Quando essere bravi a scuola non basta

Pubblicato il 09-08-2012

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - La mancanza di legami famigliari profondi può minare la fiducia nei genitori e nella vita.

Tommaso è un ragazzino di quasi undici anni, frequenta la quinta elementare, ha una sorellina di sei anni e due genitori decisamente brillanti dal punto di vista professionale. Il padre è un imprenditore di successo, i cui interessi lo portano a passare molto tempo fuori casa. Quando invece è a casa parla (o pensa) di affari e non lo si può disturbare. La madre di Tommaso è laureata in chimica e dirige un importante centro di ricerca, che recentemente ha messo a punto una nuova tecnica di valutazione dell’inquinamento delle acque industriali. Questo le ha procurato richieste di collaborazione e riconoscimenti a livello internazionale, ma anche un assorbimento a tempo pieno nelle sue attività, che la distoglie da ogni altro interesse.

Tommaso riesce a inserirsi in questa famiglia costellata di successi solo studiando sodo a scuola e perfino eccellendo nelle attività sportive, sebbene dal punto di vista fisico non sia proprio quello che si definisce un atleta nato. È abituato a portare avanti lo stesso atteggiamento di attenzione al risultato che i suoi genitori hanno perseguito in tutta la vita. È insomma un perfezionista. Il suo comportamento e il suo sviluppo devono essere più maturi e in anticipo rispetto al livello medio dei suoi coetanei: infatti, anche quando fa qualcosa di veramente positivo, papà e mamma rimandano il loro assenso totale e lo spingono a fare ancora meglio. In questo modo viene sminuito ogni suo risultato soddisfacente. Come tutti i bambini, Tommaso ha un estremo bisogno di sentirsi teneramente accettato ed amato dai suoi genitori e quindi tutti i giorni compie nuovi sforzi per farli contenti.
Il problema è che, malgrado i riconoscimenti che sempre riceve a scuola o in palestra, dimostra solo una minima o addirittura nessuna fiducia in se stesso. Inoltre i suoi rapporti con i compagni sono un vero disastro. La gioia che può dare una risata, un pomeriggio di giochi sfrenati, una festa ben riuscita, è un sentimento a lui sconosciuto: lo sente come fuorviante, come qualcosa che gli impedisce di premere al massimo l’acceleratore. Lo sconcerta il fatto che gli altri bambini si affannino dietro a passatempi e giochi che a lui sembrano mediocri. Percepisce come un inutile dispendio di energia lo scambio reciproco di un profondo rapporto di amicizia e la rivelazione agli altri dei propri sentimenti. Ciò lo rende particolarmente antipatico agli occhi dei compagni, lo espone a continue prese in giro e rischia di trasformarlo in vittima di veri e propri atti di bullismo. Alla fine è sempre solo, perennemente in ansia e pensa di non valere nulla. Lottare e sottovalutarsi: ecco la sua modalità di stare al mondo.

Se i genitori dimostrassero subito a Tommaso la loro completa approvazione e la loro gioia per i suoi brillanti risultati in molti campi, lui si sentirebbe soddisfatto di se stesso e avrebbe più fiducia nelle proprie capacità. Non vivrebbe costantemente in tensione e non arriverebbe a credere che, per quanto possa darsi da fare, non giungerà mai ad un successo completo, l’unico in grado di guadagnargli l’affetto e la tenerezza di mamma e papà. Trovare il tempo per coltivare molti scambi di idee e sentimenti all’interno della famiglia può nutrire e scaldare il cuore di ciascuno e renderlo più capace di ammettere il proprio bisogno di intimità e fiducia. Aspirare a legami familiari profondi, a tempo pieno, arricchiti dalle solite quattro chiacchiere che fanno sentire più vicini: queste sono le caratteristiche di un ambiente familiare meno perfetto, ma più a misura della fede di un… Tommaso!

Genitori e Figli – Rubrica di Nuovo Progetto

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