Il linguaggio sacro del corpo

Pubblicato il 30-01-2016

di Flaminia Morandi

Felice Casorati, La preghieradi Flaminia Morandi – “A yoga abbiamo ripetuto un mantra per un’ora; mi sentivo in pace. Il pranayama mi ha liberato i chakra, kundalini si è risvegliata, le asana erano più fluide. Ora la sera, a fine giornata, mi raccolgo in silenzio, ripeto la sillaba sacra e la vita è un’altra cosa”. È probabile che nessuno dei battezzati cristiani che cantano in sanscrito o in giapponese, con un entusiasmo che non avrebbero se gli venisse proposto di pregare il rosario, sappia che nell’antica tradizione cristiana esiste il controllo del respiro (pranayama) unito alle posture che favoriscono la concentrazione (le asana) e il risveglio dell’energia interiore (kundalini), attraverso la ripetizione del Nome. Evagrio Pontico, maestro di mistica del IV secolo, ne parla nel Praktikos, trattato sulla preghiera.

Il monaco calabrese Niceforo il Solitario, XIV secolo, descrive una postura di preghiera molto simile a quella del loto nello yoga: “Siedi in una cella tranquilla, allontana lo spirito da ogni oggetto vano e temporale… appoggia la barba sul petto, volgi lo sguardo del tuo occhio corporale, con tutta la mente, al centro del ventre, ossia sull’ombelico, trattieni il respiro dell’aria che passa per il naso… cerca mentalmente tra le tue viscere il luogo del cuore… All’inizio troverai tenebre e spessore impenetrabili… Quando lo spirito troverà il luogo del cuore vedrà cose mai conosciute prima…”.

Ed ecco come il Pellegrino russo, nella sua incessante ricerca di Dio, insegna a un cieco come pregare: “Guardando interiormente il cuore, comincia a far coincidere a ogni suo battito una parola della preghiera. Al primo battito penserai: Signore; al secondo: Gesù; al terzo: Cristo; al quarto: abbi pietà; al quinto: di me… Quando ti sei abituato, comincia ad inspirare ed espirare dal cuore la preghiera di Gesù, come insegnano i Padri…”.
La ritmicità e la regolarità del respiro coordinata con la preghiera è un esercizio del terzo modo di pregare negli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola, che fa gustare la presenza di Dio nel ritmo della vita. Le fasi sono tre come nel pranayama: inspirazione, breve apnea, espirazione. Inspirazione: il soffio di Dio che ci dà vita; apnea: la vita morta, soffocata, senza di lui; espirazione: la pace di chi si abbandona a lui e dona tutto ciò che gli è stato donato.

“L’uomo porta nel suo corpo l’immagine delle disposizioni che convengono all’anima durante la preghiera”, diceva Origene; e san Basilio, che poi era vescovo e fondatore di comunità, notava che come le forze dell’anima influenzano il corpo, così i sentimenti dell’anima dipendono dal corpo.
Da queste riflessioni è nato il linguaggio sacro del corpo nella liturgia, gli inchini, le genuflessioni, lo stare in ginocchio o prostrati, il sollevare le braccia, la posizione eretta. Ma la postura cristiana tipica è quella del camminare: il discepolo di Cristo non è chi si fa un comodo nido in questo mondo, ma chi ci vive da esiliato, vagabondo d’amore per lui.


MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

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