Un sogno da salvare

Pubblicato il 29-01-2014

di Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - Il calcio bello, pulito, è quell’“ascensore sociale che rende possibili i sogni”. Il sogno di Lionel Messi, un ragazzo tanto basso da essere chiamato pulce, che riesce a vincere quattro palloni d’oro. O il sogno di Antonio Cassano, nato nei quartieri malfamati di Bari, destinato a tutt’altro futuro, ma protagonista di una storia diversa, proprio grazie al pallone. Anche per il magistrato Raffaele Cantone è questo il calcio migliore, “l’unico di cui sarebbe bello parlare”. Purtroppo, però, non ci sono solo luci. Nel calcio, esistono anche zone grigie, traffici poco trasparenti, dinamiche a volte subdole che rischiano di soffocare lo sport più bello del mondo. Cantone le ha conosciute da vicino. Una vita in prima linea, indagini a tutto campo contro le mafie, casalesi in testa. Adesso, un saggio che per la prima volta fa luce in modo organico sui rapporti tra criminalità e sport. Titolo eloquente Football Clan, scritto a quattro mani con il giornalista Gianluca Di Feo, una tesi di fondo forte e preoccupante: il calcio è diventato lo sport più amato dalle mafie.



La sua è un’analisi senza sconti. Lei arriva a dire che il calcio deve essere salvato prima che cada nel precipizio. La situazione è davvero così grave?

Sì. Il nostro libro nasce per questo. Prova a dare una dimensione del pericolo che corre il mondo del calcio e soprattutto cerca di lanciare un vero e proprio grido d’allarme su quello che oggi è il rischio maggiore: il calcio scommesse e gli enormi interessi che si muovono da parte della criminalità organizzata. Non voglio apparire Cassandra, ma il mondo delle scommesse rischia di essere davvero il buco nero capace di inghiottire tutto il calcio. L’esperienza di ciò che è avvenuto negli Usa con la boxe e da noi con l’ippica dovrebbe far aprire a tutti gli occhi. Gli scandali hanno fatto perdere ogni credibilità e la gente si è definitivamente allontanata da quegli sport.



Gli affari e gli interessi della criminalità, quindi, sono cresciuti in modo esponenziale sull’onda delle scommesse: un sistema difficilissimo da contrastare. Su quali meccanismi si basa?

Il sistema delle organizzazioni criminali è molto semplice. Queste tendono a truccare le partite, scaricando sui risultati grosse cifre, per poi incassare somme molto più grandi. Cercano di farlo soprattutto sulle partite non di cartello. Sono quelle partite su cui si possono fare brogli con più tranquillità: le partite di I e II divisione, la vecchia C1 e C2. dove non c’è televisione ed i media sono meno attenti. E dove i calciatori sono più esposti alle tentazioni. Non girano grosse somme e spesso le società fanno fatica persino a pagare gli stipendi.



Il sistema criminale però riesce a lambire anche la serie A. Nel vostro libro ne parlate diffusamente. Come è possibile? Perché il calcio è così permeabile?

Il calcio è un pezzo della nostra società e ne è anche lo specchio fedele in positivo ed in negativo. Così come nella società civile vi è il grigio che avanza, anche nel calcio quel grigio traveste strani uomini di affari ed avventurieri. Del resto, il calcio in serie A ti apre porte importanti, ti fa stringere mani e creare rapporti con tutti i mondi. Basta vedere chi c’è ogni domenica nelle tribune autorità per rendersene conto!



Nelle realtà piccole, invece, il calcio è una leva anche per costruire consenso. Che vantaggio immediato possono avere i boss nel controllare il settore?

Nelle piccole città, e soprattutto nel meridione, il calcio ha una grande importanza sociale. Attorno ad esso si coagulano entusiasmo puro ed ingenuo e interessi significativi per quel contesto. Anche lì negli stadi incontri tante persone e stringi rapporti che contano e poi crei il controllo di un pezzo importante della società civile, per esempio attraverso i settori giovanili. Controllo che si traduce anche in voti e quindi in occasione di interscambio con un pezzo delle istituzioni.



C’è un episodio che l’ha colpita in particolare?

Sono più d’una le vicende che mi hanno colpito. Penso a quella del Potenza calcio, quasi una squadra creata ad hoc per gestire attività illecite, che vedeva insieme un pezzo della borghesia di una città da sempre ritenuta tranquilla ed i locali boss in ascesa. E poi, il tentativo di una famiglia di ‘ndrangheta di accaparrarsi più squadre, non solo in Calabria, ma fino alla Campania. Il calcio viene usato come mezzo di conquista dei territori.



Dalle foto di Maradona con il camorrista Carmine Giuliano alla visita di Mario Balotelli a Scampia. Come spiega il fascino reciproco tra mondi che in teoria non dovrebbero incontrarsi?

Credo che le spiegazioni siano diverse, guardando le cose dalle due diverse prospettive. I calciatori spesso sono ragazzini viziati che però non hanno grande cultura e sono facile preda di chi è in grado di colpire la loro attenzione. Come spiegare altrimenti che un campione come Lavezzi passasse i pomeriggi a giocare a playstation con il rampollo di un boss di Secondigliano, la cui famiglia aveva una posizione di vertice nel sistema dello spaccio a Scampia? Al tempo stesso, per gli uomini di mafia, quei rapporti sono manifestazione pura di potere. Dimostrano che sono arrivati. E mi sembra legittima una considerazione finale: su questi aspetti le società devono avere il coraggio di svolgere un ruolo educativo, non limitarsi passivamente a guardare.



L’altra zona grigia è la realtà delle tifoserie. Sembra incredibile…

Sì, purtroppo questa zona grigia esiste eccome. Le tifoserie – ovviamente senza generalizzare – sono infiltrate di criminali ed in alcune realtà questi criminali sono legati anche alle mafie. La violenza che si genera negli stadi spesso rappresenta una sorta di apprendistato per chi sarà poi affiliato. Ma anche qui il problema vero è che le società non solo non sempre troncano i rapporti con questi ambienti malsani, ma in qualche occasione creano vere e proprie sinergie. Di fatto, i tifosi ottengono vantaggi (biglietti, ingressi al momento degli allenamenti, possibilità di rapporti con i calciatori) perché garantiscono tranquillità nelle curve. Viene stipulato una sorta di patto tacito di protezione dal sapore molto mafioso!



Quali sono gli antidoti per arginare le infiltrazioni? Che strumenti servirebbero?

Nella parte finale del libro, proviamo ad indicare alcune possibili vie di uscita, sapendo però che molte proposte cozzano con interessi forti. Ne provo a riassumere qualcuna. Per prima cosa, si dovrebbero limitare le scommesse, escludendole dalle squadre minori e vietando quelle live. Poi, bisognerebbe punire con maggiore rigore i calciatori che si macchiano degli illeciti e riformare la giustizia sportiva, spesso poco credibile e scarsamente autorevole. Detto questo, bisogna rendersi conto che siamo in presenza ormai di fenomeni transnazionali ed è quindi necessario che vengano affrontati con questa prospettiva.



Si salva così il calcio?

Sì, parlando delle ombre, del nero che esiste, ma anche mostrando il tanto bianco che deve essere preservato. Come dicevamo all’inizio, il calcio è un incredibile ascensore sociale che rende possibili i sogni e può offrire grandi occasioni di riscatto. Ecco, lo ripeto, è questo il calcio che mi piace. Vorrei che diventasse l’unico di cui parlare.



Speciale - Quello che conta - 2/5 - NP di Marzo 2013



La corsa al denaro, al successo, al potere: la vera faccia di una crisi non solo economica. La via di uscita è la riscoperta delle cose importanti, di ideali più vicini di quanto si possa pensare. Perché abitano dentro il cuore dell'uomo.



FOTO: ALBERTO RAMELLA / SYNC

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