Una suora dietro le sbarre

Pubblicato il 10-04-2018

di Annamaria Gobbato

di Annamaria Gobbato - La chiamavano la “mamma di San Vittore”.

Si dice che quando una donna vuole... Se poi Qualcuno è d’accordo con lei, ogni cosa finisce bene. Maria Angela Alfieri (Borgo Vercelli 1891-Milano 1951) “voleva”. Voleva consacrarsi a Dio, e a soli 20 anni è “suor Enrichetta”, una Figlia della Carità. Voleva diventare maestra, e sarà così nonostante una malattia incurabile, da cui guarisce miracolosamente dopo un viaggio a Lourdes. Voleva prodigarsi per gli ultimi della società, ed eccola tra i carcerati di San Vittore.

Nella tetra struttura di Milano resterà trent’anni accanto a donne disilluse, incattivite, reduci da vite aggrovigliate. Negli anni del fascismo assieme a detenuti comuni le celle accolgono partigiani e partigiani – tra essi anche Mike Bongiorno e Indro Montanelli – e naturalmente ebrei.

Suor Enrichetta “vuole” salvare vite e da allora è tutto un lavorìo sotto traccia per ottenere colloqui, trasmettere informazioni, procurare contatti... Intercettata, viene arrestata e soltanto le suppliche del card. Schüster le evitano la deportazione, tramutata nel confino in manicomio.

Finita la guerra, torna a San Vittore, dove diviene “la mamma” anche degli ex fascisti. La ruota della storia gira, la sua volontà di bene no: «Soffrirò, lavorerò e pregherò per attirare anime a Gesù». Lo farà fino alla fine. Dal 2011 è iscritta tra i beati della Chiesa cattolica. Del resto, lei lo aveva deciso fin da ragazza: «La vocazione non mi fa santa, ma mi impone il dovere di lavorare per diventarlo...».

Annamaria Gobbato
#TERRA&CIELO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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