Libri al rogo

Pubblicato il 05-02-2018

di Claudio Monge

di Claudio Monge - Libri al rogo è una vera e propria espressione, presente in diverse lingue, che si riferisce alla distruzione rituale delle opere letterarie con grandi falò. Nel 1933 Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del governo nazista, cominciò un’azione sistematica per allineare agli ideali del Nazismo tutta la produzione artistica e culturale tedesca. Il 10 maggio 1933, con un atto dal valore simbolico inquietante, gli studenti universitari bruciarono circa 25.000 volumi ritenuti “antitedeschi” inaugurando così di fatto l’era del controllo e della censura di Stato su tutta la produzione culturale. Naturalmente, il Nazismo e i regimi autoritari del XX secolo non hanno inventato nulla.

Nel Medioevo, tra il ‘400 e il ‘600, il rogo dei libri e la censura letteraria in genere, erano già delle potentissime armi disciplinari per il controllo delle coscienze e della loro moralizzazione. Fin da subito, il rogo dei libri e le politiche di controllo culturale mirano al monitoraggio di minoranze ben definite da peculiarità sociologiche proprie – siano ideologiche, religiose, economiche. L’eliminazione dello scritto, del libro, corrisponde all’eliminazione dell’idea che racchiude nelle sue pagine. Abbiamo evocato il passato recente, il passato remoto ma parliamo, naturalmente, di una realtà attualissima, per esempio in Turchia.

Sin dal famoso presunto fallito colpo di Stato del luglio 2016, nel pacchetto degli innumerevoli provvedimenti restrittivi dello stato di emergenza tutt’ora in vigore nel Paese, la pesante censura non solo ha imbavagliato il mondo dell’informazione scritta e televisiva, e centinaia di suoi attori, ma si orienta, ultimamente, anche alla confisca di migliaia di libri, coinvolgendo editori, autori e semplici lettori. Le cifre parlano chiaro, confermate ufficialmente, per altro, dal ministro della Cultura turco, Numan Kurtulmuş: a fine ottobre 2017, 139.141 libri erano già stati ritirati da 1.142 biblioteche pubbliche, principalmente perché concernenti gli insegnamenti e le idee del predicatore Fethullah Gülen, a capo del movimento islamico considerato il nemico numero uno dell’attuale governo.

Ammonterebbero già a 26 le case editrici fatte chiudere da questo ennesimo colpo di scimitarra sul pluralismo culturale e di pensiero in Turchia, in nome di presunte misure “anti-terrorismo”. La motivazione assume toni quasi esilaranti quando si nota che la scure si è abbattuta anche su opere dello storico Server Tanilli, degli scrittori Nazim Hikmet e Albert Camus, o di filosofi insospettabili, come Louis Althusser o Baruch Spinoza (tutti, tra l’altro, ampiamente passati a miglior vita, nell’ultimo caso da tre buoni secoli)! Nel ’39 tedesco, la folla eccitata dalla propaganda nazionalsocialista bruciò anche gli scritti del poeta ebreo del diciannovesimo secolo Heinrich Heine (foto) – fino a quel momento particolarmente amato in Germania – il quale nel 1820 aveva scritto: «Là dove si bruciano i libri, prima o poi si bruceranno anche gli esseri umani».

Claudio Monge
LEVANTE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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