Italia da record

Pubblicato il 21-03-2018

di Carlo Degiacomi

di Carlo Degiacomi - Ogni tanto, chi di noi ha a cuore azioni ambientali deve fermarsi e ragionare sul perché non si riesce a migliorare la qualità della spesa pubblica. È necessario ridurla e liberare risorse indispensabili per la cura del territorio, per l’energia, per la prevenzione e la sicurezza dalle catastrofi naturali… La nostra spesa pubblica ha, tranne leggere frenate, una spiacevole crescita continua dal 2000. Il debito pubblico italiano, il più alto d’Europa dopo la Grecia, è un peso che segnerà il nostro tenore di vita e dei nostri figli. Un debito così alto non lascia margine per interventi attivi sull’ambiente, sul lavoro, sul sostegno mirato alle fasce più deboli, per la riduzione delle tasse. È inutile sperare in miracoli. Nei prossimi anni non ci saranno aumenti strepitosi del Pil, ma ci sono molti filoni che possono essere affrontati per ridurre gli sprechi e utilizzare i fondi per le priorità urgenti.

Il primo è il fisco evaso. Ci vogliono in media oltre 5 anni per chiudere una causa civile pendente in Cassazione. Il 48% dei processi civili riguarda contenziosi fiscali che valgono miliardi. Lo Stato alla fine vince per il 70/80% dei casi. Le cause servono a dilazionare il pagamento di quanto dovuto e danneggiano il Paese per il mancato uso di risorse. Non basta dire che è sufficiente combattere l’evasione. Le maggiori entrate dalla lotta all’evasione dovrebbero essere utilizzate ad esempio per ridurre le tasse a chi paga troppo.

Un secondo filone riguarda la prevenzione: prevenire costa meno. Se si utilizzassero risorse finalizzate sulle tragedie naturali e le emergenze sanitarie (fondi a volte stanziati e non spesi) prodotte dalla poca cura dell’ambiente, si eviterebbero in poco tempo costi enormi di spesa pubblica. Basta l’esempio delle bonifiche dell’amianto – che darebbero lavoro a 80.000 persone a livello italiano! – e il loro rapporto con le malattie indotte.

Un terzo è la spesa per la politica. Qualcosa si può fare. In Italia la spesa per ogni deputato potrebbe essere uguale alla Gran Bretagna con un risparmio di 170 milioni di euro per la Camera, 110 per il Senato, rimborsi elettorali compresi. Dai vitalizi si ricaverebbero almeno 130 milioni. I Consigli regionali hanno aggirato le minime norme fissate per ridurre i loro costi che sono di 1,4 miliardi di euro. A seconda delle Regioni si va da 200.000 a 1.500.000 euro per ogni consigliere.

Un quarto è la pubblica amministrazione. Per grandezza sarebbe il primo. In generale i suoi stipendi rappresentano una delle maggiori voci di spesa pubblica: oltre 1/5. I dirigenti “apicali” ricevono uno stipendio pari a 8 volte e mezzo il reddito medio italiano (circa 27 mila euro). L’eccesso di retribuzione dei dirigenti normali italiani rispetto ai colleghi dei principali Paesi europei è macroscopico. Il discorso sui costi e risparmi porta in fretta a 1,3 miliardi. Vi sono tante altre categorie: militari, partecipate pubbliche… fino ad arrivare ad almeno 3 miliardi.

Un quinto filone sono le “partecipate”. Vengono chiamate così le aziende di Regioni, Comuni e altri enti pubblici. Nessuno sa con esattezza quante sono (forse 10.500) e a cosa servono. Secondo la Corte dei Conti, quelle indispensabili sono il 35%. Tutte le altre sono spesso scatole vuote e inattive con i conti in dissesto. Un decreto governativo prevede tagli per 1/3 (1.650 società). Nessuno ci crede. Vedremo.

Un sesto filone riguarda i sussidi di vario genere basati spesso su criteri non verificabili. L’Italia non ha un programma organico e strutturato contro la povertà, bensì una moltitudine di iniziative scollegate fra loro. E poi sussidi al cinema, all’ippica, all’editoria… Si potrebbero risparmiare a circa 1,3 miliardi.

Infine le risorse distribuite dalle Fondazioni bancarie: anche senza tagli, potrebbero darsi regole di priorità, convergere anche in sede locale su settori fondamentali per il territorio a seconda dei suoi assi strategici definiti da cabine di regia trasparenti e discusse (oggi solo una parte dei loro fondi sono utilizzati con questa modalità).

L’elenco sarebbe ancora lungo. In conclusione, chiudere gli sprechi potrebbe ridurre favori, corruzione e crescita incontrollata di programmi di spesa, abbassare le tasse in modo mirato ed espansivo, usare i fondi per politiche attive mirate.

Si parlerà di questi temi nella campagna elettorale? Si potrebbe chiedere ai partiti e candidati che propongono misure di spesa aggiuntiva, di scegliere priorità utili e convincenti per il Paese e come si intende coprirle. Sarebbe un passo avanti sul versante della chiarezza.

Carlo Degiacomi
AMBIENTE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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