Imparare giocando

Pubblicato il 12-09-2016

di Elisa D’Adamo

“Qui non esistono persone diverse, ma ognuno è contento di essere se stesso”.
“Ognuno completa l’altro, ciascuno con la propria maniera di vedere le cose e, unendo i punti di vista, vediamo le cose in un modo più aperto”.

Basterebbero queste poche parole pronunciate da Samira e da Ibrahim per riassumere i sentimenti di integrazione e dialogo che animano le attività dell’Arsenale della Piazza, rivolte a bambini e ragazzi del quartiere di Porta Palazzo.

Tra le numerose iniziative messe in campo, una partita sicuramente vincente è quella giocata sui campi di calcio a 5. Italiani, marocchini, brasiliani, egiziani, ganesi, rumeni, albanesi, venezuelani… tante sono le nazionalità coinvolte nel progetto.

Dal 2007 molto è stato fatto nell’ottica di fare bene il bene. Ben presto si è formata una squadra di calcetto che gareggia nel Campionato FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) prima in serie D e oggi in C2, con l’obiettivo condiviso da ragazzi e animatori di arrivare presto in C1. Una seconda squadra, composta da ragazzini tra i 15 e i 17 anni, è invece iscritta ai campionati regionali UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). I giovani calciatori giocano e si allenano in due sedi: presso il campo comunale di Via Carmagnola e presso la palestra dell’Istituto Beccari e Bodoni. In pochi anni questo progetto è cresciuto, anche grazie agli accordi intavolati con la Circoscrizione 7 per la concessione gratuita di due campetti custoditi dal Comune di Torino, oggi autogestiti dallo stesso Sermig e da altre associazioni di volontariato.

Sempre nell’ottica dello sport come proposta educativa e come opportunità di allontanare i giovani dalla strada, l’Arsenale coinvolge attivamente circa una trentina di studenti delle scuole medie e superiori in laboratori calcistici.

Non esistono formule magiche per l’integrazione. Per creare un ambiente rilassato dove dialogo e rispetto siano la base per vivere la quotidianità, nell’Arsenale della Piazza si attua uno schema molto semplice: tramite il gioco, infatti, i ragazzi imparano a seguire le regole, a rispettare l’avversario e a dare il meglio di sé con impegno ed entusiasmo. Le tensioni sociali si sciolgono, i muri di diffidenza cadono. Una semplice sfera di cuoio di 60 centimetri mette in comunicazione storie spesso difficili e cariche di umanità. Tante persone diverse si confrontano in modo pulito, onesto e fanno gioco di squadra, indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione professata, dal Paese di provenienza e dalle condizioni economiche e sociali.

Accanto ai bambini e ai ragazzi, gli altri grandi protagonisti di questa partita sono i volontari. Questi, affiancati dal lavoro di un fisioterapista, ogni giorno condividono le problematiche umane e sportive dei tanti giovani impegnati nel progetto. E quando il gioco si fa duro… gli otto volontari continuano a giocare con ancor più serietà, pazienza e determinazione.

Tutti sono accolti negli spazi della Casa anche da un punto di vista scolastico, con un aiuto nei compiti e nello studio ed un’azione educativa volta a vivere l’etica del Sermig.

La stragrande maggioranza delle persone coinvolte nelle attività sportive, musicali e didattiche proviene da contesti complessi dove diffidenza, isolamento e disagio sono realtà quotidiane. Negli spazi dell’Arsenale i giovani trovano risposte concrete e diventano loro stessi strumento di diffusione di idee e valori anche al di fuori della Piazza: nelle famiglie, nelle scuole, tra gli amici e i conoscenti. Imparare tramite il gioco non è certo una novità, ma farlo tutti insieme con rispetto, lealtà e professionalità nonostante le diversità, le diffidenze e i numerosi problemi, è sicuramente una vittoria.





Foto: Max Ferrero/SYNC

 

 

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