Iniezioni di fiducia

Pubblicato il 20-11-2013

di andrea

di Gabriella Delpero - “Nulla rafforza l’uomo quanto la fiducia che riceve!” ha scritto il poeta Paul Claudel. E questo è soprattutto vero per i bambini, che per crescere sereni e sufficientemente sicuri di sé hanno una gran necessità dell’apertura e dell’ottimismo dei genitori e degli insegnanti. Il problema è che oggi assistiamo ad una vera e propria caduta del concetto di fiducia. Sarà per effetto della crisi economica e delle inevitabili tensioni sociali che ne seguono, sarà per la diffusa paura del futuro che aleggia un po’ in tutte le famiglie, sarà per la sempre più profonda ansia con cui viviamo le nostre frenetiche giornate di lavoro (sempre più precario)… di motivi ce ne possono essere molti e anche seri. In effetti questi sentimenti (tensione, paura, ansia) non portano ad avere fiducia, ma tutt’al più ad assumere atteggiamenti di difesa di fronte ad un mondo da cui ci si sente minacciati. La conseguenza è che una delle malattie di cui soffrono oggi molte persone è proprio la povertà di speranza e di fiducia in se stessi e nei propri figli.

I genitori di Andrea, per esempio, vivono il loro bambino solo come fonte di preoccupazioni e problemi: intelligente ma fin troppo esuberante, Andrea è diventato la pecora nera della classe. Nell’ultimo mese di scuola con i suoi comportamenti incontenibili è riuscito ad esasperare a tal punto le maestre da costringerle a mettersi in malattia una dopo l’altra. Ciò ha scatenato le ire della dirigente e delle altre famiglie, che ora chiedono a gran voce (e con regolare lettera scritta e protocollata) l’allontanamento del bambino dalla scuola. Andrea, dal canto suo, riconosce di non farcela proprio a non fare il cattivo: si alza dal banco e gira per l’aula nei momenti meno opportuni, non ascolta le spiegazioni e chiacchiera di continuo, fa pesanti dispetti ai compagni più tranquilli e si allea con quelli più agitati per fare boccacce e sberleffi alle spalle di tutti. Dice molte parolacce, è disordinato e spesso danneggia quaderni e libri dei compagni. I genitori vengono sovente convocati a scuola ed ogni volta escono dai colloqui umiliati e affranti, con le spalle curve, l’espressione pensierosa, la voce incrinata. A casa rimproverano e puniscono pesantemente Andrea, che ormai pensa di essere irrimediabilmente sbagliato. Insomma, gli adulti che vivono con questo bambino si sforzano disperatamente di eliminarne o minimizzarne i difetti, stigmatizzandone i comportamenti-problema (considerati semplicemente insopportabili e privi di senso).

Nessuno si sofferma mai a riflettere sulle possibili cause del fenomeno e a pensare anche ai pregi di Andrea: quando ho chiesto a mamma e papà di descrivermi che cosa apprezzano nel loro bambino e alle maestre di elencarmi le principali doti di questo allievo, ne è seguito un silenzio imbarazzato. Si capiva chiaramente che tutti erano sorpresi e spiazzati dalla domanda, che li portava bruscamente fuori dai loro schemi di pensiero abituali. Nessuno aveva pensato di valutare con attenzione le azioni viste, ma tutti si erano limitati a giudicarle sulla base delle proprie opinioni su che cosa s’intende per bambino o allievo educato. E nessuno aveva provato a far leva sull’intelligenza e l’energia vitale di Andrea per suggerirgli strategie di comportamento più funzionali e vincenti.

A volte già la diversa prospettiva con cui si guardano le cose, da sola, rende possibili dei cambiamenti (provare per credere!). Naturalmente questo presuppone fiducia nel proprio intuito e nelle risorse positive degli altri. Bisogna soltanto osare, confidare in se stessi e avere la certezza di trovare una soluzione anche se ci sembra di essere finiti in un vicolo cieco.

Spesso “gli uomini si rendono infelici non per le cose che loro capitano, ma per il modo con cui le guardano” (Epitteto, filosofo greco).

Psiche - Rubrica di Nuovo Progetto (agosto/settembre 2013)

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