Acqua per gli zingari

Pubblicato il 28-01-2017

di Mauro Palombo

di Mauro Palombo - L’acqua, tanto umile e preziosa, può riservare belle novità. Essere resa sicura e non anche di gravi malattie che in larga parte del mondo ancora oggi mietono vite e generano miseria. Don Renato Rosso, dal Bangladesh, ci fa parte della sua esperienza – nella sua profetica missione tra i nomadi del mondo – di diffusione della semplice tecnica di clorazione, attraverso l’uso di un dispositivo messo a punto dalla Re.Te. Sermig.

Alcuni passaggi della sua lettera. “Grazie alla creatività del Sermig, da tempo si era pensato di offrire acqua un poco più pulita agli zingari del Bangladesh. Mi avevano consegnato via via alcuni dispositivi fatti da un pannello solare e da un anodo e un catodo di metallo inseriti in un tubicino di plastica per trasformare acqua e sale in cloro, tocca sana per purificare l’acqua pulita ma non potabile. Introdotto il tubicino in una bottiglia d’acqua si aspetta sei ore ed ecco una soluzione di cloro. Pochissime gocce sono sufficienti per purificare l’acqua uccidendo tutti i microrganismi pericolosi per la salute.

Quando portai il tutto in accampamento e il pannello solare fu sistemato sulla tenda del mio vicino, si creò attorno una straordinaria curiosità. Quella trasformazione sotto i loro occhi li aveva catturati e nessuno passava avanti senza fermarsi a chiedere e cercare di capire. Poi vennero i primi esperimenti di bere un’acqua diversa. Non concludo che il giorno dopo tutti vollero l’acqua pulita, ma l’insegnante cominciò a cercare le occasioni di bere acqua quando lo vedevano, poi iniziò qualcuno. Non fu immediato ma grazie al marchingegno si è dovuto iniziare a parlare di igiene, di microbi che non si vedono ma esistono…

Nel caso, l’epilogo è un po’ particolare. Il lavoro di diffusione procedeva piano, ma a un certo punto fu piuttosto la situazione a cambiare. Capitò infatti che la notizia degli zingari che volevano bere acqua pulita circolò parecchio, arrivando in Municipio; e la conclusione fu che su quel vasto territorio con l’accampamento semisedentario degli zingari e dove risiedono cinquemila famiglie di bengalesi furono fatte ben 12 fontane con trivellazione a 300 metri di profondità ottenendo un’acqua senza germi né sale, né ferro, né arsenico.

Più diretto il lavoro presso il gruppo di zingari Mahali, alcune decine di migliaia al nord, che si spostano in gruppi di poche famiglie e costruiscono e vendono cesti di villaggio in villaggio, dove sono attesi una volta all’anno. A Damkurà una organizzazione si occupa di scolarizzazione, salute e artigianato presso i gruppi Mahali della regione. Per tre mesi l’anno si preparano gli studenti – ragazzi e ragazze – per due tipi di esami. Da inizio novembre a gennaio compreso studiano gli adolescenti che dovranno sostenere l’esame di quinta ginnasio, mentre da inizio dicembre a fine febbraio quelli che si preparano alla maturità liceale per avere accesso all’università.

Il coordinatore di questi corsi, David Murmu, sceglie i migliori insegnanti, e propone un ritmo di lavoro dalle 4 del mattino alle 11 di sera con un’ora di riposo e ovviamente i vari intervalli per i pasti e la preghiera, due volte al giorno. Negli ultimi anni la media dei promossi in Bangladesh è stata di 40- 50%, mentre tra i nostri studenti, negli ultimi due anni, solo due di terza liceo non hanno superato l’esame. Gli studenti stessi pretendono quel ritmo perché ne conoscono il risultato. Tutti i giovani di Rajshai vorrebbero prepararsi agli esami con David Murmu ma i posti sono limitati a 110.

In questo contesto è arrivato il dispositivo per produrre cloro da acqua e sale; qui anche alimentato dalla energia di rete. La scuola è dotata di un serbatoio, dove viene raccolta acqua di pozzo, poi distribuita da un rubinetto, ma risulta comunque contaminata. Da quest’anno i giovani studenti hanno potuto bere acqua veramente potabile, ma il tutto non si ferma qui. Gli studenti seguono la produzione del cloro e a turno ne vanno a versare la quantità necessaria nei 500 litri di acqua nel serbatoio sulla terrazza, che ora distribuisce acqua potabilizzata.

La ragione di questo esercizio per tre mesi è che quei giovani, tornando ai loro villaggi, possano proporre la stessa cosa ai loro parenti e amici. Quando avranno capito il valore dell’acqua potabile e si saranno abituati a trattarla, ci saranno nuove possibilità. In molti luoghi è anche possibile acquistare il cloro a prezzo veramente accessibile, per poi usarlo. Altrove potranno utilizzare i dispositivi che si potranno avere. Oggi necessari qui per fissare nella mente il processo e il risultato della potabilizzazione”.
 


di Mauro Palombo
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Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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