Da una nota alla nota

Pubblicato il 28-05-2015

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - "Eccolo qui, il ripetente. È sempre il solito. Non è una novità. Lo faceva già l’anno scorso." Questa è la frase che lei ripete più spesso. La dice quando mi chiama alla lavagna, mi detta un esercizio, e sa già che non riuscirò a risolverlo. E penso che sono più stupido dei miei compagni. La dice quando mi chiede di portarle il diario per scrivermi la solita nota. E faccio la parte del cretino che si fa sempre beccare. La dice persino appena entra in classe e mi vede parlare con Fabio: Stai perdendo tempo, le chiacchiere non hanno mai fatto diventare furbo nessuno! E io penso che la odio, la matematica, e odio pure la prof. Poi lei aggiunge che non ho voglia di far niente, che non capisco un cavolo, sono solo un fannullone, e per giunta bugiardo. Ma io neppure la sento, penso solo ai fatti miei. Penso a quando torno a casa e mia madre mi chiede com’è andata. E io faccio finta di non sentire o le rispondo: sempre al solito! E lei capisce subito che è andata male. Mio padre invece s’incavola, mi dice che devo andare a lavorare se non ho più voglia di studiare e comincia la tiritera dei suoi tempi, di quando a scuola ci andava lui e non c’era verso, bisognava star sui libri e basta, che ti piacesse o no. Così sono accerchiato: e mio padre, mia madre e la prof mi sembrano tutti miei nemici. E la scuola ormai me la sogno anche di notte, e mi sveglio di colpo col cuore a mille e in un bagno di sudore. Non ci voglio più andare. Non serve a niente. Penso solo a quanto tempo manca all’uscita e a cosa fare di pomeriggio. Quello sì che mi piace. Fabio viene a casa mia e giochiamo con la Play e lì sì che ce la faccio a vincere!”.

La sofferenza di Enzo non è tanto dovuta ai suoi problemi di comprensione della matematica, ma al suo senso di inadeguatezza nei confronti del mondo che lo circonda. Quel mondo che si aspetta un sacco di cose che invece lui non riesce a fare.

La scuola è un banco di prova, multiplo per giunta: infatti non valuta solo le capacità dello studente nelle singole materie, ma gli chiede anche il suo valore come membro della classe, la sua capacità nella relazione con gli adulti e con gli insegnanti, la sua fiducia nelle proprie possibilità di riuscita. In una parola gli chiede quanto sia disposto ad impegnarsi nella valorizzazione di sé in un contesto pubblico, fuori e oltre alla famiglia. Quella famiglia che poi interpreterà i risultati scolastici come segnali della propria riuscita o sintomi del proprio fallimento.

La scuola è insomma concentrata sugli esiti, sul risultato: è l’obiettivo finale quello che conta. E la relazione con gli insegnanti è fondata sull’approvazione o la disapprovazione, che troppo spesso ha a che fare con l’accettazione o meno della persona. E siccome Enzo si sente pesantemente rifiutato dall’insegnante di matematica, ormai pensa solo al ritiro e alla fuga: ha rinunciato da tempo ad ogni lotta, non ha speranza in alcun cambiamento, non crede di poter trovare qualcuno disposto a investire ancora su di lui. Gli resta solo Fabio, il compagno-alleato, l’unico che sta dalla sua parte. Gli altri gli sembrano tutti contro. Sono diventati per lui i nemici, i persecutori, i giudici. Come si può pensare che abbia ancora voglia di scommettere sulla scuola?

Abbiamo tutti bisogno di veder sempre riconosciuti il nostro valore e la nostra dignità come persone: solo così daremo un senso alla fatica e al sacrificio che ci viene richiesto. Solo se ci sentiamo amati possiamo a nostra volta amare. Solo se godiamo di fiducia daremo fiducia. “Ti do una nota!”, minaccia la professoressa. Forse Enzo ha bisogno di incontrare qualcuno pronto a dargli la nota: quella per accordare mente e cuore e suonare la vita in armonia con gli altri.

Psyche - Rubrica di Nuovo Progetto

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok