Hop! Hop! Trotta tortellino!

Pubblicato il 04-07-2013

di Carlo Degiacomi

di Carlo Degiacomi

SCANDALO SCOPERTO PER CASO


Quasi contemporaneamente in Gran Bretagna e Irlanda vengono ritirate alcune partite di hamburger di manzo surgelati per la presenza, in alcuni campioni, di carne di cavallo. Poi si susseguono segnalazioni e sequestri che coinvolgono Francia e altri Paesi (più di venti!), compresa l’Italia, anche fuori dall’Europa. Oltre 200 prodotti ritirati dal mercato o sequestrati. Spesso si tratta di tracce (1%) di carne di cavallo.

Grazie alle analisi, in preparati a base di manzo si sono individuati alimenti contraffatti: hamburger, lasagne, spaghetti alla bolognese e varie pietanze contenenti carne macinata sono risultati positivi alla presenza di carne di cavallo non dichiarata in etichetta. Sono coinvolti noti marchi, supermercati internazionali, grandi aziende. Si scoprono tortuosi percorsi della carne attraverso vari passaggi che portano ad esempio in Romania. In realtà la vicenda ha avuto ripercussioni che vanno al di là dello scandalo perché in Paesi come la Gran Bretagna i cavalli sono amati quanto i cani e i gatti e non c’è l’abitudine a mangiarne le carni. In Italia si consuma molta carne di cavallo: il nostro Paese è al primo posto fra gli importatori. Nel 2012 ha acquistato 216mila quintali di carne di cavallo pari al 43% di tutta Europa.

RISCHIO FARMACI

Qual è il punto vero e da non perdere di vista collegato ai rischi per la salute umana?

Al di là degli aspetti culturali, il problema principale è quando oltre alla carne di cavallo si trovano residui del farmaco antinfiammatorio fenilbutazone. Non è ammesso nella filiera alimentare. Ciò che preoccupa le autorità sanitarie non è la frode commerciale (scambio di carne di cavallo con bovino), ma l’impiego di carne di cavallo proveniente da animali classificati come non destinati alla produzione di alimenti (non DPA). Il nostro Paese sembra interessato molto marginalmente da questo aspetto, in nessun campione sono stati trovati residui di farmaci.

Anche se oggi le quantità riscontrate “non rappresentano un rischio per la salute pubblica”, l’episodio resta comunque grave. Il ritrovamento, di tracce di fenilbutazone in diverse carcasse di carne (non è il caso dei prodotti in vendita in Italia) è il campanello di allarme. Il fenilbutazone è un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS) impiegato abitualmente come analgesico in medicina umana nei pazienti che soffrono di gravi forme di artrite. In medicina veterinaria è utilizzato in alcuni stati per animali non destinati alla produzione di alimenti (cani e cavalli sportivi), mentre è vietato per il trattamento di animali destinati alla filiera alimentare.

Per questo motivo l’eventuale presenza nel cibo è sicuro indice di trattamento illecito. Il medicinale serve per trattare il dolore e la febbre in cavalli e cani e curare problemi ossei e articolari cronici (artrite e tendinite nei cavalli sportivi e nei cavalli tenuti come animali da compagnia, non destinati alla filiera alimentare).

Secondo la normativa europea il trattamento di cavalli sportivi con fenilbutazone deve essere annotato nel passaporto equino e questa segnalazione esclude in modo definitivo la possibilità di macellazione. È una sostanza tossica per il midollo osseo e l’esposizione a questa sostanza è stata associata all’anemia plastica, una malattia del sangue rara (1 caso ogni 30.000 persone), pur tuttavia grave. C’è anche incertezza sulla potenziale genotossicità (la capacità di danneggiare il DNA delle cellule) e cancerogenicità della sostanza. La Commissione europea ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) di eseguire una valutazione congiunta entro il 15 aprile 2013 sulla base dei dati e dei risultati delle analisi in corso in tutti gli Stati.

CAVALLI A FINE CARRIERA

Il tortellino non deve nitrire: così hanno titolato alcuni giornalisti. Le indagini internazionali avvallano l’ipotesi di un commercio fraudolento a livello internazionale di carne di cavalli sportivi, macellati e destinati a produzioni alimentari. Lo scandalo nasconde la pratica comune, anche in Italia, di mandare i cavalli sportivi a fine carriera all’estero, ad esempio in Romania, dove vengono macellati per poi essere reintrodotti in maniera fraudolenta nel circuito alimentare insieme al manzo e altre carni mediocri, sotto forma di carne tritata. Ci sono 800.000 cavalli in Italia, di cui 500.000 cavalli sportivi.

Questi animali (oltre il 60% del patrimonio equino nazionale) rappresentano un costo elevato per i proprietari che devono mantenerli per 10-15 anni e procedere all’incenerimento quando muoiono di vecchiaia. Pochi i controlli in Europa. È quindi lecito ipotizzare che la carne di cavallo anonima, utilizzata nelle lasagne e in decine di altri prodotti provenga da cavalli non DPA giunti a fine carriera. Trattandosi di carne illegale probabilmente viene commercializzata a prezzi risibili e il business diventa interessante.

È ovvia la necessità di attivare a posteriori azioni di controllo rigorose a tutela del consumatore, anche se gli aspetti sanitari appaiono di minore rilievo, ma i controlli ufficiali preventivi lasciano molto a desiderare.

CONTROLLI A TAPPETO

Nel nostro Paese le analisi sulla carne di cavallo sono iniziate nel 2012. Il piano prevedeva il prelevamento di sieroplasma su animali vivi, per verificare l’assenza di trattamenti con farmaci veterinari vietati. Oltre a ciò si doveva esaminare la carne fresca di cavalli macellati alla ricerca di 15 sostanze sospette, tra cui il fenilbutazone utilizzato come indicatore di trattamenti per i cavalli da corsa. La realtà è che sono state effettuate 200 analisi complessivamente su tutte le specie animali. In altre parole saranno stati analizzati 20 cavalli circa a fronte dei 60 mila macellati ogni anno, e non sono emerse irregolarità. Anche nelle aziende nessuno faceva analisi sulla carne tritata bovina per verificare la presenza di carne di cavallo.

Ci vogliono molti controlli anche sui prodotti finali.

Gli aspetti postivi possono essere due: le famiglie, già spinte dalla crisi in questa direzione, propendono per cucinare di più; può aumentare la propensione a consumare prodotti meno elaborati di cui si conosce l’origine; qualcuno può anche maturare l’idea di diventare vegetariano. Attenzione. Questi aspetti non devono trarre in inganno: tutti i consumatori devono seguire lo sviluppo di questo caso per evitare che ve ne siano altri.

I prodotti industriali, di cui non possiamo fare a meno per un problema sia di quantità che di varietà, devono essere garantiti, controllati, sicuri. È una battaglia di civiltà per tutti. Quanto si è scoperto, invece, mina alla base la fiducia dei cittadini europei negli alimenti industriali, specie per quelli che oggi fanno viaggi lunghissimi prima di giungere sulle nostre tavole.

Non è tanto un problema di segnare in etichetta i componenti di un prodotto (l’aderenza rispetto a quanto indicato in etichetta deve essere reale!), né un problema di tracciabilità, infatti con il sistema vigente si è subito rintracciata la provenienza, però è necessario che vi sia piena tracciabilità anche per la carne equina come è già praticato per altri prodotti. È vero che quando le triangolazioni commerciali sono numerose, come nel caso della carne macinata e più in generale su tutti quegli alimenti che sono composti da più ingredienti di provenienza varia, i controlli sono molto complicati.

Piuttosto oggi è necessario che i controlli vengano eseguiti a tappeto su tutti gli alimenti in commercio nel nostro Paese contenenti carne macinata, anche se non convince e va rivisto il sistema di controlli pubblici e privati, anche quelli che le aziende mettono in atto per conto loro, con protocolli noti. I prodotti industriali in questi anni hanno garantito sulle tavole un livello dignitoso e importante di qualità del cibo, la garanzia di prodotti sicuri e così deve continuare ad essere. Questo deve essere l’obiettivo anche di chi è amante del cibo del proprio orto sotto casa, di chi è vegetariano, di chi non si fida del cibo industriale.

A come ambiente – Rubrica di Nuovo Progetto

Illustrazione di Giampiero Ferrari

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