Genitori non vedenti

Pubblicato il 09-08-2012

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - Abbandono emotivo: solo dopo aver provato ad affrontare con coraggio i propri problemi si può pensare di occuparsi di quelli degli altri.
I genitori (separati) di Fabrizio – 14 anni il prossimo agosto – chiedono un colloquio perché già da tempo sono arrabbiati per alcuni comportamenti del ragazzino e adesso la loro esasperazione è giunta al massimo. Dicono di sentirsi impotenti, delusi e frustrati, hanno l’aspetto stanco. Il loro tono di voce è triste ed aggressivo e tradisce vergogna e imbarazzo. Insomma, si vede che se potessero magicamente riavvolgere la pellicola del film della loro storia lo farebbero all’istante e in gran fretta, sperando di poter ricominciare dall’inizio e puntare su un finale migliore. Nel raccontare le loro preoccupazioni, si contraddicono e si accusano reciprocamente, alternando sfida, polemica e sottile ironia.
Ciascuno prova a giocare il ruolo di vittima innocente senza rendersi conto di farlo coi modi e il tono del carnefice: dal tutto trasuda una gran quantità di astio reciproco che rende l’atmosfera particolarmente tesa. Se provo a farmi largo nel fiume di parole che continua ad uscire dalle loro labbra scopro che sono totalmente privi di capacità di ascolto: in realtà non chiedono proprio nulla, non si aspettano di ricevere qualcosa, non sono venuti per questo.

Non lo sanno, ma in effetti cercano solo un luogo ufficialmente autorizzato a fare da fondale alla loro rappresentazione: la rappresentazione di se stessi, naturalmente, che li vede infatti come unici attori protagonisti. E in tutto questo Fabrizio dov’è? Credo che in fondo Fabrizio non c’entri granché, dal momento che di lui non emerge molto. Se non li interrompessi chiedendo che me ne parlino, forse si dimenticherebbero che è lui il motivo per cui dicono di essere venuti. Lo descrivono in termini vaghi e con molta superficialità, proprio come se non lo conoscessero, come se non lo avessero per niente in mente. Comincio a pensare che si tratti di una situazione di abbandono emotivo. Cos’è l’abbandono emotivo? È un modo di essere di alcuni genitori che li porta ad avere poca consapevolezza del bisogno che ogni bambino ha di un continuo attaccamento ad un adulto. Naturalmente non ad un adulto qualsiasi, ma ad un adulto sicuro, a cui rivolgersi quando sente la necessità di soddisfare le sue esigenze, in particolare quelle affettive. Se non trova questo tipo di adulto, il bambino non riesce a raggiungere la sensazione di avere qualcuno dalla sua parte. E questi due genitori non sembrano aver mai pensato di poter stare dalla parte di Fabrizio, lo vivono come un problema e basta.

Spesso si pensa che dietro i problemi dei ragazzi di oggi ci sia immancabilmente qualche esperienza fortemente traumatica, ma il più delle volte la si cerca invano. Non la si trova perché in effetti il trauma non esiste e non è mai esistito. Si è invece protratto nel tempo un cronico stato di sottile disattenzione, di banale noncuranza, di confusione tra ciò che veramente è indispensabile per un bambino e ciò che è invece importante per un adulto. I genitori di Fabrizio sono stati per troppo tempo completamente assorbiti dal loro problema di coppia e sono tuttora così profondamente immersi nella gestione del conflitto da perdere di vista tutto il resto, compreso lo stesso Fabrizio. Non ce la fanno a vedere la sofferenza del figlio, sono sopraffatti dalla propria. Non possono riflettere sulle ragioni dei suoi comportamenti, non hanno messo a fuoco quelle dei propri. Non sono riusciti a mettersi in sintonia con i sentimenti di Fabrizio, i loro stessi sentimenti (negativi) occupano tutto lo spazio.

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