Aperti per voi

Pubblicato il 19-12-2017

di stefano

di Stefano Caredda - Dalla Siria a Milano, l’arte per l’integrazione.
L’Italia è il Paese delle mille e una chiesa, molte delle quali – purtroppo – restano chiuse per mancanza di “personale” che le apra e al tempo stesso le custodisca e le sorvegli. Succede la stessa cosa anche con musei, palazzi, monumenti che meriterebbero di essere visti ma che restano sbarrati a visitatori e fedeli. Per 71 di questi luoghi storici le cose sono cambiate con un progetto del Touring Club Italiano, chiamato Aperti per voi, che ha garantito l’apertura e la fruizione di queste bellezze artistiche e architettoniche grazie a 2mila guide volontarie che si alternano nel corso della settimana.

Fra questi luoghi c’è anche una chiesa nel centro di Milano, quella di San Maurizio in corso Magenta: al suo interno delle meraviglie della pittura rinascimentale lombarda con un ciclo di affreschi che riveste interamente le pareti. E a raccontare ai turisti e ai milanesi di cosa si tratta c’è anche una guida che potresti non aspettarti: è un signore di 70 anni, capelli bianchi, sguardo mite, posa distinta e misurata. Si chiama Mohamed Hamadi, è un siriano fuggito dalla sua città natale, Homs, quando era poco più che ventenne, dopo aver subito due arresti ed essere stato torturato più volte. Sono passati quasi 50 anni.

Per il suo Paese, con altri giovani, chiedeva libertà e democrazia: il regime non era dello stesso parere. Riparò in Europa, vive in Italia ormai da trent’anni, qui ha sposato un’italiana, una milanese doc. E ora, due o tre volte alla settimana, passa mezza giornata o nella chiesa di San Maurizio o nella Basilica di Santa Maria presso San Satiro. Parla quattro lingue: italiano, arabo, inglese e francese. Mohamed è musulmano.

L’affresco che ama di più è quello dedicato all’Arca di Noé, realizzato da Aurelio Luini nel 1556, sul fondo dell’unica navata della Chiesa di San Maurizio. «Di Noé e della sua Arca ne parla anche il Corano, ma la gente non lo sa». Con un nome come il suo, scritto sul cartellino appeso alla giacca, è facile che il turista rimanga un po’ perplesso: «Sì, rimangono stupiti – dice sorridendo – ma io mi considero un ponte tra le culture e cerco di far conoscere la bellezza che c’è in questa chiesa. Ai turisti arabi spiego i riferimenti biblici degli affreschi: di solito loro apprezzano l’aspetto artistico di queste opere, ma non sanno nulla della cultura italiana e dei riferimenti religiosi contenuti».

D’altro canto, «quando un turista italiano si accorge che sono musulmano e capisco che è perplesso, gli spiego che nel Corano ci sono capitoli o sure dedicati ad Adamo ed Eva, a Maria, a Gesù». Contrariamente a molte altre chiese milanesi, protette da soldati e barriere di cemento, a San Maurizio sembra di stare fuori dal tempo, in un’oasi di pace: «Credo che sia la moschea sia la chiesa siano la casa di Dio. Siamo noi uomini a costruire muri e divisioni. E sono convinto che la cultura possa aiutare ad andare oltre le apparenze».

Stefano Caredda
REDATTORE SOCIALE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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