Una speranza per tutti

Pubblicato il 23-01-2017

di Redazione Sermig

a cura della redazione - La non violenza è stata ed è una linea socio-politica fondamentale che il nostro mensile ha cercato di disegnare sin dai suoi inizi. Dizionario, note, personaggi della non violenza sono state rubriche di approfondimento oltre a tanti articoli a cui Giorgio Ceragioli ha dato un contributo determinante. Alcune sue riflessioni ci aiutano a ripercorrere un cammino che ha ancora molto da comunicare.

La non violenza è la strada obbligata per il mondo, per le nazioni, per le città, per le famiglie, per ogni persona umana. Se vogliamo vivere da uomini dobbiamo essere non violenti.

La sconfitta delle violenze passa attraverso proposte di alternative costruttive. La non violenza politica aveva dato nel 1948 la prima grande liberazione dal dominio coloniale (quella dell’India), con meno morti di quelli che ci sono in una giornata sulle autostrade del mondo.

Il contributo di Gandhi più significativo è la socializzazione e la politicizzazione della non violenza, a livello di masse e non solo di piccoli o grandi gruppi o di singoli individui. L’ha teorizzata e applicata in modo grandissimo come strumento di lotta politica, di liberazione delle nazioni, delle persone.

È questo il fatto più entusiasmante della non violenza: di non essere in mano a pochi. Per sua natura chiede il contributo e l’inventiva di tutti, e l’impegno che propone può essere attuato, come dice Gandhi, da storpi e zoppi, da scienziati e gente modesta, da poveri e ricchi, da donne e uomini, da fanciulli, giovani, adulti, vecchi, senza distinzione.

Non violenza è decentramento, partecipazione, semplicità, anti-consumismo, giustizia, egualitarismo, servizio agli altri e tutto quello che serve per costruire una società con strutture d’amore, che si fonda sulle persone e ne rispetta la libertà, le idee, le aspirazioni. Non violenza è necessariamente utopia (come utopia è la meta della perfezione), perché l’uomo non vive e non costruisce senza utopia: al massimo vegeta o si distrugge. Ma è utopia costruttrice e vitale che modifica la società nel profondo delle persone e alla superficie delle strutture.

A fianco del pensiero di Gandhi il cristianesimo è una sorgente in cui si possono cercare il perché e i mezzi della non violenza. La non violenza gandhiana e quella cristiana si fondano sul credere nell’Amore come la sorgente e regola della società.

Gandhi ricorda come solo la gente che ha molto coraggio può essere veramente non violenta, ma dice anche che la non violenza è lo strumento di liberazione dei poveri, è il loro strumento più efficace di lotta. Perché di lotta si parla se si parla di non violenza: lotta contro lo sfruttamento per l’eguaglianza, contro l’oppressione per strutture d’amore. Perché di amore si parla se si parla di non violenza.

La non violenza ci dice qualcosa anche sulla violenza della natura. Perché la violenza è nella natura: è nei suoi terremoti, nelle sue inondazioni; nel pescecane e nel leone che sono costretti dalla loro natura a uccidere per sopravvivere; è nella limitazione propria di ogni essere umano che non raggiunge mai la perfezione per il solo fatto di essere creatura. Da questo punto di vista la non violenza è il tentare di guidare la natura che ci circon-da, il tentare di superarla affinché la sua violenza sia incanalata, usata, a volte sottomessa.

Ma perché sottomettere la violenza della natura? Per il rispetto dell’uomo; perché egli possa svolgere il suo compito di continuatore dell’opera creatrice di Dio, di fonte di amore. La non violenza è, allora, favorevole al cambiamento dell’equilibrio ecologico, per renderlo adatto a meglio rispettare l’uomo, come è favorevole alla conservazione della parte di caratteristi-che di quell’equilibrio che siano utili a quel rispetto. Non violenza non è perciò ecologia statica ma dinamica, sempre confrontata con la realtà, con l’uomo, con il perché del mondo e della vita, con l’esigenza di vivere la pace e costruire con la pace.

La violenza delle armi può avere una risposta dalla non violenza? Nella prospettiva non violenta disarmo vuol dire rinuncia a difendere la propria libertà, cultura, famiglia? Certamente no: vuol dire trovare strumenti che rispettino anche l’aggressore a partire dal suo diritto primario (vivere), ma che siano altrettanto e più efficaci degli strumenti violenti (le armi). È questa un’utopia ingenua o anche pericolosa? L’impegno è centrato nel coinvolgere realmente le singole persone (e non nel giocare su margini politici o economici), nel creare una cultura di non violenza (contro lo sfruttamento e la cupidigia, contro lo spreco a favore della piena occupazione) in cui il disarmo sia la logica conseguenza e la difesa popolare non violenta lo strumento.

Per cercare di esemplificare, questo impegno potrà consistere in una condivisione dei beni economici; in una partecipazione attiva alla gestione e all’orientamento politico della società; in gesti continuativi di rifiuto di consumismo, sprechi...; in una ricerca di evitare e superare la litigiosità quotidiana nei rapporti di famiglia, di lavoro...; in una cultura della disponibilità ai bisogni degli altri; in un reciproco accettarsi malgrado le differenze; nel condividere il potere, che comunque deve essere servizio; nella ricerca di fatti non violenti precisi, come la partecipazione alla protezione civile in occasione di calamità; nel cercare una vita a misura d’uomo dove si vive, muovendosi verso la reciproca conoscenza, creando momenti di aggregazione, fornendo e accettando sostegni sociali in momenti difficili o famigliari.

In ogni caso è indispensabile l’impegno verso il Terzo mondo, perché presuppone il rispetto dell’uomo: rispetto della sua cultura, ma anche e ancor più delle sue potenzialità, del suo divenire, del suo apporto alla società mondiale, dell’essere compartecipe al grande disegno della creazione e dell’espansione cosciente e responsabile della vita cosciente. Il disegno e il progetto della non violenza è più grande anche del disegno e del progetto della pace: perché è il disegno dell’amore, in cui l’esperienza umana viene ricapitolata”.



FOTO: MAX FERRERO - R.BUSETTINI / SYNC

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok