Ricostruire la storia

Pubblicato il 11-08-2012

di Giuseppe Pollano

Ricostruire la storia - di Giuseppe Pollano - Ridisegnare il mondo è un'espressione forte che non tocca solo le strutture o i modelli politico-sociali, ma va al cuore stesso del mondo, a che cosa questo desiderio produrrà di diverso. Insomma, implica un discorso sulla civiltà.


Michael Bogdanow, EsodoL'uomo non può accontentarsi né rassegnarsi a vegetare, tanto è radicato in lui il sogno di un mondo vivibile: lo dimostrano le idee, le filosofie, i tentativi che non sono mai finiti. Un mondo che in qualche modo vediamo, ma, come nei sogni, non riusciamo ad afferrare; una specie di chimera che ci consola e, nello stesso tempo, ci avvilisce.


Impossibile all'uomo, possibile a Dio

Come cristiani dobbiamo domandarci se è possibile "senza l'intervento di Dio". La risposta dovrebbe essere no: si può sognare, tentare, ma null'altro. Rispondiamo invece che dal momento in cui Dio si è incarnato siamo certi che è possibile ridisegnare il mondo. La pagina di Luca relativa all'annunciazione è il racconto di un impossibile diventato possibile. "Come è possibile?" è la questione posta non soltanto da Maria di Nazareth, ma da tutta l'umanità. Gesù, da un punto di vista umano, non poteva essere concepito, ma è nato, perché la potenza è stata sorpassata dall'onnipotenza. La potenza è quella per cui noi abbiamo una certa capacità che Dio ci ha dato creandoci, e con essa possiamo fare moltissime cose, ma non abbiamo l'onnipotenza. E proprio perché Dio è onnipotente e noi siamo soltanto potenti che Gesù può permettersi di dire che quello che è impossibile a noi, non lo è a lui.

Credere che l'impossibile è possibile è cominciare ad essere cristiani. In effetti si può avere la fede nelle cose rivelate, ma di fatto non essere sicuri che l'impossibile diventi possibile: ad esempio perdonare, poter amare cordialmente chi ci sta facendo soffrire, ecc. Solo quando si comincia a fare questa lettura del mondo e ci diventa naturale ritenere che l'impossibile sia ormai possibile, abbiamo il diritto di affermare che, avendo il pensiero di Gesù Cristo, siamo cristiani.
Tanto più i beni in gioco (la pace, la libertà, la dignità, la felicità degli uomini) saranno grandi tanto più Dio sarà totalmente impegnato: se ci si avvale dell'utopia, per usare un termine non di matrice cristiana ma comprensibile alla cultura in cui viviamo, l'impossibile diventa possibile.

Il termine utopia in genere è sinonimo di impossibile: nell'accezione più normale, u-thopos significa non-luogo, da nessuna parte (notare che si può far derivare anche da eu-thopos, il luogo della felicità). Noi dobbiamo credere nell'utopia positiva, che non vuol dire tentare Dio, pretendere miracoli tutti i giorni, ma soltanto ricordare che chi crede sposta le montagne. Cammelli che passano per la cruna di un agoOccorre partire dal paradosso della fede, perché Gesù è l'inizio, non l'aggiunta o il condimento.

Si comincia da Gesù. Gli apostoli hanno sentito moltissimo questo duro impatto col Signore, che pretendeva cominciassero da lui, a credere possibili le cose impossibili. "Se le cose stanno così", sulla santità del matrimonio, "è molto meglio non sposarsi"; risposta: impossibile all'uomo, possibile a Dio. "Se le cose stanno così", discorso della ricchezza, "allora chi si salva?"; risposta: impossibile all'uomo, possibile a Dio; e via di questo passo. Dunque Gesù non ha affatto negato che camminiamo nell'impossibile, tutt'altro.
Dobbiamo esaminare la nostra coscienza per verificare se siamo davvero cristiani chiededoci ad esempio se riteniamo possibile l'impossibile che Gesù è venuto a predicarci, a donarci, oppure se ci fermiamo di fronte alle cose impossibili all'uomo. Se è così, non saremo mai operatori di pace perché la pace è impossibile a noi, ma possibile a Dio.


La forza della grazia: costruire la storia

La matita con cui ridisegnare ovviamente è una sola: è la grazia di Dio, la potenza che scende dall'alto, come Gesù ha promesso ai suoi. Potenza che ha un solo componente: l'amore come Dio lo vive. Scene di carità evangelicaIl Vangelo è molto semplice, è tutto nel comandamento dell'amore: amare di quell'amore spirituale che ci è donato, che, quindi, possediamo. Lo Spirito dimora in noi, c'è in me un fuoco che non è mio, che non sono io, ma che ha il potere di bruciare la paglia che sono io e trasformarmi in un santo che opera miracoli di carità.

C'è una questione di fondo da affrontare: la carità, l'amore come lo ha vissuto e predicato Gesù Cristo, è in grado di costruire la storia, oppure il suo compito sarà solo e sempre quello di affiancare la storia, di curare e fasciare le piaghe della storia, ma non di costruirla? Non pochi cristiani sono rassegnati a questa seconda interpretazione della carità: non sognano di trasformare il mondo, di fare una storia nuova, quando vedono l'uomo che qualcuno ha violentato, fanno i samaritani, ma non arrivano al punto di persuadere quel qualcuno a non violentare, perché è impossibile.

Dobbiamo fermamente credere che l'amore può costruire la storia e non soltanto fare impacchi, perché Dio è il Dio della storia, non è solo il Dio degli emarginati. Il fatto che noi, come Gesù farebbe, ci chiniamo su tutti i brandelli della storia, su tutte le vittime della storia, non deve assolutamente significare che rinunciamo al cuore della storia, cioè a educare generazioni di uomini e donne in grado di fare andare avanti una storia animata visibilmente dall'amore.
A fine anni '60 è stata condotta dall'Unesco un'inchiesta intitolata Le strategie dell'educazione: si preoccupava di vedere se si sarebbe potuto educare le generazioni a qualcosa di diverso. La lettura non è religiosa, la teoria di fondo è un umanesimo scientifico, che ha la speranza di far subentrare all'homo faber, all'homo utilis, all'homo ludens, l'homo concors, l'uomo concorde, il cui cuore vada d'accordo col cuore dell'altro. Non si sono avuti risultati, ma noi, anche in questo caso, crediamo che sia possibile l'impossibile.

Bisogna dar testimonianza di questa fede con le opere, ma anche con la parola; avere il coraggio di farsi ridere in faccia, perché non tutti i credenti, e neppure tutti i teologi, sono persuasi di questa verità. Eppure bisogna crederla, se non vogliamo vanificare Gesù Cristo e continuare a farlo stare fuori dai margini: adesso tocca a Te, Signore, perché ci siamo fatti male e Tu vieni ad aiutarci.
Dio è carità e questa verità ci insegna la legge fondamentale dell'umana perfezione e perciò anche della trasformazione del mondo, dunque strutture, mentalità, filosofie; questo è il nuovo comando della carità. Dio carità ci comanda di trasformare questo mondo. Coloro pertanto che credono alla carità divina sono da Dio resi certi che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi a realizzare la fraternità universale, fortissima formula da prendere sul serio, non sono vani.


Avere fiducia in Dio

Pianta fiorita su una distesa di neveIl mondo lo possiamo davvero ridisegnare con un'ondata di fiducia stupenda che scende da Dio, ma bisogna dirlo e farlo senza mai stancarsi. Ci sono tuttavia gli sgorbi, di cui non possiamo non tenere conto: sgorbi storici, sgorbi planetari, quelli che rovinano o, quantomeno, compromettono il disegno e il ridisegno dell'amore. Tra questi, due sono evidenti: uno è il potere per sé, cioè quando la potenza diventa quel qualcosa che è usato per se stessi; l'altro è la cosiddetta ragione utilitaria, che, a detta dei filosofi, sta dominando la nostra cultura occidentale. L'uomo oggi adopera la sua intelligenza solo per calcolare l'interesse economico utile al singolo: questa è l'unica razionalità di cui oggi siamo tutti esperti. È terribile dirlo, perché l'intelligenza dovrebbe servire anche ad altre cose, ma se ne è andata l'intelligenza filosofica e teorica; di verità non si parla più. L'intelligenza scientifica serve, ma ormai è catturata dall'intelligenza utilitaria: chi sei, quanto vali, quanto rendi, quanto mi costi, ecc.
Queste due cose dominano tutte le strutture e tutti gli organismi, nazionali ed internazionali.

Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all'Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore


 
 
 
 

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