Il mondo ortodosso russo tra paure e tradizione

Pubblicato il 30-01-2013

di Flaminia Morandi

La prima avvertenza per l'uso quando ci si inoltra nel mondo ortodosso è non generalizzare parlando di “Chiesa ortodossa” al singolare, Il patriarca ortodosso Kirill e Papa Bnedetto XVIle Chiese ortodosse sono sempre al plurale. Funziona così: un insieme di chiese locali (le eparchie, le nostre diocesi) possono unirsi ed eleggere il loro primate o patriarca, oppure cercare sostegno da un patriarca già esistente. È sufficiente l'approvazione di altri tre vescovi ed è costituita una Chiesa “autocefala”, autonoma e indipendente, che fa parte a sé, in rapporto paritario, di comunione, con le altre. Non c'è nessuna autorità giurisdizionale di vertice comune per tutti, super partes, come nella chiesa latina, le Chiese ortodosse sono tutte sullo stesso piano. Per tradizione e per motivi storico politici tra i vari patriarchi c'è un primato d'onore che va al vescovo-patriarca ecumenico di Costantinopoli.

Dopo la separazione da Roma nel 1054 (città teatro del martirio di Pietro e Paolo, con grande primato morale), Costantinopoli diventa la città più importante. Ma dalla fine dell'impero bizantino Mosca si sente investita del ruolo di Terza Roma, erede della missione apostolica, e dal '500, forte anche della sua potenza numerica, spinge per scavalcare l'onore di Costantinopoli.

Ad est non c'è, come ad ovest, separazione tra Stato e Chiesa. Dal tempo dell'evangelizzazione di Cirillo e Metodio e forse anche per metodo usato dai due fratelli apostoli nel rispetto della lingua, della cultura e del senso etnico degli slavi, le Chiese ortodosse sono identificate con il destino del popolo dove si trovano. Con l'avvento degli Stati nazionali, l'identificazione Chiesa Stato diventa sempre più stretta. Emblematico è il caso della Chiesa russa, autonoma da Costantinopoli dal 1589, con un suo patriarcato che Pietro il Grande abolirà con l'idea che l'ortodossia è colpevole di tutte le arretratezze della Russia. Lo sostituirà con un Sinodo controllato dallo Stato, di fatto creando una Chiesa di Stato che porterà ad un intreccio indistricabile fra nazionalismo e fede. La storia porterà ad altre autocefalie, nel medioevo, alla fine dell’800 con la disgregazione dell'impero austro ungarico, fino all'ultima esplosione di autonomie dopo la caduta del muro di Berlino.

Prima del 1989 il patriarcato di Mosca aveva più o meno gli stessi confini dell’Urss. Con la fine dell'impero sovietico tutti gli ortodossi non russi si ritrovano ad essere “stranieri” in patria e reclamano l'autonomia da Mosca, come in Ucraina, Bielorussia, Lettonia, Estonia, Moldavia. Talvolta preferiscono mettersi sotto la giurisdizione di un patriarcato diverso da Mosca, per esempio Costantinopoli, o di un'altra Chiesa che sentono più affine liturgicamente o culturalmente, storicamente, etnicamente. Non sono strappi indolori.
Quando la Lettonia nel 1996 chiede di passare sotto la giurisdizione di Costantinopoli, la Chiesa di Mosca durante la liturgia smette di pregare per la Chiesa sorella, rompendo la comunione.

Celebrazione ortodossa nella chiesa di San Massimo a TorinoL’irrigidimento delle chiese orientali ortodosse va capito e interpretato come un grido di aiuto. Nelle terre di Chiese che sono uscite dall’isolamento sovietico (a cui va sommato l’isolamento zarista) irrompe la modernità portata dall’incontro con l’occidente. Il capitalismo selvaggio, il pluralismo di pensiero, di scelte di vita, di fede, un supermercato all’insegna della libertà ma che contrabbanda un materialismo più insidioso e obliquo di quello socialista. L’ex Santa Russia cristiana dove la gente per tre generazioni non ha ricevuto nessuna istruzione religiosa né battesimo viene presa d’assalto dalla mentalità scristianizzata importata da ovest o dall’aggressività di sette ricche, spesso di origine americana e di ceppo protestante, che attecchiscono più facilmente dove non c’è nessuna formazione religiosa. La paura di perdere l’identità, la cultura, le radici storiche millenarie ha fatto dire ad Alekseij, patriarca ortodosso di Mosca, che l’Occidente sta usando la religione per controllare la mente del popolo russo. La paura del complotto è il frutto del trauma di un regime che ha usato il complotto come metodo.

Flaminia Morandi
NP agosto/settembre 1997

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