Amati, amiamo.

Pubblicato il 29-01-2013

di Andrea Gotico

Ogni martedì alle ore 20.30 la Fraternità, gli amici e volontari del Sermig e tutti coloro che lo desiderano si ritrovano all'Arsenale per rinsaldare le motivazioni del loro cammino, con l'aiuto del silenzio, della Parola di Dio e della musica. Ogni volta uno di noi della Fraternità offre degli spunti di riflessione e testimonianza a partire da un brano della Parola di Dio.
La rubrica "I martedì del Sermig" desidera condividere con voi questi spunti. Per rinnovare la speranza.


Commento a Luca 7,18-23
Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!".

In questo passo Gesù presenta se stesso. I discepoli di Giovanni infatti, per conto del loro maestro, gli hanno chiesto se è Lui il Messia o se deve ancora arrivare.
Gesù non risponde con un discorso, ma attraverso una sequenza di azioni: “Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi”.
Dove Gesù arriva, guarisce i corpi, libera le anime dalla schiavitù del male. Dove Gesù arriva, ripristina quella bellezza per la quale corpo e anima dell’uomo sono stati creati.

Beato chi l’ha incontrato, allora? No. Beato chi continua ad incontrarlo. Perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre”, dice san Paolo (Eb 13,8), e quindi non fa distinzioni tra l’uomo di allora e l’uomo di oggi.
Chi lo incontra continua ad avere la stessa “occasione” di salute piena. Un’occasione di cui, forse, si parla ancora troppo poco perché ci si crede poco. Non si tratta di “credere ai miracoli”, ma di credere alle promesse d’amore che Dio ha fatto all’uomo e che Gesù ha incarnato. Allora proviamo a confrontarci con le promesse contenute in questo brano di Vangelo.

La volontà di Dio è la salute dell’uomo: il modo in cui Gesù sceglie di presentarsi in questo brano non ci permette di dubitarne. E durante tutta la sua vita pubblica Gesù continuerà a guarire “ogni genere di infermità” e a liberare da spiriti cattivi. Un lebbroso lo incontra e gli dice: “Se vuoi, puoi purificarmi”. La risposta di Gesù è decisa: “Lo voglio. Sii purificato!” (Lc 5,13). Questa è la volontà di Dio per noi. Neppure una volta Gesù dice che una malattia è mandata da Dio o invita qualcuno a “tenersi la malattia”.
La malattia, lo dice chiaro il libro di Giobbe, è un tentativo del male di allontanarci da Dio. Dio, se mai, è Colui che ci dà la forza di affrontare questa prova e di trasformarla in un’occasione per crescere.

Gesù non rimprovera mai chi gli chiede guarigione, rimprovera piuttosto chi dubita che Lui la possa dare. Un padre lo incontra e gli parla di suo figlio tormentato fin dall’infanzia da uno spirito che gli provoca convulsioni. Il padre un po’ titubante dice a Gesù: “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù lo corregge subito: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede.” Il padre allora afferma la propria fede e Gesù libera suo figlio (Mc 9).

La parola di guarigione di Gesù non è una vaga promessa, è immediatamente efficace: “In quello stesso momento Gesù guarì… e donò la vista…”. Le guarigioni dei Vangeli sono tutte istantanee. È la nostra fede che non è pronta a credere che Gesù vuole restituirci la salute. Così a volte rischiamo di fare della malattia un motivo di vita. Perché invece non fare un atto di fiducia nell’amore di Dio per noi e in una guarigione che forse ci è già stata donata?
O peggio, corriamo dei rischi mettendoci in mano a guaritori ed “energie” non meglio definite, anziché rivolgerci direttamente a Dio. Eppure è Lui la fonte della vita! Chi meglio di Lui può mettere sulla nostra strada gli strumenti e le persone giuste?

Proviamo allora ad affrontare in modo davvero cristiano questo problema: se non stiamo bene, il primo passo è chiedere con fede a Gesù che ci risani. E subito dopo chiederci se qualcosa ci divide dalla potenza di vita di Gesù. Perché un’anima ammalata spesso ammala tutto il corpo.
Gesù infatti sottolinea: “Beato colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Chi considera Gesù un ostacolo, e quindi gli sta… a distanza di sicurezza, come può ricevere da Lui la Vita, la salute? Solo tornare in armonia con Lui e con il creato, uomini compresi, elimina in noi quelle che tante volte sono le cause delle nostre malattie: rancori che non si sciolgono, perdoni non dati, situazioni che non accettiamo, abitudini che ci danneggiano, peccati che non vogliamo considerare tali… Se non siamo disposti a mettere in discussione questi aspetti di noi, lasciamo proliferare in noi un’erba velenosa che ci ammala, anche nel corpo.

La guarigione che Gesù porta passa da uomo a uomo. Dove Gesù arriva, persone e comunità imparano a farsi carico della salute degli altri. Medici e psicologi che fanno con amore il loro lavoro, reparti ospedalieri che funzionano, comunità che restituiscono dignità a tossicodipendenti e malati psichiatrici… anche nel nostro Arsenale dell’Incontro abbiamo la gioia di vedere storpi, zoppi, disabili che iniziano a camminare, a parlare, a leggere e scrivere…
Tutto questo è Vangelo, tutto questo è presenza operante di Gesù.

Lasciamo, allora che Gesù ci guarisca.
Lasciamo che si serva di noi per guarire altri.
Amati, amiamo.
Chi ci incontra, come i discepoli di Giovanni, ne ricaverà un messaggio di fede e di speranza:
lì la gente guarisce, lì è veramente presente il Messia!

Elena Goisis
Fraternità della Speranza

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