Seminatori cercasi

Pubblicato il 29-11-2016

di Matteo Spicuglia

di Matteo Sipicuglia - “La società da sempre è il luogo dei conflitti e delle divisioni, ma tutto dipende da come si attraversano e quali soluzioni si scelgono”. Padre Francesco Occhetta non si sottrae al ragionamento. Sa che la realtà attuale è complessa, come i rischi: l’individualismo, la fatica a perseguire il bene comune, la contrapposizione fine a se stessa. La risposta alla trappola dell’odio? Da politologo e gesuita, il richiamo è alla responsabilità.

Come si è arrivati a questo punto? L’Italia repubblicana nasce dalle ferite della guerra. All’epoca, i partiti esprimevano visioni del mondo contrapposte, eppure riuscirono a trovarsi su alcuni valori di fondo. Quale fu la chiave di quello spirito costituente?

La coscienza civile era scossa dal dolore per i morti delle due guerre mondiali. I protagonisti di allora fecero un passo indietro rispetto alle loro tradizioni di appartenenza e due in avanti insieme per costruire un’idea di bene comune e di spazio condiviso che ha reso possibili questi 70 anni di pace, pur con le tante contraddizioni che conosciamo. E tutto ruotò intorno alla difesa della dignità dell’uomo, riconosciuta come presupposto culturale e sottratta sia al diritto sia al potere politico”.

La storia della Repubblica ha attraversato fasi difficilissime e complesse: dalla ricostruzione al terrorismo, dalla crisi della prima repubblica alla crisi economica. Grandi cesure che forse non sono state mai elaborate fino in fondo. La nostra è una storia di grandi rimozioni collettive? Come mai non si ha il coraggio di mettersi in discussione, di smetterla di puntare il dito?

Il punto è un altro. Abbiamo paura di lasciare il certo per l’incerto. E ci difendiamo attaccando. I temi sociali e politici che stanno segnando un cambiamento d’epoca sono molti come per esempio, l’immigrazione e il Mediterraneo, l’integrazione, la lotta al terrorismo e la costruzione della cittadinanza europea, l’antropologia del post-umanesimo e la laicità dello Stato, la coesione sociale intorno ai princìpi della Costituzione e le politiche del lavoro. Le agenzie educative devono ritornare a una domanda di senso originaria che Levinas esprime così: “Quando si è responsabili, si risponde sempre di una altro uomo. Noi, certo, possiamo ignorarlo, ma in realtà siamo responsabili anche di ciò che è successo poco fa a colui che è passato vicino a noi. Questa è la responsabilità. Noi siamo responsabili, come se fossimo colpevoli di fronte a tutti gli altri”. Dopo gli anni del berlusconismo, oggi ci troviamo in un quadro politico molto diverso, eppure ancora diviso. Basti vedere i toni della campagna referendaria. La politica tende sempre di più a parlare alla pancia dell’elettorato. Come mai?

I partiti si sono organizzati in un oligopolio che impone i loro candidati in seggi bloccati e ridotti a movimenti di opinione dopo aver abdicato ad essere luoghi di ricomposizione di interessi. La politica poi si è tecnicizzata (fare bene le rotonde e i marciapiedi, preoccupandosi meno dello sviluppo della città nel lungo periodo), mediatizzata e verticalizzata. Il potere del volto in tv o sui social vale di più della forza delle idee e dei contenuti programmatici. In più la politica è sempre meno intesa come servizio e sempre più come professione”.

Quali sono le conseguenze?

Troppo proceduralismo, tecnicismo, positivismo giuridico e assemblearismo tipico del M5S. Inoltre, il potere della comunicazione crea e distrugge i leader che sono sempre meno radicati su programmi politici. Per questo, occorre semplificare i processi decisionali, contrastare la corruzione diffusa e preparare una nuova classe dirigente. È utile che le parti vive della società facciano rete e si trasformino in una minoranza feconda”.

La crisi economica ha alimentato odio sociale? Cosa dobbiamo aspettarci?

Il tema è anzitutto antropologico, la cultura sta regredendo all’odio verso il diverso (che in Svizzera e in Inghilterra include anche gli italiani). Occorre investire in cultura e promuovere le esperienze di integrazione che funzionano. Altrimenti si genera una spirale. “Per trovare il nemico ci vuole un altro nemico; _ ha precisato Panikkar _ mi sono sforzato di cercare, più o meno riuscendoci, l’amore del nemico. L’amore verso il nemico ribalta il nemico, ma ribalta anche te. Allora, in quel momento, sei vulnerabile. (…) Quindi la motivazione sta in me”.

È possibile un nuovo patto tra le generazioni? Cosa significa dialogare?

Dialogo, dal greco dialogos, significa: la parola (il logos) che si manifesta tra (dià) due o più persone che creano lo spazio per farla emergere, nella misura in cui rinunciano ad af-fermare le rispettive certezze. Il dialogo non significa solo parlarsi, ma accogliersi nelle diversità. E questo è difficile. Va potenziato il dialogo tra civiltà in opposizione a uno scontro di civiltà, e al dialogo tra religioni come antidoto allo scontro dei fondamentalismi. Non abbiamo più tanto tempo. Quello che è stato, diceva Primo Levi, potrebbe ritornare. Ma è il Vangelo che ci consegna una immagine splendida e possibile: la forza di vita che ha un piccolo seme. Occorre trovare tanti seminatori”.

 

 Foto: Riccardo Ciriello

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