Umiltà e amore

Pubblicato il 20-11-2016

di Cesare Falletti

Peter O'Neill, Forgivenessdi Cesare Falletti – La saggezza di non sentirsi onnipotenti.

“L’inverno è in ritardo, l’inverno è arrivato prima!”. Siamo soliti sentire frasi del genere. Ce la prendiamo molto col tempo, con la natura, con tutte quelle cose che proprio non hanno colpa sul come avvengono. Lo sappiamo bene e allora accusiamo l’uomo, sempre lui, che sta distruggendo tutto, che ha addirittura il potere di cambiare il clima. Sì, ce la prendiamo sempre con qualcuno, perché il colpevole deve ben esserci. Con Dio non osiamo: già mettiamo in dubbio la sua esistenza!
Allora eccoci andare alla caccia del colpevole. Si enfatizzano gli eventi, perché il colpevole sia più colpevole e la paura del futuro sia un po’ anestetizzata. Forse però non pensiamo che non è un andare a caccia, ma un fuggire dalla presa di coscienza che non siamo onnipotenti, che perfino la natura è più forte di noi e spesso dobbiamo subire ciò che non abbiamo voglia che sia. Se ci mettiamo alla scuola della natura, e se ne fa tanta di poesia, possiamo anche accettare di imparare da lei il fatto che ci mette di fronte alla nostra non onnipotenza e diventare più umili, tanto da accettare le cose che non possiamo cambiare e affrontarle con più attenzione, modestia e prudenza.
A lamentarci e a protestare rischiamo di scontrarci ed essere battuti da ciò che non vogliamo vedere.

Anche gli uomini dovrebbero essere migliori e non fare questo o quello; invece sono quello che sono e ci impongono un atteggiamento che si possa adattare alle loro diversità. È un cammino per capire cosa vuol dire amare, il grande comandamento del Signore; capiamo anche perché ha tanto insistito e vuole che guardiamo l’epifania dell’amore inchiodato sulla croce. Le cose non vanno come vogliamo, ma l’amore vive con fantasia e generosità l’incontro con esse e, alla scuola di Dio, sa trasformare le cose che sono male in sé in strade percorribili verso la salvezza, la pace, la gioia della comunione. C’è una gratuità nell’amore che parte dall’amare per primo, come Gesù, dall’avere l’iniziativa di amare senza attendere di essere amati, e arriva fino all’amare chi fa del male, amarlo col perdono, col dono della propria vita, col desiderio della sua salvezza, col preferire che lui sia salvo piuttosto che gustare l’amara consolazione della vendetta. Il cammino dell’amore è uscita da sé, dal proprio voler essere al centro degli avvenimenti e dell’attenzione; gli eventi atmosferici, che lo vogliamo o no, ce lo impongono, sono quello che sono e non ciò che vogliamo.

Partendo da questo punto possiamo fare un bel cammino di realismo umile e sorgente di carità. L’umiltà infatti è l’unica porta che lascia passare la carità, le apre la porta, la serve e la rende efficace non solo nel campo materiale, ma soprattutto nel più importante, quello del cuore. Un cuore che non si sente considerato muore di fame anche nella ricchezza; se esperimenta il fatto di essere visto e amato così com’è, si nutre di pochi pani e pochi pesci e li trova abbondanti a sazietà. Quando vivevo in un povero paesino della montagna savoiarda la gente, abituata a non dirigere la storia degli uomini, commentava il tempo, soprattutto sfavorevole, dicendo: “Per fortuna non possiamo cambiare il tempo, se no i ricchi lo manipolerebbero a loro piacimento!”. E, si sa, il lavoro del montanaro ha bisogno di sole e pioggia in modo diverso dal cittadino in vacanza. Alla scuola della natura non impariamo solo ad essere dei buoni meteorologi, ma anche delle persone sagge, che sanno vivere ed essere riconoscenti per ciò che ricevono, piuttosto che lamentarsi di ciò che non possono avere.


IL RUMORE DEL SILENZIO – Rubrica di Nuovo Progetto

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