I poveri nostri maestri

Pubblicato il 15-02-2012

di dom Luciano Mendes de Almeida

Mano in cerca di elemosina
I poveri ci insegnano a valutare le persone. A guarire dalla nostra cecità.

 

I poveri non hanno niente da preservare oltre il proprio cuore e il proprio amore. Noi li guardiamo come se fossero miserabili, e invece diventano i nostri maestri. Bambini consumano il pasto in una missioneCi insegnano a collocare in secondo piano la civiltà dei consumi, dell'avere, del possedere. Ci insegnano a vivere, perché essi hanno la vita. In altre parole possiamo dire che sono felici anche nella loro povertà poiché sono capaci di vivere in profondità il loro amore, di condividere con gli altri le sofferenze e le gioie. Con la solidarietà riescono anche a sopravvivere in condizioni disperate: mettono insieme il poco che posseggono. Ci insegnano quello che è più profondo nel cuore umano: lo slancio verso la vita, la capacità di superare le difficoltà, la forza nelle situazioni che sembrano insuperabili, la grande capacità di amare.

Non possiamo essere felici se ci manca l'amore, se non condividiamo con i poveri ciò che il Signore ci ha dato, ciò che abbiamo. Siamo messi sotto accusa quando un essere umano vive in una situazione miserabile.
Non avrei mai pensato che fosse necessario spogliarsi di tante cose per scoprire con la semplicità di un fanciullo quello che è il cuore umano. Cuore che è stato fatto a somiglianza di Dio, per amare ed essere amato, non per possedere le cose, meno ancora per renderci egoisti davanti alla vita, chiuderci in noi stessi rifiutando le sofferenze altrui. Sono beati i poveri, perché nella loro sofferenza, nella mancanza di cose materiali, hanno saputo vedere quello che è più profondo: l'amore che viene dal Signore e che comunica in ogni momento la vita. Sanno amare i fratelli con i quali condividono la gioia di vivere.

Condividere è il frutto dell’eucaristia. Chi non sa condividere non può provare la gioia che Gesù ci è venuto a portare. Il mondo non è felice perché non sa vincere l’egoismo e l’individualismo e non sa varcare la soglia della gratuità e del dono di sé.
Senz’amore non c’è senso nella vita. Dove siamo capaci di un amore solidale, allora siamo sempre uniti ai dolori, alle prove, ai patimenti degli altri. Direi che non importa tanto se noi stiamo bene, ma se siamo uniti a quelli ai quali vogliamo bene e che sono nelle sofferenze. In questa vita la solidarietà è frutto del vero amore e nella solidarietà quello che conta non è un momento di gioia o di dolore, ma se siamo uniti ai nostri amici. Uniti davvero. Uniti condividendo i sentimenti più intimi.

Mendicante ignorato dai passantiPurtroppo a noi manca la sensibilità di vedere la sofferenza che ci circonda. Ci sono tanti che non vedono e non sanno di non vedere, e nessuno li aiuta a vedere. Mancano i medici degli occhi nella nostra società. Purtroppo incontriamo dei «ciechi» che non si commuovono di fronte alle miserie di tante famiglie, all'abbandono di tanti bambini, e non siamo capaci di aprire gli occhi del loro cuore. Magari li critichiamo, ma non ci impegniamo per insegnare loro a capire la realtà e scoprire le lacrime di quelli che sono in tante sofferenze.
Chi aiuta una persona a recuperare la vista senz'altro è un benemerito. Ma chi nella vita di ogni giorno è capace di aprire gli occhi a chi non vede le sofferenze altrui è ancora più benemerito. 

dom Luciano Mendes de Almeida
da Nuovo Progetto novembre 2007

 

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