Il futuro in un sacchetto

Pubblicato il 22-03-2017

di Carlo Degiacomi

di Carlo Degiacomi - “Eppur si muove…” è la frase giusta che si può applicare purtroppo a tanti temi ambientali e che la dice lunga sulla lentezza dei passi avanti anche in Italia, pur su piccole cose come quella di cui parliamo in questo articolo (piccole ma importanti!).

Siamo al 4° anno della legge che ha proibito l’uso dei sacchetti di plastica ricavata da fonti fossili. Come mai quando andiamo a comprare fuori nei supermercati, in molti negozi, spesso anche nei banchi a km zero, troviamo che ci viene proposto ancora il vecchio sacchetto di plastica da petrolio ormai messo al bando? La Federconsumatori ha fatto un’inchiesta da cui risulta che il 36% degli italiani afferma che li riceve sempre dai negozianti e il 38,5% qualche volta. Da dove provengono gli shopper consegnati ancora nei piccoli esercizi commerciali e nei mercati? Non sono più delle scorte che dovvrebbero ormai essere esaurite. Provengono dalla diffusione di prodotti illegali (mercato nero!) in arrivo per lo più dall’estero.

Chi controlla e li sequestra? La legge del 2012 ha cambiato le nostre abitudini ed ha sicuramente fatto sì che adesso nei supermercati e non solo usiamo le sporte di plastica o di cotone da riutilizzare più volte (è la cosa migliore!), ma anche i sacchetti di bioplastica (in particolare Mater-bi brevetto Novamont) che rappresentano il prodotto di un’intelligente ricerca nella chimica verde che li produce con molecole naturali provenienti da piante coltivate in zone non in competizione con il cibo come il mais, i girasoli, i cardi… Culturalmente è un piccolo esempio che ci indica che se mettiamo insieme i nostri comportamenti e le nuove tecnologie come le bioplastiche (invece di essere contro il loro sviluppo) riusciamo ad aiutare meglio l’ambiente.

Ma i dati ci dicono che abbiamo ridotto solo del 50% l’uso dei sacchetti di plastica. Quindi bene, ma non basta. Bisogna far rispettare la legge, perché l’ambiente smetta di ricevere quantità ancora enormi di sacchetti di plastica. I nostri comportamenti sono cambiati? Per molti sì: ci siamo abituati a utilizzare le sporte o gli shopper di Materbi anche per buttare l’umido nei rifiuti organici. Almeno il 25% non conosce il Mater-bi!

Ma nei supermercati come si può procedere per migliorare ancora? Le organizzazioni ecologiste e la Comunità Europa stanno rilevando una forte contraddizione: i supermercati utilizzano nei reparti di frutta e verdura i sacchetti trasparenti di plastica da fonti fossili. La C.E. chiede di cambiare nel 2018. È possibile sostituirli con i sacchetti di Mater-bi che sono migliorati, sono stati ingegnerizzati fino ad essere più capaci di svolgere il loro ruolo con le stesse caratteristiche della plastica. Al fondo c’è sempre un problema di costo: chi paga? Il consumatore finale? Una ricerca Ipsos ha sondato il tema del rapporto dei consumatori e le bioplastiche nella grande distribuzione. Il 52% è favorevole al cambio dei sacchetti nell’ortofrutta e (con qualche distinguo) accetterebbe anche di pagare qualcosa in più.

In Francia vorrebbero introdurre in fretta l’obbligo per i supermercati di eliminare la plastica dai reparti in cui viene utilizzata. Ma da loro la raccolta dell’umido è poco e male organizzata. Chiedono ai produttori di bioplastiche di immettere sul mercato sacchetti capaci di scomparire e diventare terriccio (compost) anche nelle compostiere casalinghe, non solo nelle raccolte che portano l’umido negli stabilimenti che producono compost. È una sfida alla ricerca nei prossimi anni.

La chimica verde ha fatto e sta facendo grandi passi avanti in altri prodotti usa e getta: ad esempio nei piatti utilizzati nelle fiere e nelle mense che se sono parzialmente di mater bi e di carta oppure come l’ultima generazione interamente di mater-bi possono essere gettati insieme agli scarti di cibo nella raccolta differenziata dell’organico, perché compostabili e biodegradabili. La chimica verde con la diffusione di questi e altri prodotti può aumentare occupazione e lavoro e favorire la sostenibilità ambientale.

Carlo Degiacomi
AMBIENTE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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