Ridisegniamo il mondo partendo dai giovani e dalla pace

Pubblicato il 16-01-2012

di Redazione Sermig

Questo il documento finale del 1° Appuntamento Mondiale Giovani della Pace, svoltosi a Torino il 5 ottobre 2002.


A chi esercita una responsabilità politica,
a chi ha la missione di educare e formare i giovani,
a chi ha il compito di informare,
perché ascoltino la voce dei giovani.

Al Santo Padre Giovanni Paolo II,
profeta di pace, testimone di speranza.

Al presidente Luiz Inácio da Silva,
ricercatore di giustizia sociale e di solidarietà.

Abbiamo due strade davanti:
la strada dell'odio o la strada della giustizia.
L'uomo che usa saggezza
sceglie la strada della giustizia,
la sola che ci può portare alla pace.
 

Appuntamento dei Giovani della Pace

Erano in centomila il 5 ottobre 2002 a Torino, al primo Appuntamento dei Giovani della Pace. Non ci si aspettava che rispondessero così in tanti e che fossero così appassionati.

Durante la giornata hanno riflettuto e condiviso opinioni, attese, desideri su dieci questioni vitali per il futuro di tutti: pensare in modo globale, economia e sviluppo, ambiente terra, aspirazione al lavoro, una pace possibile, Onu rinnovata, comunicazione e media, convivere tra cittadini del mondo, giovani protagonisti, dialogo interreligioso.

I giovani vogliono ridisegnare il mondo partendo da loro stessi e ricomporre la frattura fra padri e figli per garantire un futuro alla terra.

Da un nostro sondaggio fra 300.000 ragazzi era emerso che il 98% di loro - praticamente tutti - non ha fiducia nelle istituzioni; l'85% ha paura del futuro. Eppure non vogliono perdere l'appuntamento con la vita.
Siamo certi che tutti i giovani del nostro tempo esprimerebbero riflessioni in sintonia con quelle manifestate a Torino dei Giovani della Pace, se trovassero interlocutori capaci di ascoltarli e di tenere conto di quanto dicono.
Continuano a sperare, lottare, credere, sognare che uniti si riesce a sfamare chi ha fame, dissetare chi ha sete, accogliere lo straniero, aprirsi ai carcerati, vestire gli ignudi, curare gli ammalati, ascoltare i dubbiosi, confortare gli angosciati, dare un futuro ai bambini, alle bambine di strada, ai giovani, preservare le risorse naturali e costruire la pace nel mondo.
I giovani della pace vogliono far conoscere le loro riflessioni a chi ha il potere di decidere, legiferare e orientare la società, perché a sua volta ne tenga conto con serietà, rispetto e fiducia.

Utopie concrete

I giovani desiderano con tutto il cuore la pace. La vogliono per tutte le donne e gli uomini del mondo, non solo per se stessi.

  • Chiedono un mondo vivibile per tutti. Sono molto concreti. Sanno che ogni giorno oltre 30.000 persone muoiono di fame e malnutrizione e che nel mondo sono aperti quaranta conflitti. Vogliono impegnarsi subito in scelte che incidono per debellare la fame, la sete, le malattie, la miseria, l'analfabetismo, le violenze, per promuovere il rispetto dei diritti e della dignità di ogni uomo e ogni donna.
  • Chiedono che i governi e le istituzioni sopranazionali facciano altrettanto contribuendo a un mondo in cui anche le nazioni pratichino la solidarietà.
  • Chiedono un organismo mondiale che garantisca a tutti i diritti umani, le libertà religiose e politiche, che tuteli le minoranze, che bandisca l'uso delle armi, che assicuri la pace. Non può che essere un'Onu rinnovata, credibile, che abbia l'autorità morale di fermare le guerre perché si è preoccupata fin dall'inizio di rimediare alle ingiustizie e ai danni provocati dai dittatori di turno. Un'Onu che ridisegni gli equilibri del mondo partendo dalle nuove generazioni e dalla pace.
  • Vogliono verità e giustizia, vogliono poter contare. Per questo cercano maestri, punti autentici di riferimento, testimoni credibili. Se trovano fiducia, sono pronti a rimboccarsi le maniche e a spendersi con generosità. Sono pronti a portare i loro talenti, la loro creatività, la loro vita nella storia.

Utopie? Ma la strada verso le conquiste positive dell'uomo, segnate dalle tappe della sua crescita morale, è lastricata di utopie, di ideali alti, gli unici capaci di trasformare il mondo in un luogo di pace.


C'è una guerra giusta!

I giovani che credono alla pace hanno di recente dovuto confrontare le loro speranze con la realtà della guerra in Iraq. Si sono uniti a milioni di persone che in tutto il mondo hanno manifestato per la pace, contro tutte le guerre, contro il terrorismo. Non hanno accettato l'uso della forza e delle armi per risolvere le gravi tensioni che minacciano la convivenza dei popoli. Insieme hanno dato vita ad un movimento spontaneo senza confini, spesso in disaccordo con i governanti, che si è attivato con la consapevolezza che la guerra non può essere giusta.

La guerra giusta è contro la fame, contro le ingiustizie, contro la miseria
La guerra giusta è dare cibo all'affamato, acqua all'assetato, accogliere l'esule e il profugo, incoraggiare la libertà e la democrazia
La guerra giusta è contro l'egoismo, contro le menzogne, contro ogni violenza
La guerra giusta è contro la mentalità che vede nell'altro, diverso da me, un potenziale nemico

Questa guerra, e solo questa, può essere combattuta da ogni uomo, da ogni donna di ogni nazione della Terra.
Questa guerra, e solo questa, è una guerra giusta, è una guerra per la vita, è una guerra per portare l'umanità alla pace.
Chi crede alla pace non è controcorrente, ma è nella corrente giusta. Se mai è controcorrente chi pensa che la pace sia un'illusione.

Mentre le decine di conflitti in corso continuano a seminare morte e distruzione, tocca a noi raggiungere quanti soffrono per gli orrori della guerra, diventare padri e madri di quanti hanno per compagna la paura, essere amore per quelli che vivono nell'odio che la guerra ha causato.
Ancora una volta sarà la solidarietà a sconfiggere la guerra. Per questa ragione possiamo gridare "la guerra non può che perdere!".


I no dei giovani della pace che...

Non accettano la guerra
Non accettano il terrorismo come arma per affermare idee e rivendicare diritti
Non accettano che l'ideologia trasformi l'uomo in un ordigno di guerra
Non accettano la scandalosa e folle corsa agli armamenti persino nei paesi dove la gente vive in miseria
Non accettano che in troppi paesi la dignità umana sia calpestata
Non accettano la violazione della libertà religiosa e la discriminazione razziale
Non accettano che donne e uomini non abbiano le stesse opportunità di progettare il proprio futuro
Non accettano che la fame sia inevitabile
Non accettano che l'acqua pulita sia un miraggio per tanti
Non accettano che essere curati sia un privilegio di poche persone
Non accettano le disuguaglianze sociali e la mancanza di lavoro
Non accettano che milioni di esseri umani restino analfabeti e privi di istruzione
Non accettano che milioni di persone vivano senza un tetto e una terra
Non accettano che milioni di bambini e bambine siano oggetto di violenze e sfruttamento
Non accettano che la giustizia sia forte con i deboli e debole con i forti
Non accettano l'uso consumistico e lo spreco delle risorse naturali
Non accettano un'economia mondiale e locale senza regole e senza etica.

 

I si dei giovani della pace che...

Credono che i popoli debbano scegliere liberamente da chi essere governati, con forme di vera democrazia attuate attraverso lo strumento del dialogo.
Credono in una Onu rinnovata garante dei diritti universali, della giustizia, della pace, della democrazia, dello sviluppo equo per tutti, della tutela delle risorse naturali a beneficio di tutti.
Credono che si possa trovare una soluzione pacifica per sanare il conflitto tra israeliani e palestinesi in Terra Santa, tra cattolici e protestanti nell'Ulster, tra curdi, sunniti, sciiti e cristiani in Iraq, tra ogni altro popolo o etnia che condivide la stessa terra, superando ogni antagonismo e risentimento; che bisogna mobilitarsi per tutte le guerre, troppe, in cordo.
Credono che ebrei, cristiani, musulmani, credenti e non credenti possano vivere insieme. Chi crede in Dio dovrebbe essere convinto protagonista del rispetto degli altri, della pace, dell'amore.
Credono che tutte le donne e gli uomini possano vivere in un mondo in cui i diritti umani sono resi operativi, i prepotenti isolati, le libertà civili e politiche garantite.
Credono che la politica, l'economia, l'informazione, la scienza, la tecnologia siano al servizio delle persone e della giustizia.
Credono in gesti concreti di giustizia e di solidarietà, credono che sia possibile sconfiggere l'intolleranza e ogni tipo di violenza.
Credono nella forza della pace che sa assumersi la responsabilità della vita di ogni uomo e donna nel mondo.
Credono nella vita.
 

La Carta dei Giovani

I giovani della pace vogliono vivere da protagonisti, impegnandosi in prima persona, disarmati e disarmanti, senza arrendersi. Hanno dato vita alla Carta dei Giovani, il manifesto del loro impegno concreto, espressione delle loro migliori volontà.

Voglio trovare il senso per la mia vita, che è unica ed irripetibile, per viverla senza guerra, violenza, paura e sperare nel futuro.
Mi impegno perché ogni uomo e donna possa valorizzare le proprie potenzialità e perché nessuno sia sfruttato.
Voglio capire cosa è il bene e cosa è il male, voglio vivere in un mondo dove la forza del perdono annulli il desiderio di vendetta.
Mi impegno a cambiare vita se ho sbagliato.
Voglio lottare contro le schiavitù che ci hanno proposto come libertà e che hanno portato alla morte tanti giovani.
Mi impegno perché tutti abbiano accesso agli strumenti per comunicare e perché l'informazione sia al servizio della persona.
Voglio amare e capire, nella libertà, che cosa è la verità.
Mi impegno perché il lavoro possa essere un bene per tutta l'umanità.
Voglio avere la libertà di coscienza e di professare la mia fede in ogni parte del mondo.
Mi impegno perché tutte le risorse siano usate ed equamente distribuite per contribuire a costruire un mondo migliore, e voglio che la terra sia rispettata.

 

Si fa presto a dire pace

Si fa presto a dire pace, senza credere veramente che sia un diritto fondamentale per ogni persona e per tutti i popoli. La pace conviene a tutti perché porta vita; la guerra - al di là delle apparenze - porta morte. Millenni di storia dimostrano che i morti, la distruzione delle risorse e della natura, l'odio e il rancore generati dalle guerre provocano altri morti, altra distruzione, altri odi, altri rancori, altre guerre, in una spirale senza fine. Ecco perché anche in momenti difficili, come questo che stiamo vivendo, i giovani rifiutano il ricorso alle armi. Non vogliono rassegnarsi all'ingiustizia, causa di tanti conflitti, ma sentono di dover ripetere con convinzione che la pace è la sola via che l'umanità può percorrere.
La pace è possibile se chi la vuole si impegna in pratiche individuali e collettive. Prima di tutto chiede che le armi non vengano più costruite, perché uccidono quattro volte.

Una prima nel momento in cui sono costruite e comprate, perché sottraggono risorse alla sanità, all'istruzione, allo sviluppo.

Una seconda perché impegnano a progettare strumenti di morte sempre più raffinati tante intelligenze che potrebbero dedicarsi allo studio di nuovi modi di coltivare la terra, di nuovi farmaci, di nuove fonti di energia.

Una terza volta perché usandole uccidono.

Un'ultima volta perché preparano già la vendetta degli sconfitti.
Un'eccezione, l'unica, dovrebbe permettere all'Onu il mantenimento di un esercito con compiti di polizia internazionale, che le dia credibilità politica e militare per prevenire e fermare le guerre.
Ma non costruire più armi non basta.

La pace non si improvvisa, va preparata formando le coscienze e ricercando una metodologia che investa le persone, le società, l'economia, le politiche dei governi e delle istituzioni internazionali.

  • Non semplificare. Le relazioni fra i popoli, fra le componenti delle società sono così complesse e in rapida trasformazione che le spiegazioni semplificate, le letture unilaterali e l'ignoranza nell'affrontarle possono indurre ad una errata valutazione dei problemi. Non semplificare significa dunque approfondire, studiare, ricercare soluzioni appropriate e durevoli.
  • Praticare il dialogo, sempre e comunque, ad oltranza, senza lasciarsi scoraggiare dai fallimenti, ricominciando da capo se occorre. Anzitutto mettersi in ascolto delle motivazioni, delle esigenze, dei diversi valori, dei modi di vivere l'etica. Ascoltare senza piegare nessuno al proprio punto di vista o interesse, con l'intento di ricercare il bene comune.
  • Inventare strategie di pace, mettendo in campo energie umane ed economiche che disarmino le tensioni sociali legate alla povertà, alla mancanza di lavoro, di cure, di istruzione, di dignità, di diritti, ad un'economia globale senza etica, all'uso improprio delle risorse naturali.
  • Scegliere la bontà, non solo personalmente, ma come costume politico e sociale: la bontà - non il buonismo - è la novità per il nostro tempo; persone buone, buoni ebrei, buoni cristiani, buoni musulmani, buoni credenti e non credenti possono incontrarsi e far avanzare la pace. La bontà è la chiave per forgiare un futuro senza fanatismi, fondamentalismi, totalitarismi. La bontà accetta la fatica quotidiana del mettersi nei panni degli altri.
  • Perdonare. Non si può essere buoni se si ha rancore nel cuore. Solo il perdono rende liberi, capaci di restituire e di condividere. I Giovani della Pace vogliono cominciare a diffondere la cultura del perdono chiedendolo essi stessi per primi. Perdono per le vittime della fame, della malattia, della guerra, dell'egoismo e dell'avidità. Un mondo nuovo non può nascere che da una domanda di perdono che è alla base della riconciliazione e della concordia fra i popoli, le razze, le culture e le religioni.

La guerra ha eserciti sempre pronti, la pace ha solo noi.

Non disperdiamo queste risorse! Non possiamo più far finta di cambiare in superficie, senza che nulla cambi in profondità.
Nel passare dal "dire" pace al costruirla il primo passo tocca agli adulti. Tocca a loro cambiare se vogliono davvero fare pace e camminare con i giovani.

Un compito per la vecchia Europa

Noi europei, in particolare, abbiamo una grande responsabilità. Per secoli, mentre abbiamo dato un impulso efficace allo sviluppo dell'uomo attraverso l'arte, la scienza, la ricerca di un sistema democratico, abbiamo anche macchiato di sangue e di odio la civiltà con la schiavitù di milioni di esseri umani, la colonizzazione, l'olocausto, i regimi totalitari. L'Europa, anche in anni non lontani, ha nutrito ideologie che sono state l'origine di infinite sofferenze, deportazioni, genocidi, persecuzioni religiose, guerre.
Oggi l'Europa è un'area di democrazia e di tutela dei diritti umani. Sempre di più ha il dovere di avanzare in questa direzione, di far tesoro della propria esperienza per costruire la pace. Può trovare nelle proprie radici la sapienza per formare buoni cittadini, siano essi nativi o immigrati, credenti o non credenti, ebrei, cristiani, musulmani, di qualsiasi etnia, religione e tradizione. L'Europa, che già apre le sue grandi braccia all'accoglienza di rifugiati, di perseguitati politici o religiosi, di tutte le persone che con buona volontà vogliono ricominciare una nuova vita, ha la responsabilità di offrire, insieme a lavoro, sicurezza e condizioni di vita dignitose, anche valori umani e civili come libertà, verità, giustizia, dialogo e solidarietà tra i popoli, conquistati a caro prezzo nel corso dei secoli. Se unita, ha l'autorità morale per farsi ascoltare anche nelle istituzioni sopranazionali; può adoperarsi affinché, in ogni angolo del mondo, ogni persona abbia gli stessi diritti e gli stessi doveri e ad ogni uomo e donna venga garantita piena libertà di coscienza. L'Europa è impegnata a confrontarsi con gli altri continenti, le altre culture. L'Europa ha la forza per rinnovarsi e rinnovare la propria cultura; le sue profonde radici cristiane, che costituiscono la sua identità, possono indicare a tutto il mondo la strada per sottrarsi agli "ismi" corrosivi di ogni forma di vita: nichilismo, scetticismo, permissivismo, relativismo, fondamentalismo…
 

La proposta dei giovani: un'economia della restituzione

I giovani della pace possono dare vita ad un movimento, per coinvolgere i giovani di tutto il mondo. Per globalizzare, nel concreto, la speranza.
La loro proposta è: "l'economia della restituzione". Non è un'utopia. E' possibile, oggi come mai, nella storia. Le risorse per dare l'opportunità di una vita degna a tutti ci sono. Si tratta di renderle accessibili a tutti, di "restituirle", per promuovere il bene comune uscendo dall'avidità, dagli egoismi personali, di gruppo e nazionali, dal troppo nelle mani di troppo pochi.

L'economia della restituzione non prende per sé o per dare potere ai sempre più grandi e potenti soggetti che dominano i mercati. Misura la sua efficienza non con il solo criterio del profitto, ma anche nel rendere tutti protagonisti del processo economico e nel produrre risorse reali che possono dare opportunità di crescita costante a tutta la società.
Divide tra tutti l'acqua, il pane, l'istruzione, la cultura, il lavoro, il benessere.
Moltiplica per ogni persona vita, capacità, dignità, condizioni di fare, opportunità di partecipare, libertà di scegliere, di essere.
Restituisce a tutti i paesi del mondo opportunità di sviluppo e di crescita economica, dopo secoli di sfruttamento da parte dei paesi ricchi ai danni di uomini e risorse dei paesi poveri.
Restituisce il diritto al lavoro agli adulti, arginando così anche la piaga del lavoro minorile.
Restituisce la possibilità della ricerca e dell'accesso alla tecnologia - tanto semplice e 'adatta', quanto la più sviluppata.
Restituisce il diritto alla cura della salute, ad accedere ad efficaci servizi di base.

L'economia della restituzione è una mano tesa per salvare una barca che affonda: l'umanità travolta dalla sua stessa rapacità, da disuguaglianze insopportabili - minacciose anche per coloro che si sentono appagati - che rendono 'esclusa', 'di troppo', tanta parte dell'umanità sia nei paesi poveri che in quelli ricchi.
L'economia della restituzione si basa su rapporti di giustizia ad ogni livello, sola possibilità per raggiungere una pace reale tra i popoli e le nazioni.

Pertanto i giovani della pace chiedono:

  • che l'etica abbia priorità sulla politica, la politica sull'economia. Per uscire dalla miope visione della convenienza personale del momento, e guardare più in alto e più lontano.
  • che lo Stato, come espressione di tutta una comunità nazionale, ritrovi il suo ruolo di promotore di una politica economica tesa a rimuovere gli ostacoli che rendono gli uomini e le donne meno uguali in termini di opportunità. Perché ogni società cresca e maturi in uno sviluppo armonioso di tutte le sue componenti.
  • che gli Stati, le organizzazioni internazionali, realizzino un nuovo sistema di regole per governare la globalizzazione, meccanismi di scambio equo tra le economie a diverso livello di sviluppo, frenando la speculazione pura a vantaggio della reale creazione di utilità e valore aggiunto in ogni attività economica.
  • che imprenditori competenti e responsabili investano le loro competenze, capacità e risorse per fare crescere aziende dove efficienza gestionale e presenza sul mercato si coniughino alla offerta di lavoro e creazione di ricchezza per tutta la comunità chiamata con altrettanta responsabilità a parteciparvi.
  • che nelle imprese possano trovare lavoro, adeguato e dignitoso, particolarmente coloro che primi rischiano di restare esclusi dal ciclo produttivo perché deboli, svantaggiati, carcerati, privi di formazione professionale.
  • che opportune riforme agrarie sostengano innanzitutto i piccoli agricoltori e assegnino terra coltivabile a chi è costretto ad abbandonare le proprie radici e cercare opportunità di vita altrove.
 

Una città di pace

"Avevo fame, … avevo sete, …". È un ricordo.
È un ricordo la fatica dell'essere straniero
in una terra nemica.
Non più condanne a morte,
né prigione a vita.
Nella malattia trovo
cure, rispetto e amore.
Nel dubbio
incontro chi mi aiuta a capire.
Nell'angoscia c'è chi mi ascolta e mi conforta.
I bambini trovano casa e mille braccia che li accolgono.
Non c'è più paura.
Ho cercato
e ho trovato.
Ho sperato
ed ho visto
una nuova Europa, una nuova America, una nuova Africa,
una nuova Asia, una nuova Oceania,
una città di pace,
un luogo in cui Dio abita con l'uomo.

Ernesto Olivero
e i Giovani della Pace

Brasilia - Torino, 13 maggio 2003





 

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