Un'arancia meccanica

Pubblicato il 19-06-2014

di Carlo Nesti

Di Carlo Nesti - GERMANIA OVEST-OLANDA 2-1. Il 1974, per me, è l'anno della Maturità classica all'Istituto Sociale di Torino, e l'inizio, per dirla alla Mike, di un personale “Rischiatutto”, la scommessa di andare incontro alla vita vera che comincia.
1974, in definitiva, significa lo spartiacque fra una prolungata infanzia e una ritardata adolescenza, visto che mi sento "bambino", giusto o sbagliato che sia, sino a 18 anni.

Il 7 luglio, a Monaco, una finale mondiale che sembra già decisa, con la splendida Olanda favorita sulla Germania Ovest, esprime un verdetto contrario: vittoria tedesca per 2-1. L’avvio della partita appare il prologo di un trionfo annunciato: fischio d’inizio, 17 passaggi consecutivi dei “tulipani”, Vogts che atterra Crujff, rigore di Neeskens, e rete. Ma in quello stesso primo tempo, la Germania di Beckenbauer è una canoa che risale la cascata, tenendosi forte, reagendo, e segnando al 25’ con Breitner su penalty, e al 43’ con Muller.

Durante l'estate, ad Alassio, la mia compagnia di amici di Torino e di Milano forma una ambiziosa squadra di calcio, che prende il nome dello stabilimento balneare: Real Sacchi. Al momento di decidere quale colore sociale adottare, nessun di noi ha il minimo dubbio, perché la realtà di quei giorni ci ha folgorati: l'arancione dell'Olanda del citì Michels.

E così, nel nostro piccolo delle disfide fra bagni, diventiamo gli "oranges", 7 ragazzi scatenati, con i capelli lunghi e le ali ai piedi, che si battono con un unico modello in testa. L'Olanda è una "Arancia meccanica" che vuol dire trasgressione, un "Sessantotto" che vuol dire rivoluzione, da Krol a Suurbier, da Jansen a Van Hanegem, da Rep a Resenbrink.

Basta con la prudenza del "catenaccio" all'italiana, e con la specializzazione esasperata dei ruoli: l'Ajax, trapiantato in Nazionale, è come se fosse l'altra metà del pallone. Nasce il gusto per la vocazione offensiva, si afferma il giocatore universale, e sboccia il connubio tecnica-velocità: il pressing costituisce la grande novità nel deserto degli stereotipi.

Quel "modus vivendi" si sposa con i sogni di chi termina la scuola, una specie di ideologia comportamentale, che si affianca a quelle di natura socio-politica dell’epoca. Crujff è la fantasia al servizio del ritmo, un talento non fine a se stesso, ma calato all'interno delle esigenze del collettivo, come in una democratica assemblea di classe.

Quando in 5 o 6 partono, insieme, in sincronia, per aggredire il portatore di palla avversario (espediente che oggi non si vede più), scoppia nei nostri cuori la rivolta. Per tutte queste ragioni, l'Olanda 1974 resta scolpita per sempre nella mia anima di ex ragazzo, anche se a Monaco, contro la Germania, riesce nella sensazionale impresa di non vincere.

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