Il vangelo di Marco (17/21)

Pubblicato il 27-09-2012

di p. Mauro Laconi

di p. Mauro Laconi, op - Mc 8,27–10,52: la croce, mistero dove l’uomo trova Dio (2/2).

Icona di Cristo Crocifisso3) Marco e la croce

Dal cap. 8 in poi nel vangelo di Marco tutto è cammino verso la croce, e indubbiamente Marco questo tema lo privilegia, tanto che diventa il grande discorso del suo vangelo, e la narrazione della passione costituisce una delle sue parti più belle.
E tuttavia Marco non farà nessuno sforzo per chiarirci il mistero della croce.
Perché Gesù deve morire in croce? Marco a questo interrogativo non risponde, anzi sembra che faccia di tutto per avvolgere di mistero questo evento finale della vita terrena di Gesù. Forse l’unica spiegazione che ci viene data è che “il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (10,45).
Ma perché la vita di Gesù è un riscatto per noi? In Marco rimane un mistero e non v’è alcun tentativo di Gesù per chiarirlo o spiegarlo, neppure ai discepoli, che non capiscono. Ecco Pietro reagire dopo il primo annuncio, prendere in disparte Gesù e rimproverarlo. Pietro rimprovera Gesù: è l’unica volta in cui Gesù viene rimproverato dai suoi discepoli. Ma Gesù, voltatosi verso i discepoli, richiama severamente Pietro, gira il rimprovero contro di lui, lo chiama satana e afferma che non ragiona secondo Dio ma secondo gli uomini.
Nel secondo annuncio viene detto chiaramente che essi non comprendevano le parole di Gesù, ed avevano timore di chiedere spiegazioni, forse per la dura reazione di lui avuta con Pietro.
Dopo il terzo annuncio, così circostanziato, non c’è nessun commento, ma l’incomprensione dei discepoli risalta vividamente dal comportamento di Giacomo e Giovanni. Gesù dice che lo flagelleranno, lo insulteranno e lo uccideranno ed i figli di Zebedeo gli chiedono se possono sedersi al suo fianco nel suo regno. Gesù parla di umiliazione ed essi parlano di gloria: è l’incomprensione totale.

Duccio di Buoninsegna, Guarigione del cieco natoAcquista in questo contesto un significato simbolico il miracolo della guarigione del cieco di Gerico, in quanto ci dice che i discepoli sono ciechi, e che Gesù li guarirà come ha guarito il cieco. I ciechi infatti non riescono a vedere la luce, e per Marco la luce è la croce. Questo non capire la croce da parte dei discepoli, questo equivocare, questo rifiutare, cercare di sottrarsi, viene da Marco sottolineato in molti modi diversi.
Ad esempio nell’episodio della trasfigurazione, dove Pietro ritiene sia bello restare sul monte della gloria e Marco annota che non sapeva quello che diceva. E quando scendono dal monte per recarsi a Gerusalemme l’incomprensione aumenta, e non si limita al non capire, ma diviene anche rifiuto, tentativo di sottrarsi, di rimandare.
Infatti, nel testo del terzo annuncio, Marco ci dice che, mentre salivano per andare a Gerusalemme, Gesù precedeva i discepoli, che erano meravigliati e timorosi. Gesù camminava di buon passo e loro frenavano, pieni di paura. Paura di seguire Gesù.
Ecco allora il significato simbolico del cieco di Gerico che, una volta illuminato, subito si mette a seguirlo. I discepoli stentano a seguire Gesù, il cieco illuminato invece no: più che un miracolo fisico, materiale, è il miracolo della fede operato da Gesù.
I discepoli invece non capiscono e rifiutano il mistero degli annunci di Gesù, e dietro il rifiuto dei discepoli si può vedere la difficoltà della Chiesa di Marco, la difficoltà forse di ognuno di noi, ad accogliere il messaggio della croce.

Giambattista Galizi, Gesu nel GetsemaniCome già abbiamo notato questo messaggio, pur essendo il messaggio centrale di Marco, rimane un mistero, anche per Gesù. Nel buio della notte del Getsemani, quando chiede al Padre di allontanare il calice, anche Gesù è nell’incertezza, nel dubbio, nel tormento interiore, proprio come i discepoli. Certo non vi è il lui alcuna traccia di rifiuto, ma la sua anima umana non riesce ad afferrare sino in fondo il mistero della morte in croce del Messia, e le tenebre che lo circondano sono il buio dell’incomprensione. La scena del Getsemani avvicina umanamente Gesù ai discepoli che non capiscono.
Ma Gesù può forse rifiutare? No, non è possibile, infatti egli accetta e sale sulla croce. Però nel Getsemani ha avuto questo momento di incertezza, pur essendo pronto a realizzare i progetti del Padre, e sulla croce dirà: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (15,34).
Gesù si sente abbandonato dal Padre: sono parole di tormento e di buio, come se le tenebre che avvolgono il monte della croce fossero entrate sino nell’anima di Gesù. Si ha l’impressione che Marco faccia di tutto per sottolineare l’ombra, per mettere fortemente in risalto il mistero, senza cercare di spiegarlo. La croce è un mistero: è il mistero di Dio che si affaccia nella storia, è il mistero dove l’uomo trova Dio.
Il mistero della croce è una manifestazione divina, e l’uomo deve accoglierlo, accettarlo, pur senza capirlo. È l’atto di fede, che è come un salto nel buio: l’uomo non può pretendere di accogliere Dio comprendendolo. Se l’uomo pretende questo dovrà fare a meno di Dio, perché Dio è mistero impenetrabile.

Troviamo tuttavia in Marco qualche traccia che può servirci da orientamento in questo buio, ad esempio i miracoli. Quando inizia il viaggio verso Gerusalemme questi si diradano, sino a scomparire coll’ingresso in città. Il che significa che i miracoli preparano la strada verso la croce, ci aprono uno squarcio di luce sul suo significato. Infatti i miracoli di Gesù vanno sempre incontro al dolore dell’uomo, sono le opere che Gesù compie a favore di un mondo crocifisso. E, in un mondo crocifisso, Gesù non si limita a parlare, a operare miracoli, a insegnare, ma fa sua la croce, si immerge totalmente nel mistero della crocifissione.
Attraverso la croce il mondo viene salvato, e come la croce di Gesù salva il mondo, così anche la croce dell’uomo salva il mondo, la croce dell’uomo innocente.


Diego Penacchio Ardemagni, La croce4) la croce e la gloria


In Giovanni vi è molta insistenza sulla interrelazione tra la croce e la gloria. Ma anche in Marco vi è un intreccio continuo tra il tema della gloria e quello della passione, sottolineato dall’incomprensione dei discepoli, che non arrivano ad afferrarne il nesso, e vorrebbero la gloria senza la croce.
Pietro riconosce Gesù come il Messia, e Gesù, proprio in quel momento, inizia il discorso della croce. Vi è la trasfigurazione, prefigurazione della gloria imminente del Cristo, dove il Padre riconosce Gesù come suo figlio, e ordina di ascoltarlo. Ma qual è l’annuncio di Gesù? La croce. I figli di Zebedeo gli chiedono di sedere uno alla sua destra ed uno alla sua sinistra nella sua gloria, e Gesù fa comprendere che la sua gloria è frutto del calice che beve, e del battesimo con cui viene battezzato. Anche quando promette ai suoi discepoli la ricompensa, promette loro pure le persecuzioni.
Tutto il brano è pervaso di questo spirito, anche negli ammaestramenti che Gesù impartisce: chi vuol essere il primo sarà l’ultimo, i bambini, il giovane ricco (il tesoro in cielo). E se noi non accettiamo questo binomio di gloria e di croce, è perché ragioniamo, come Pietro, non secondo Dio ma secondo gli uomini.




Fonte: da Progetto 1991

 

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