La notte delle notti

Pubblicato il 16-06-2014

di Carlo Nesti

di Carlo Nesti - ITALIA-GERMANIA OVEST 4-3 È la veglia di Italia-Germania Ovest a Città del Messico, l'inizio dell'estate ha già riscaldato l'aria, e le finestre di tutte le case sono aperte, liberando i caotici suoni in arrivo da lontano. Uscendo in terrazzo, sul far di mezzanotte, mi accorgo che il cortile sembra diventato una sorta di Piazza San Pietro, quando la voce del Papa viene replicata all’infinito. Nel buio, vedo centinaia di luci accese, il timbro di Nando Martellini rimbalza da un condominio all'altro, e pare che un imponente ciclone acustico imperversi sulle nostre teste.

Chi non ricorda che cosa accade nella notte fra mercoledì 17 giugno e giovedì 18 giugno 1970? Chi non rammenta quale vortice di passione si impossessa del cuore degli italiani? Ho 15 anni, e va in onda magicamente il film più bello della mia vita, con il piccolo, e non trascurabile dettaglio, che non è una ingegnosa finzione, bensì una lirica realtà.

Le 16,00 messicane corrispondono alle 24,00 italiane, ed è la prima occasione in cui la tivù offre uno spettacolo del genere, tradizionalmente pomeridiano o serale, a un’ora da insonni. Mio zio, la persona, con mio padre, che mi ha insegnato ad amare il calcio, guarda la partita al piano di sotto, e ogni tanto si fa vivo al citofono, per scambiare due parole con me.

Quando Schnellinger segna il gol dell'1-1, a tempo scaduto, corro sul balcone, e prendo a pedate la vetrata, rischiando di volare dal terzo piano direttamente in cortile. Quando Muller realizza il gol del 2-1, all'inizio dei supplementari, reagisco da automa, impugno il citofono, e da adulto, cresciuto in anticipo sul previsto, dico soltanto: "Zio, è finita!".

Poi, come nelle belle favole, Burgnich segna il 2-2, e Riva il 3-2, e io, travolto dall'abbraccio di mio padre, comincio a chiedermi se, a occhi aperti, sto già sognando. Dopo l'ennesimo pareggio della Germania (3-3), mi sento il bambino al quale viene detto, per la prima volta, che Babbo Natale non porta più regali, per il semplice fatto che non esiste.

Mi rimetto a sedere, prostrato, rassegnato, e attendo 5-10 secondi, guardando il pallone che, tenacemente, eroicamente, Boninsegna spinge verso la linea di fondo. Cross, piatto destro di Rivera e… dentro di me, quella sfera, calciata alla destra di Maier, sembra strisciare sulle lancette dell'orologio, prima di gonfiare la rete.

Ma sì, è gol! È ancora gol! Ed è il gol della vittoria: 4-3! Non guardo più nulla, corro sul balcone, mi viene voglia di piangere, e sento migliaia di persone impazzire nelle altre case. Penso che avrei ricordato quell'istante in eterno, e cerco di prolungarlo, saturo di felicità: non mi sbaglio, perché l'onda, lunga e dolce, non finisce neppure oggi.

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