Dalla terra al cielo

Pubblicato il 15-01-2014

di Marco Grossetti

di Marco Grossetti

RICOMINCIARE A GIOCARE

Clara racconta che da bambina il suo gioco preferito erano i Lego: ne spargeva ventimila pezzi sul pavimento e poi mischiava forme e colori per costruire quello che gli suggeriva la fantasia, fino a quando non arrivava sua madre e si metteva ad urlare, facendo crollare tutto. Clara adesso ha 27 anni e con i Lego ci gioca ancora. Aveva smesso di farlo crescendo, ha ricominciato mentre girava nei corridoi della Facoltà di Architettura senza avere la minima idea di quale sarebbe stato l’argomento della sua tesi di laurea ed ha visto il bando di una borsa di studio su una tesi per un progetto in un Paese in via di sviluppo. La sera dopo ha incontrato un suo amico che aveva letto la stessa locandina e che aveva anche già trovato la prof giusta, Simonetta Pagliolico, docente presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Torino. Allora Clara ha ricominciato a giocare con i Lego, questa volta senza spargerli sul pavimento di casa: i bambini di un villaggio in Costa d’Avorio che volevano un asilo dove poter giocare insieme avevano bisogno della sua fantasia.

LA TERRA BUONA

Insieme al suo amico Pietro ed ai tecnici della Re.Te. – Restituzione Tecnologica, il gruppo del Sermig che si occupa dei progetti di sviluppo in giro per il mondo – Clara ha lavorato alla realizzazione dei BTC: mattoni in argilla cruda pressata, stabilizzata con piccole quantità di cemento che vengono realizzati manualmente con una pressa meccanica e che assomigliano proprio ai mattoncini Lego con cui giocano tutti i bambini del mondo. Un metodo ideato e sperimentato con successo da un altro docente del Politecnico, il professor Roberto Mattone, che Clara e i suoi amici hanno provato a perfezionare andando in Costa d’Avorio alla ricerca della terra buona perché le loro costruzioni non andassero in mille pezzi al primo urlo della mamma, come quelle che faceva lei da bambina. Clara stava per tornare in Africa dopo che il progetto era stato finanziato e, oltre ai disegni, c’erano anche i soldi per costruire il suo asilo fatto di tanti piccoli mattoncini.

IL VILLAGGIOGLOBALE

Clara è partita lo stesso, rimanendo apparentemente ferma sul pavimento di casa sua, con i pezzi di Lego sparsi ancora una volta dappertutto perché in Costa d’Avorio erano arrivati i soldatini e avevano distrutto il suo sogno: c’era la guerra e l’asilo non si poteva proprio costruire. Le sue sperimentazioni sulla terra cruda hanno suscitato l’interesse di diversi studenti e docenti della Facoltà di Architettura: presso il VillaggioGlobale, sede della Re.Te. di Cumiana, sono iniziate le ricerche per migliorare questa tecnica, portate avanti in un primo momento a titolo volontario e diventate poi un corso del Politecnico nato da un accordo di cooperazione internazionale con il Kigali Institute of Technology, un’università africana che ha lavorato parallelamente sullo stesso tema: “Riqualificare la città africana: interventi di autocostruzione per edifici pubblici a Kigali”. Gli studenti hanno fatto ricerche e studi a livello urbanistico ed architettonico con la professoressa Pagliolico, oltre ad un workshop insieme a Clara approfondendo tre tematiche: la terra cruda, il bambù, l’utilizzo di pallets e sacchi pieni di sabbia per costruire argini e ponticelli.

UNA CASA PER TUTTI

La tecnica sperimentata da Clara è vantaggiosa sia da un punto di vista ambientale che economico: per avere dei mattoni prevede che non ci sia bisogno di costruire una fornace, accendere un fuoco per attivarla, disboscare degli alberi per alimentarlo. Basta una semplice pressa meccanica attivabile manualmente, che in Africa costa circa cinquecento dollari. Dopo il Rwanda il Politecnico ha spostato la sua attenzione sul Perù: “Nelle piccole città peruviane. Interventi di autocostruzione per attrezzature collettive e ricettive nella regione di Cuzco”. È il titolo della prossima Unità di Progetto, che ha come obiettivo quello di rendere migliore la vita di chi vive a Quillabamba, una piccola cittadina dove grazie alla terra cruda tanta gente potrebbe trovare finalmente un lavoro e tutti potrebbero presto vedere esaudito uno dei diritti fondamentali dell’uomo: avere una casa. L’idea è quella di continuare ad abbinare alla fase della progettazione quella della ricerca, per fare diventare sempre più stabili e funzionali i BTC, modificando la forma dei mattoncini e cercando una terra ancora più buona.

SOLO CHE

Clara è stata anche ad Haiti, dove ha partecipato alla progettazione del nuovo ospedale di Port-au-Prince, e adesso sta disegnando un piccolo centro pediatrico da costruire in Senegal, rigorosamente in terra cruda. E mentre racconta dei suoi mattoncini sparsi in giro per il mondo come un generale che ha sottomesso popoli e nazioni o come una piccola multinazionale che ha aperto una sede in ogni angolo del Pianeta, si ricorda che c’è anche il suo lavoro che, invece, non va tanto bene. Attorno a lei tutto sembra grigio, fermo, spento. Clara vorrebbe un sacco di cose, solo che non è il momento giusto. Solo che è scoppiata la guerra, solo che oramai non si costruisce più niente, solo che sono finiti i soldi, solo che il Dottorato di Ricerca forse l’anno prossimo non lo fanno più. E allora Clara si siede di nuovo sul pavimento di casa con la voglia di avere una famiglia ed una bambina da sgridare perché lascia tutti i giochi in disordine come faceva lei quando era piccola. E anche se tutto attorno continua a sembrare grigio, lei vede mille colori.

POSITIVA

Clara proprio non riesce a non essere positiva, a pensare che ci sia anche solo una possibilità per cui qualcosa possa andare male. Davanti al lavoro che non c’è, dice che bisognerebbe inventare qualcosa di nuovo, cambiare prospettiva, allargare gli orizzonti. Sa che da sola è impossibile, che le cose grandi si possono costruire soltanto insieme. Con una sua amica cinese sta pensando di creare uno studio di consulenze online ed immagina già di ricevere una mail dal Canada di una famiglia che vuole ristrutturare la casa in perfetto stile italiano. Oppure le piacerebbe lavorare nell’ambito del social-housing e del co-housing, per dare una risposta alle nuove emergenze sociali che stanno bussando alla porta del nostro Paese. Oppure diventare una ricercatrice del Politecnico, iniziando con un dottorato. Sono tante idee che aspettano di diventare vita, perché Clara vuole colorare tutto il grigio che c’è attorno, fare girare quello che è fermo, accendere quello che è spento.

SORRIDERÀ

Intanto visto che non poteva andarci lei, è arrivato qualcuno dalla Costa d’Avorio ad imparare come si costruiscono i BTC: i soldatini stanno mettendo via le loro armi e forse finalmente i bambini potranno avere il loro asilo. Clara aspetta ferma sul suo pavimento, in attesa di trovare il punto esatto in cui ogni cosa tornerà ad avere senso. In cui una delle tante idee che attraversano la sua mente e il suo cuore diventerà progetto e vita. Forse un giorno non troppo lontano anche i bimbi ivoriani riempiranno il pavimento del loro nuovo asilo con ventimila pezzi di Lego come faceva lei quando era piccola. E guardandoli in una foto dentro la sua nuova casa, mentre farà crollare con un urlo la costruzione della sua bambina perché è ora di cena, Clara sorriderà pensando a quando erano arrivati i soldatini a fermare tutto. O a quando non sapeva se avrebbe trovato i mattoncini per la sua casa. O a quando attorno a lei tutto era fermo, grigio, spento, e lei era così pazza da vedere i mille colori della sua vita che stava arrivando.

Speciale - Oltre Babele - 6/6 - NP di Agosto/settembre 2012

Confusione, incapacità di ascolto, di comunicazione, assenza di ideali e valori: una faccia della babele dei nostri tempi. A pagare sono soprattutto le nuove generazioni, i loro sogni, il loro futuro. Per superarla serve una rivoluzione di speranza: giovani e adulti che si educano al bene, coltivano un pensiero forte, vivono la responsabilità. Rientrano in se stessi per aprirsi agli altri.

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