L'arte del non governo

Pubblicato il 05-07-2017

di Carlo Degiacomi

di Carlo Degiacomi - Per questa puntata prendo spunto dall'interessante libro di Piero Craveri, L’arte del non governo! Forse è la malattia più grande dell’Italia che l’autore ritiene ci abbia colpito, presente in una parte dei politici e nei cittadini. Ci vorrebbe una profonda trasformazione culturale a partire dai livelli locali.
Sui temi ambientali c’è uno spazio enorme a livello locale per esprimere progetti di governo, realizzarli e condividerli con i cittadini. Ma nelle città e nei paesi è difficile trovare non solo la singola persona, il singolo sindaco, ma anche una squadra affiatata e coesa di assessori, che lavorino in base a progetti, con l’obiettivo di governare i problemi e risolverne alcuni anche a medio periodo.

Un esempio pratico: Torino si è appena consolata del duro periodo economico che sta attraversando anche grazie ad una notizia internazionale: sarebbe la 13° città nel mondo in quanto a numero di alberi. La buona notizia (da verificare) riguarda la quantità di alberi. La cattiva riguarda la qualità della gestione delle aree verdi e dei parchi per i quali quotidiani locali e siti appositi riportano ogni giorno segnalazioni e proteste dei cittadini.
La cattiva qualità è data da mancanza di fondi per manutenzioni, da vecchi problemi non affrontati, dalla carenza di tagli erba, dalla mancata cura degli alberi, dall'immondizia, dalle staccionate mancanti e rotte, dalla sicurezza da garantire, dagli usi impropri delle strutture, dallo stato dei giochi da parco o di strutture per lo sport, dalle panchine vandalizzate…

Non si può dire che sia assente la consapevolezza nell'ente locale ad alcuni livelli. Ci sono anche alcuni segnali positivi come la piantumazione di nuovi alberi, lo stanziamento di fondi (pochi) per far fronte almeno alle urgenze più clamorose, una app che permette (speriamo bene!) di colloquiare meglio con i cittadini e i fruitori.
Ma per diventare un’idea forte che coinvolga i cittadini servono ben altri ingredienti. Elenchiamone alcuni:
a) L’uso del verde in una città che sta sempre più invecchiando è fondamentale per garantire un po’ di qualità della vita agli anziani principali utenti nel prossimo futuro.
b) Il verde è collegato a vari settori che devono essere coordinati, ad esempio la sicurezza: alcune zone non sono frequentabili in certe ore, anche a motivo di gruppi di persone che stazionano lasciando mucchi di immondizie sul terreno; altre aree periferiche poi sono diventate campi per i cani.
c) Lo sport nelle varie forme, che è uno delle grandi risorse dei parchi e che dovrebbe essere incentivato in tutti i modi con strutture idonee, in troppi luoghi non è praticabile.
d) La cultura è per lo più assente; si potrebbero favorire con regole sensate eventi, azioni e spettacoli, fornendo in alcuni luoghi più adatti i servizi essenziali che gli organizzatori non possono permettersi.
e) È poco praticato il coinvolgimento permanente di soggetti come scuole, aziende, strutture economiche che si affacciano sulle aree verdi a cui si potrebbe chiedere di adottarle per averne anche loro dei vantaggi. Ci vuole un progetto forte per tutte le zone verdi della città altrimenti tra poco il verde sarà un disastro… L’enorme area del Parco Dora è un esempio che avrebbe potuto fin dall’inizio essere in queste felici condizioni. Il guaio è che è stato creato con i soldi del governo senza che nessuno (neppure la città) abbia potuto realmente controllare quanto realizzato nei cantieri. Quanti Comuni hanno oggi un piano vero, di respiro, per il loro verde?

Carlo Degiacomi
AMBIENTE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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