Riccardo e Barbara

Pubblicato il 22-05-2016

di Simone Baroncia

di Simone Baroncia - Un matrimonio da condividere con gli ultimi.

Lui è un giornalista 47enne, vincitore del premio Diritti Umani 2015, un tempo addetto stampa dei Verdi e portavoce del presidente dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, che vive nella casa famiglia Oasi della Divina Provvidenza a Pedara (Catania), con oltre 70 persone in difficoltà: povere, disabili fisicamente o psichicamente, disoccupate, agli arresti domiciliari e con altri problemi. Lei, un architetto 45enne di Ragusa, ha deciso di condividere questa scelta di vita. Riccardo Rossi e Barbara Occhipinti sono due persone molto concrete: “Un sogno quando è condiviso è già a metà dell’opera. Io e Barbara vogliamo aiutare chi nella nostra società è lasciato indietro. Lei ha mollato lavoro e casa per seguirmi nella comunità dove vivo e opero. Abbiamo scelto di celebrare un matrimonio in povertà e di regalare la lista nozze alla casa famiglia dove abbiamo scelto di vivere e assistere la gente accolta”. E come viaggio di nozze hanno scelto di incontrare papa Francesco a piazza San Pietro, avvenuto il 24 febbraio: “Moltissime persone colpite dalla nostra scelta ci hanno regalato tutto per il nostro matrimonio: dalle fedi al coro, dai fiori al ricevimento, dal fotografo al mio vestito da sposo e all’acconciatura ai capelli della mia sposa. Un noto pasticciere del catanese ci ha fatto la torta nuziale e una signora ci ha regalato i confetti”.

A loro abbiamo chiesto se questo matrimonio si può considerare da favola. Riccardo ha risposto: “Sicuramente sì. Il primo sogno è che una donna abbia scelto di amarmi e seguirmi in casa famiglia. Il secondo è stato che dopo avere scelto di sposarci in povertà, decine e decine di persone hanno deciso di regalarci tutto: dalle fedi, al ricevimento, dallo champagne ai fiori. Poi tanti giornali stanno parlando di noi e ogni giorno, da diversi giorni, riviviamo la nostra scelta”. Anche Barbara ha concordato su questo matrimonio da favola: “Sì. Trovare un uomo con cui condividere il bisogno di aiutare gli altri è stato un sogno. La cerimonia indimenticabile e i nostri invitati ci hanno confessato di aver vissuto o rivissuto tramite noi il sacramento del matrimonio nella sua purezza. Questa è una favola!”.



Come è stato l’incontro con papa Francesco?

Riccardo: “Emozionantissimo. Quando aspettavamo il turno per parlare con papa Francesco le gambe quasi non mi reggevano. Prima gli abbiamo baciato la mano ed è stato un sogno ad occhi aperti. Parlarci è stato meraviglioso, gli ho raccontato della nostra scelta di vivere in casa famiglia (www.insieme.ct.it), del nostro matrimonio realizzato in Provvidenza e carità. Gli abbiamo regalato la nostra bomboniera che era composta da una coroncina di rosario in un elegante sacchettino. Dopo che ho parlato papa Francesco lui ci ha guardati e ci ha chiesto una preghiera”.

Barbara: “Stupendo! papa Francesco emana una luce e una pace fuori dal comune che mi hanno ricaricata e dato tanta speranza. Per me è un esempio di coraggio e di coerenza”.

Cosa significa per una giovane coppia mollare tutto e vivere in una casa comunitaria?

Riccardo: “Per me significa il coronamento di un sogno! Io vivevo già da oltre 12 anni nella casa famiglia Oasi della Divina Provvidenza a Pedara, in provincia di Catania dove sono al servizio degli ultimi. Ho trovato in Barbara una donna che mi ha seguito e ha abbracciato questa scelta. È bello avere accanto una persona che ti ama e che mi fa crescere ogni giorno nell’amore. A volte arrivavano i momenti di solitudine, ora ho lei accanto che mi segue in tutto e si propone. È tutto, con lei, molto più completo!”

Barbara: “Non abbiamo mollato tutto in realtà. Abbiamo semplicemente cambiato prospettiva. Se non ci lasciamo distrarre da tutto il superfluo e dalle falsità che ci circondano, è più facile di quanto si pensi capire che l’unica strada percorribile è quella del servizio e della carità. Vivere in una casa comunitaria è un arricchimento continuo, perché ogni giorno negli occhi degli accolti incontriamo Dio”.

Agli invitati avete chiesto un regalo speciale: in cosa consiste?

Riccardo: “Non abbiamo voluto nulla per noi, ma donare la nostra lista nozze a tre progetti dell’associazione Insieme Onlus rivolti a persone svantaggiate. Uno di questi, quello per la realizzazione di un impianto di coltivazione di lumache, si è realizzato proprio grazie alla nostra lista nozze a cui hanno aderito amici, parenti e gente conosciuta tramite la mia pagina facebook La Gioia (www.facebook.com/lagioiapage)”.

Barbara: “Gli altri progetti riguardano la raccolta della spirulina, alga altamente proteica e la coltivazione dello zafferano. Tutti lavori che richiedono molta manualità, cosa utile soprattutto alla riabilitazione delle persone con disabilità fisiche. Questi obiettivi da raggiungere sono soltanto l’inizio: lavoreremo per tanti altri progetti in cantiere per ridare una speranza a chi non riesce più ad inserirsi nella società”.

Ancora un paio di domande professionali a Riccardo a proposito del premio giornalistico conferitogli lo scorso anno.

Perché hai scelto di impegnarti a favore dei diritti umani?

“Sai, come tanti giovani avevo grandi propositi e volevo cambiare il mondo. Mi sono accorto che con la politica (ero addetto stampa di politici) ed i servizi giornalistici di denuncia, contribuivo solo a creare confusione nella gente. Quando ho incontrato la fede (dopo i 30 anni) ho fatto più di una missione umanitaria all’estero (Kosovo, Romania) e in una di queste ho capito quanto sia importante combattere per i diritti umani, specie dei più deboli. Circa 13 anni fa conobbi un giovane catanese di nome Giuseppe che tutte le sere (nelle sue missioni all’estero) andava ad incontrare la gente che viveva in strada ad Onesti in Romania. Non ero molto interessato a seguirlo, durante il giorno andavo in tanti posti (orfanatrofi, famiglie povere) e a fine giornata ero stanco. Ma una sera lo seguii e proprio quella volta incontrammo un bambino rom abbandonato che viveva alla stazione. Giuseppe, il giovane missionario catanese, lo prese con sé e lo tolse dalla strada. Egli dovette superare tanti ostacoli per aiutare quel bimbo ma ci riuscì; ora a distanza di anni è un adulto e ha moglie e un figlio. Ebbene, io con tanti articoli, interrogazioni parlamentari, non avevo mai salvato una vita umana! Come potevo rimanere indifferente?”.

Come si possono raccontare buone notizie?

“Le buone notizie fanno bene al cuore e il primo che ne trae giovamento sono io! Sono sempre stato un pessimista e il cercare le buone notizie (che pubblico nella mia pagina www.facebook. com/lagioiapage/?fref=nf) mi ha aperto scenari immensi. Mi ha fatto scoprire la speranza, la gioia, l’apprezzare le cose belle della vita. Tutti possiamo raccontare buone notizie: un bel gesto, una vita recuperata, persone che si dedicano agli altri. Accanto a noi ci sono tante persone che fanno cose belle, i giovani che fanno volontariato (scout in prima fila), esercizi commerciali che donano cibo a chi è in difficoltà, tanti che regalano il proprio tempo… Invece di riempire i social network di lamenti e cavolate, diventiamo strumento per divulgare le buone notizie!”.

Foto: Max Ferrero / SYNC

 

 

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