La preghiera cambia la fame

Pubblicato il 15-02-2012

di dom Luciano Mendes de Almeida

 

Dal mese di gennaio 07 Nuovo Progetto ha avviato una rubrica dedicata a Dom Luciano Mendes de Almeida. Vogliamo far conoscere - attraverso gli scritti indirizzati alla fraternità del Sermig - la ricchezza del suo pensiero e della sua spiritualità, profondamente legata ai problemi e alle povertà del nostro tempo. Il suo è stato un cammino di santità che speriamo venga riconosciuto e valorizzato dalla Chiesa, un cammino che tanto ha da comunicare a tutte le donne e gli uomini di buona volontà.

Come possiamo dire a Dio che è nostro Padre, se non siamo capaci di trattarci veramente da fratelli e sorelle, se non siamo capaci di capire che i miseri hanno diritto che ci impegniamo ad andare incontro alle loro necessità? Se i bambini di strada non trovano amore in questo momento della loro vita, saranno incapaci di credere all’amore e di offrire anche loro la vita per collaborare, in qualche modo, alla costruzione di una nuova società.

Se una comunità, se l’intera società non avverte questo compito, dov’è il nostro impegno cristiano, dov’è la nostra preghiera cattolica?

È qui la grande sfida: fare sì che la vita sia l’espressione della fede e che l’impegno sociale sia la concretizzazione della preghiera.
È chiaro che dobbiamo pregare, ma io penso che il Signore non ascolta la nostra preghiera se non mettiamo a servizio tutto quello che Lui ci ha dato. Analogamente la vita fatta solo di attivismo è impossibile. Sono necessari la preghiera e i momenti di contemplazione.

Ma non si può pensare che la contemplazione si faccia esclusivamente durante un ritiro spirituale, abbandonando le persone che soffrono, che lottano. Con la grazia del Signore si può fare un’esperienza singolare, fatta di preghiera che continua nell’esperienza della solidarietà per chi è malato, per chi vive sulla strada, per chi patisce le ingiustizie.

Importa capire che il Signore si è fatto presente in mezzo a noi. Così come Lui è presente e unito a noi, vuole che anche noi ci rendiamo presenti nella vita degli altri, portando il sollievo della solidarietà, la gioia della condivisione della vita e la possibilità di crescere nell’amicizia.

La spiritualità cristiana, soprattutto nella vita nevrotica delle grandi città - che a volte includono aree di grande miseria e povertà come in Asia, in America Latina, in Africa - deve trovare il modo di mettere insieme la continua contemplazione e la presenza intensa di solidarietà accanto a chi manca delle cose materiali e della pace del cuore, e pertanto non riesce a comprendere la propria dignità di figlio di Dio.

La vera realtà cristiana è far sì che siamo capaci di prolungare questa contemplazione nella solidarietà. Affinché questo sia possibile, è necessaria la costante e continua unione con il Signore, sia nella meditazione personale, quando ci dà luce e ci comunica la sua vita, sia nella convivenza con questi fratelli che si trovano in condizioni così inumane. L’unità viene dall’amore, che prolunga la comunione con il Signore.

Ci sono situazioni di vita nelle quali ognuno può godere la pace e la solitudine dei ritiri spirituali e del silenzio, ma deve essere capace di condividere la fame e la vita in una favela, la presenza in un carcere, la notte passata in un ospedale, il dialogo con un barbone sulle strade. Tutto questo non è rubato alla preghiera, ma offre situazioni nuove perché la preghiera si adegui alla condizione concreta nella quale ci troviamo.

Il Signore è sempre presente, siamo noi che dobbiamo imparare a renderci conto di questa presenza del Signore nell’esperienza del suo amore e dell’amore nostro verso i fratelli.

Dom Luciano Mendes de Almeida
da Nuovo Progetto gennaio 07

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