Il paese delle opportunità

Pubblicato il 11-09-2016

di Matteo Spicuglia

L’esperienza di Ormea: l’accoglienza diventa un’occasione per tutti...

di Matteo Spicuglia - Viktor ha poco più di 20 anni, ma un passato che lo ha reso già grande. Scappato dalla Nigeria, arrivato in Libia come tanti. Per lui si sono aperte subito le porte del carcere. Sette mesi durissimi. “Ci picchiavano ogni giorno – racconta – il cibo c’era e non c’era. Ricordo che per una settimana non abbiamo mangiato”. Viktor oggi vive a Ormea, paesino di milletrecento abitanti tra Liguria e Piemonte. Con lui altri 35 richiedenti asilo, lo spaccato dell’Italia che accoglie. Un sistema con molti limiti, burocratizzato, con percorsi di integrazione non sempre lineari. E relative polemiche, soprattutto verso la rete di cooperative e privati coinvolti, tra luci e ombre.

Ormea però ha fatto una scelta diversa, ha deciso di trasformare un problema in un’opportunità. L’imprevisto si è presentato l’anno scorso quando il sindaco Giorgio Ferraris è venuto a sapere che la Prefettura avrebbe inviato in paese una quarantina di profughi. Scelta calata dall’alto, senza coinvolgere la comunità, con una beffa: per l’accoglienza sarebbe stato usato l’albergo della piazza centrale, una delle ultime strutture turistiche rimaste. Il titolare era d’accordo perché i 35 euro al giorno pagati dallo Stato per ogni ospite sarebbero stati una garanzia e anche una sicurezza economica nell’incertezza di questi tempi.

La storia dell’albergo trasformato in centro profughi però ha spaccato in due il paese: raccolta di firme, assemblee, anche toni sopra le righe, il sindaco stesso contrario, perché – racconta – “quella sarebbe stata un’operazione commerciale, legata solo al profitto. Non sarebbe servita a nessuno, tanto meno al paese”. L’impasse fu superata solo dopo qualche giorno con la decisione del primo cittadino di mettersi in gioco direttamente. “Mi sono chiesto con semplicità come aggirare il problema. L’ospitalità ci veniva chiesta, non ci saremmo potuti sottrarre, ma era nostro diritto decidere come farla”. In paese c’era una struttura del comune ormai inutilizzata, la palazzina a due piani della vecchia casa di riposo. “Perché non provare ad usarla?”. E così è stato. I 35 richiedenti asilo sono arrivati qui.

Con un modello quasi unico in Piemonte: a gestire l’accoglienza non c’è alcuna cooperativa pubblica o privata, nessuna associazione, ma direttamente il Comune. “Abbiamo fatto due conti e ci siamo resi conto che con i famosi 35 euro saremmo riusciti a garantire una buona accoglienza, mettendo da parte anche del denaro”. Ovvero, la quota che in situazioni ordinarie rappresenta l’utile del gestore di una struttura. Un buon margine che il Comune ha deciso di non tenere per sé ma di reinvestire immediatamente. Come? Assumendo nel sistema dell’accoglienza dieci disoccupati del paese, dai cuochi agli inservienti, dagli educatori ai responsabili. Risultato: quello che all’inizio era vissuto come un problema, è diventato in fretta un’opportunità sotto ogni punto di vista. “Il paese ha risposto bene – racconta oggi il sindaco – anche chi era scettico ha dovuto cambiare idea.

I ragazzi ormai vivono da noi da otto mesi, non hanno dato problemi, anche loro hanno fatto di questo tempo un’occasione”. Hanno studiato, imparato l’italiano, ma non solo. Il Comune li ha coinvolti in piccole attività di volontariato e manutenzione: pulizia dei sentieri alpini e del sottobosco, lavoretti nelle strutture comunali, una restituzione concreta che durerà anche nei prossimi mesi.

Tutto bene quindi, anche se rimangono sul piatto tutte le contraddizioni della macchina dell’accoglienza, soprattutto il futuro di questi ragazzi. Viktor e i suoi amici arrivano dall’Africa subsahariana e la loro richiesta di asilo nella maggior parte dei casi non sarà accettata. In questo caso, dovranno lasciare la struttura di Ormea con un foglio di via per tornare nel proprio Paese di origine. Nessuno lo farà. Anzi. Rimarranno in Italia, in condizioni ancora più precarie, da clandestini. È successo a tanti prima di loro e, senza nuova regole, continuerà a succedere. Di certo, Viktor e i suoi amici non dimenticheranno quel piccolo paese che con volontà e desiderio di superare i pregiudizi è diventato un luogo di pace. Per un tempo, casa. Anche per loro.







Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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