Nel mondo della notizia

Pubblicato il 14-08-2012

di Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - Il giornalista non può fermarsi al copia-incolla. Le strade da seguire sono curiosità, rispetto e ricerca della verità. Per un giovane giornalista la curiosità è tutto. È l’unico modo per avvicinarsi ad un mondo sempre più complesso.

Stefano Caredda ne ha da vendere
. Trentadue anni, di Sassari, vive dai tempi dell’università a Roma. Oggi, è il responsabile della redazione romana di Redattore Sociale, agenzia specializzata sui temi del terzo settore. È arrivato alla professione come tanti suoi coetanei: laurea in Scienza della comunicazione, scuola di giornalismo, esame di Stato e poi, tante porte a cui bussare. Tra un passaggio e l’altro, anche l’esperienza no profit del sito Korazym.org, portata avanti fino all’anno scorso insieme ad alcuni amici.

Stefano, come mai la curiosità è così importante? È fondamentale. Se uno non ce l’ha, non se la può dare. E se non ce l’ha, è a serio rischio, perché faticherà molto a sopportare i meccanismi concreti del mestiere, la quotidianità della giornata. Curiosità è quel piacere provato nel sapere e conoscere cosa accade, è capacità di non accontentarsi della prima risposta, della prima versione, della prima spiegazione perché la realtà è molto complessa.

Che rischi si porta dietro questa complessità? Diversi, ma il rischio più grande è che ogni fatto può essere raccontato sotto moltissimi punti di vista. Se ci si accontenta sempre, si abdica al proprio ruolo, si cede al generico, al poco significativo, al banale. O, peggio, si diventa - anche inconsapevolmente - strumenti nelle mani di altri, semplici pedine usate per veicolare informazioni precostituite, notizie pilotate o quantomeno interessate.

Come se ne esce? Bisogna usare la testa, dando a Cesare quel che è di Cesare: più che copiare, approfondire. Più che fidarsi ciecamente, selezionare e cercare. Nel regno del copia-incolla, la differenza - sempre più spesso - la fanno i dettagli. Che spesso non si vedono ma che alla lunga, si notano. Eccome.

Il sensazionalismo è uno degli aspetti più evidenti dell’informazione di questi anni…
È vero. Per questo penso che alla curiosità si debba accompagnare il rispetto: per ogni situazione, per ogni persona, per ogni problema, per ogni realtà che ci si trova di fronte. La vita umana ha una tale varietà di sensazioni, una tale ricchezza di emozioni e di stati dell’animo, che in ogni momento è in gioco la dignità di chi è raccontato e di chi sta raccontando: mantenere quest’ultima è ancor più difficile che garantire la prima.

In che senso? Un giornalista non deve arrendersi all’evidenza, spesso soverchiante, che questo mestiere fa a pugni con la saggezza dell’equilibrio. Come tutti i mestieri, si può fare con l’animo velenoso di chi guarda solo al proprio interesse. Oppure, con l’animo pacato di chi lo vive come un servizio, come uno dei campi nei quali compiere il proprio destino, cioè dare completezza, concretezza, realtà e sostanza alla propria stessa vita. Difficile assai, in un giornalismo fatto per lo più di notizie che, non il giorno dopo ma il giorno stesso, sarebbero da buttare nel cestino.

Che consiglio daresti ad un giovane che vuole misurarsi con questo mestiere? Il consiglio è quello di non perdersi negli impossibili sogni del giornalismo romantico (se mai è esistito, non esiste più) ma di trovare, pervicacemente, giorno dopo giorno, articolo dopo articolo, quegli anfratti che permettono di mantenere intatto il gusto del guizzo, di coltivare il piacere di percorrere la via meno battuta, di conservare il coraggio di sapersi fermare ad ascoltare i racconti di chi non conta nulla, di chi non viene ascoltato, di chi è invisibile o rischia l’invisibilità. Umiltà e rispetto nei confronti soprattutto della parte debole di una società.

 

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