio. In Cile e in Perù, Francesco si è recato a Temuco e Puerto Maldonado, epicentri rispettivamente dell’Araucanía e dell’Amazzonia. Regioni dove si concentrano rispettivamente gli eterni resistenti mapuche e le varie etnie che abitano la foresta.

Entrambi rischiano di “non trovare posto”, in una errata interpretazione del “progresso”. Una visione che non mette solo a rischio la sopravvivenza degli indigeni. Bensì quella dell’ecostistema globale. Ecco, dunque, che il messaggio pronunciato di fronte a loro s’è subito trasformato in un forte appello al Nord del mondo. «Abbiamo bisogno della ricchezza che ogni popolo può offrire, e dobbiamo lasciare da parte la logica di credere che ci siano culture superiori o inferiori», ha detto Francesco ai mapuche di Temuco.

Pochi giorni dopo, ha ribadito un concetto simile ai popoli amazzonici di Puerto Maldonado. Etnie mai minacciate come ora, ha detto, da politiche neo-estrattiviste e da un ambientalismo di facciata che promuove la conservazione della natura senza tenere conto degli esseri umani. Le minacce all’Amazzonia, però, sono minacce contro la vita stessa del genere umano, poiché la foresta è il grande regolatore naturale del clima, il serbatoio di ossigeno. Proprio per questo, Bergoglio ha scelto di attirare l’attenzione del mondo su tale dramma, convocando un Sinodo ad hoc. L’evento si aprirà ufficialmente nel 2019. Di fatto, però, l’inaugurazione è avvenuta il 19 gennaio a Puerto Maldonado. Alla presenza dei nativi, chiamati ad essere protagonisti della propria storia.

Lucia Capuzzi
LATINOS
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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