Una svolta sostenibile

Pubblicato il 07-06-2018

di Carlo Degiacomi

di Carlo Degiacomi - Sacchetti di bioplastica per ortofrutta e fresco: in 10 punti quello che dobbiamo sapere.

Dal 1° gennaio i sacchetti di plastica ultraleggera, con spessore della singola parete inferiore a 15 micron (0,015 millimetri), devono essere biodegradabili, compostabili e certificati, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40%.

La nuova norma impone anche di indicarne esplicitamente il prezzo sullo scontrino del supermercato (da 1 a 3 centesimi). Le stime dicono che una famiglia italiana media spenderà circa 4€ al mese (la media considerata è 140 sacchetti, costo medio a sacchetto 2 centesimi).

Le bioplastiche si ricavano da prodotti agricoli, da amidi e bucce vegetali, dalla fermentazione di zuccheri o lipidi, da oli vegetali, dalle alghe, dalla cellulosa... e si mescolano anche con un polimero ottenuto in parte da combustibile di origine fossile. Nei prossimi anni la percentuale minima di materia prima rinnovabile nelle buste dovrà salire al 50% (nel 2020) e poi al 60% (2021).

La legge recepisce una direttiva europea che mira a ridurre l’utilizzo di plastica ultraleggera in quantità e qualità. La CE è impegnata a sostituire la plastica tradizionale anche in molti imballaggi. È inutile raccontare bugie: i principali prodotti di plastica inquinano mari e oceani. Le plastiche da petrolio non correttamente smaltite attraverso la raccolta differenziata provocano disastri ambientali.

Non tutte le bioplastiche sono biodegradabili anche se i due termini vengono spesso usati come sinonimi. Perché si dissolvano completamente devono rispondere ad alcuni requisiti. Per bioplastica si intende un prodotto di origine biologica, interamente o parzialmente ricavato da biomassa. Per biodegradabile si intende un materiale con le caratteristiche sopra indicate, ma che possa essere degradato da batteri o funghi in acqua, in aria o gas naturale, in terriccio. Una bioplastica può essere biodegradabile (Mater-bi) ma può anche non esserlo (Bio-PET che in alcuni casi sostituisce le bottiglie di plastica tradizionale).

I sacchetti devono essere certificati come biodegradabili e compostabili secondo le indicazioni delle direttive europee. La biodegradabilità dell’organico (o umido) come dei sacchetti di questo tipo dipende dalle condizioni ambientali in cui il rifiuto è lasciato; dal tempo in cui vi rimane; dalla temperatura del luogo;dalla presenza di ossigeno o di microrganismi che lo possano digerire. Le condizioni di compostaggio industriale avvengono con una temperatura di 55-60 °C, un’alta percentuale di umidità e la presenza di ossigeno. Sono le condizioni ottimali affinché un rifiuto venga “demolito”.

I sacchetti di bioplastica utilizzati sia per gli acquisti di frutta, verdura e alimentari freschi, sono smaltiti nell’organico come la buccia di mela. Vengono pagati per il primo uso e sono riutilizzabili per contenere gli scarti di cibo, frutta e verdura. I sacchetti di bioplastica per ortofrutta hanno caratteristiche di resistenza simili a quelli di plastica. La resistenza dipende dallo spessore (o dalla produzione) e non dalla materia prima. I supermercati devono comprare sacchetti di b i o p l a s t i c a con un livello di resistenza adeguato al riuso.

I sacchetti di bioplastica per l’ortofrutta e i cibi freschi devono essere adottati anche nei negozi e nei mercati di quartiere dove i consumatori possono scegliere di utilizzarne il meno possibile grazie alle sporte, di portarli da casa riutilizzandoli, di ottimizzare il riempimento con più prodotti. I sacchetti di bioplastica intesi come shopper per la spesa da tempo avrebbero dovuto sostituire quelli di plastica per tutti gli usi. È ora che tutti, anche i negozi e i mercati che non lo hanno ancora fatto, applichino le leggi ambientali. Da gennaio in queste realtà si fa più attenzione a quanti sacchetti vengono distribuiti. Nei supermercati, il riutilizzo i dei sacchetti portati da casa è invece improponibile per problemi sanitari e organizzativi.

Una questione per ora irrisolta riguarda l’etichetta adesiva del prezzo che viene collocata sul sacchetto: oggi non è biodegradabile. La norma non dice nulla al riguardo. Dovrebbe essere modificata la composizione delle etichette con materiali compostabili simile a quello di bollini presenti su alcuni marchi di banane e mele. I guanti: anch’essi devono essere di bioplastica e ora lo sono solo in poche realtà.

Infine per le varie fasi di produzione dei sacchetti di bioplastica e biodegradabili le analisi del ciclo di vita (dal campo, alla trasformazione, al fine vita) dicono chiaramente che anche per quanto riguarda i gas serra emessi e i consumi energetici sono più sostenibili della plastica tradizionale.

Carlo Degiacomi
AMBIENTE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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