Come sto bene

Pubblicato il 25-11-2013

di Flaminia Morandi

Maximino Cerezo Barredo, Gesùdi Flaminia Morandi - Torino, si dice, è al sessantottesimo posto per la qualità della vita, Agrigento all’ultimo, Trieste al primo, la città dove si vive meglio in Italia. Ma la furia statistica del nostro tempo pretende di misurare anche la qualità della vita delle persone secondo dei parametri di soddisfazione e di piacere: la vita è di qualità – dunque degna di essere vissuta – se c’è salute, intelligenza, cultura, benessere e un bell’ambiente intorno, meglio se non inquinato. La banalità coincide con il luogo comune: entrambi modi di conoscenza lontani dalla visione cristiana della vita.

Basterebbe leggere il Vangelo; o se si preferisce il libro della Sapienza, uno dei testi dell’Antico Testamento più vicini nel tempo alla scrittura dei Vangeli e che la Chiesa primitiva, con lo sguardo della Resurrezione, ha letto come un anticipo del Nuovo Testamento, come un libro che insegna all’uomo a stare al mondo secondo una mentalità cristiana. Beate le sterili, beati gli eunuchi, beati quelli che muoiono prematuramente, vi si legge; beate cioè quelle persone disprezzate secondo il metro di giudizio della società corrente: beate se riconoscono nella loro condizione di vita senza qualità la visita del Dio Vivente. Beati, sì: la loro inferiorità apparente, se vissuta come una chiamata ad andare oltre l’apparenza, si rivela colma di novità, portatrice di una benedizione speciale e di un avvenire pieno di beatitudine.

Si può essere fecondi, ricchi, longevi, gonfi di soddisfazioni; eppure, se fecondità, ricchezza e consolazione sono espressioni dell’arroganza umana non sono affatto il bene ma solo l’espressione concreta del rifiuto dell’incontro con Dio, un modo per sottrarsi alla sua chiamata di verità. L’empio, dice il libro della Sapienza, è chi prende, carpisce per possederli, i doni o le opportunità, è l’individualista che si affanna ad afferrare per nutrire il proprio egoismo con tutto quello che crede lo allontani dalla morte. E invece i presunti beni di cui avidamente si appropria costituiscono per lui una morte senza ritorno.

Non muore al contrario il giusto, chi sa vedere nella propria debolezza la sua grande occasione di vita. La sua morte apparente è solo un esodo, il compimento di un viaggio che lo porta per sempre al sicuro, nel porto della Vita. Qui sta l’inganno dell’umanità: scambiare ciò che è apparente per verità e ciò che è vero, nella sua apparenza di debolezza, come un male da evitare, una minaccia da eliminare.

Diversa la scelta dei monaci, di quelli che si fanno “eunuchi per il regno di Dio” nei monasteri e nelle strade inquinate della nostra modernità: come Nilo l’Asceta, nobile, colto e ricco governatore di Costantinopoli, che valutò niente la sua apparente alta qualità della vita e andò a scavarsi una grotta sul Sinai. Di lui, morto probabilmente alla metà del V secolo, ci restano pagine vive di dolce sapienza: “Finché tu badi alla convenienza del corpo e la tua intelligenza si prende cura delle cose gradevoli della tua tenda, la vita beata è ancora lontana da te”.


MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

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