CATTOLICI E POLITICA (5/5)

Pubblicato il 31-08-2009

di Alessandro Moroni

 

Storia della presenza politica cattolica in Italia: una riflessione sugli opposti schieramenti dei nostri giorni.

di Alessandro Moroni

 

"Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una brutta cosa! No: l'impegno politico, inteso come l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità". Questo atto di fede di La Pira nei confronti del valore della politica intesa come testimonianza e servizio dovrebbe farci tutti riflettere; e non solo per l'ovvia considerazione in base alla quale il sentore comune della politica vissuta come qualcosa di sporco si è probabilmente centuplicato dall'epoca di La Pira ad oggi. La riflessione deve spingersi fino al significato che può assumere oggi questa idealità, e anche su come possa essere materialmente vissuta. Si tratterà anzitutto di volgere lo sguardo al quadro politico nel quale siamo immersi, provando ad immedesimarci in un cattolico politicamente impegnato e nei molti problemi che quotidianamente si trova a dover affrontare.

Già abbiamo fatto notare lo sostanziale immaturità del nostro Paese nei confronti di un sistema maggioritario bipolare, quale è stato adottato, sia pure con successive modifiche, dal 1994 in avanti. Questo modello, applicato in Paesi ad antica tradizione democratica, si basa su alcuni capisaldi, il principale dei quali è costituito dal rispetto politico e dalla legittimazione dell'avversario. Se dominano reciproche fobie e censure, per non parlare dello spirito di crociata che anima certe nostre campagne elettorali (dalle quali sembra sempre emergere il terrore panico della vittoria altrui, vista come minaccia all'intero sistema democratico), una vera democrazia non potrà mai dirsi compiuta. È indispensabile quantomeno una base di valori condivisi e comunemente responsabilizzanti: in questo senso, la recente campagna presidenziale americana che ha visto contrapposto Obama a Mc Cain è stata esemplare. Imbarazzante notare a quale distanza siderale ci troviamo dalle nostre parti...

Purtroppo il problema esiste anche per i cattolici, ai quali è stato sottratto il riferimento costituito dall'unico partito-contenitore: si potrebbe immaginare che l'essere uniti dalla stessa fede possa servire almeno a stemperare i contrasti più virulenti, ma purtroppo non succede quasi mai. Cattocomunisti è l'epiteto con il quale i cattolici che militano a destra investono gli "avversari" schierati a sinistra (peraltro, chi se ne riempie la bocca spesso ignora che il termine non ha in sé nulla di originale, è stato utilizzato negli anni '70 e probabilmente ancor prima). L'epiteto è foriero di una rozzezza e di un disprezzo assoluti, oltre a richiamare scenari da dopoguerra decisamente obsoleti: l'epoca in cui i comunisti "mangiavano i bambini" e se non avessimo fatto la croce sul simbolo giusto in cabina elettorale ci saremmo ritrovati reggimenti di cosacchi ad abbeverare i cavalli in piazza San Pietro... Ma i cattolici "dell'altra parte" non sono da meno, replicando al mittente con l'epiteto clericofascisti, di identica rozzezza, con la sola, probabile e minima scusante di essere un insulto rivolto in risposta.
 La politica

Lasciando perdere questi tristi esempi di negligenza e pregiudizio, proviamo ad analizzare i contenuti espressi dai due schieramenti con lo sguardo non condizionato dall'uso di lenti ideologiche. Il bipolarismo politico propone, da noi come ovunque venga applicato, due schieramenti che portano alla luce, in quello che dovrebbe essere il rispetto comune del binomio giustizia-libertà, valori differenti. Quelli della destra fanno riferimento a valori quali la valorizzazione estrema della libera iniziativa, il rispetto della legalità, la sicurezza del cittadino; il tutto in un quadro generale di rispetto di modelli tradizionali (famiglia ed etica in primis). Quelli della sinistra sono più legati all'eguaglianza sociale, allo sviluppo compatibile con la salvaguardia dei più deboli, alla maggior presenza dello Stato in ambito economico e fiscale, al contenimento del mercato nell'ambito di regole ben precise.

Da quando la DC è scomparsa, anche le famose (e spesso vituperate) "indicazioni di voto" espresse dalla CEI si sono fatte meno esplicite, limitandosi a richiamare quelli che dovrebbero essere, per un cristiano, i valori fondanti della società civile. Succede poi, per motivazioni legate alla natura stessa del sistema bipolare, che i valori in questione non siano più riconducibili alle politiche espresse da uno solo dei due schieramenti in gioco: la destra ne sosterrà alcuni, la sinistra altri. Capita allora che il card. Bagnasco, attuale presidente della CEI, in un intervento risalente al marzo dello scorso anno (in vista delle elezioni politiche) abbia esplicitamente richiamato questo stato di cose, promuovendo, di fatto, il partito che non c'è. Citando testualmente: "I vescovi italiani non si schierano con nessun partito o movimento politico, ma richiamano i valori fondamentali della difesa della vita umana, in tutte le sue fasi, e della famiglia tradizionale". E ancora: "La Chiesa italiana ha stima e fiducia nella scienza; pur notando con rammarico come nei laboratori della vita sia stata da tempo infranta la barriera posta a tutela della vita stessa".

Fin qui tutto sembra chiaro: a parte la premessa di non schieramento, ci troviamo nell'ambito della piattaforma elettorale della destra. Succede però che in un'altra sezione dello stesso documento il card. Bagnasco prosegua così: "È necessario affrontare le attese più urgenti e i problemi indilazionabili della maggior parte della popolazione: ovvero l'aumento dei salari minimi, la difesa del potere d'acquisto delle pensioni, l'emergenza abitativa, la maggiore sicurezza nei posti di lavoro è [...] per garantire un miglioramento effettivo delle condizioni di vita della parte più consistente della popolazione". E qui decisamente il contesto cambia, ci ritroviamo di colpo nell'ambito delle politiche propugnate dalla sinistra. E la maggior difficoltà è costituita dal fatto che non solo ciascuno dei due schieramenti sbandiera una sola parte di questi principi fondamentali richiamati dalla CEI, ma spesso sviluppa una politica mirata ad osteggiare direttamente la parte di questi principi che si trovano di casa nello schieramento opposto. Non a caso, se andiamo ad analizzare gli interventi della CEI nel corso degli ultimi quindici anni vedremo che sono caratterizzati da una costante: quando è in carica un governo di sinistra, spesso i vescovi si fanno sentire per richiamare governo e parlamento al rispetto dei valori etici: quindi anzitutto della vita umana in tutte le sue condizioni, prima e dopo la nascita, oltre che della famiglia tradizionale vista come manifestazione dell'ordine naturale disposto da Dio. Viceversa, quando è in carica un governo di destra succede l'opposto: gli strali dei vescovi vengono scagliati contro le politiche di non-accoglienza del "diverso" e di scarso rispetto nei confronti degli "ultimi" che quello schieramento tende ad attuare. Come può allora districarsi un cattolico, preso in questa morsa? Proviamo a spingere la nostra analisi ad un livello di maggior dettaglio.

 Protagonisti

Il problema dei cattolici che militano a sinistra è costituito anzitutto dall'avere dei "compagni di viaggio" ai limiti dell'inguardabile. Oltre ai più accaniti propugnatori della cultura di morte virulentemente anticattolica che alligna quasi del tutto indisturbata nella nostra società (con aborto ed eutanasia in testa, ma subito a ruota seguono le varie forme di scientismo oggi in voga, e il sostegno a tutte le forme di unione alternative alla famiglia naturale), ritroviamo un residuo marxista (l'ultimo governo di centrosinistra contava ancora alcuni ministri e sottosegretari comunisti). Vero è che il PD, formazione nata dalla fusione dei democratici di sinistra e della margherita, sembra avere escluso alleanze con la sinistra antagonista per il presente e per il futuro, ma è comunque attesa alla prova di una futura governabilità visto che, per il momento, non sembra avere i numeri sufficienti. Per quanto riguarda la militanza cattolica "schierata a sinistra" va detto che qua e là lo spettro del '68, con il suo infinito bagaglio di sovrastrutture ideologiche e confusioni, non sembra essersi del tutto dissipato.

Permane in tanti militanti e simpatizzanti uno spirito di antagonismo, mutuato da gruppi ed esperienze di movimenti che provengono da culture affatto diverse, che tutto richiamano fuorché l'ideale evangelico ("Beati i miti, perché erediteranno la terra") e che, non ne dubito, hanno l'effetto di fare rivoltare nella tomba i poveri Dossetti e La Pira. E se spesso l'impegno a promuovere politiche sociali volte a migliorare la condizione dei tanti diseredati a livello planetario è lucido e coerentemente perseguito, capita a volte che vada a sposarsi con linee di pensiero che assolutizzando la dimensione orizzontale (economica e sociale) porta alla minimizzazione di quella verticale (spirituale e trascendente), finendo così con il disseminare rancore e odio di classe laddove servirebbero invece prese di coscienza comuni e cooperazione; secondo un tipico procedimento ideologico caratteristico dell'area culturale che si è appropriata del '68. In alcune aree del mondo questo è più evidente che in altre: sul momento mi sorge spontaneo l'esempio dell'America Latina, continente tuttora lacerato da gravi contrasti e differenze sociali, dalla quale emerse, tra gli anni '70 e '80, la teologia della liberazione che partendo da premesse reali e solidamente fondate ha finito, cammin facendo, per perdere di vista la dimensione essenziale del Cristo servo di Dio (Fil 2,6-11).

Ma anche qui in Italia gli effetti dell'assolutizzazione della dimensione sociale sono evidenti; accennerò ad alcuni episodi che mi hanno coinvolto, sia pure in veste di spettatore. Nel giugno del 2001 mi ritrovai ad assistere, in una chiesa di Genova, ad un incontro pubblico organizzato dagli esponenti del Social Forum di area cattolica in preparazione alle iniziative programmate in occasione del G8 che si sarebbe tenuto il mese successivo (e che ebbe poi l'esito disastroso che ben conosciamo). Se non avessi avuto l'evidenza fisica di ritrovarmi all'interno di una chiesa avrei giurato di essere in piazza, ad un comizio del PCI negli anni '70 o '80; al punto che mi son detto: si vede proprio che il muro di Berlino è caduto! Qualche mese dopo mi capitò di prendere in mano una rivista di buona fattura, in carta patinata. Dopo avere dato una scorsa ad un paio di articoli ritenni di stare sfogliando un magazine prodotto da qualche movimento no-global di area "antagonista"; fino a quando non guardai la copertina, rendendomi conto che stavo leggendo la pubblicazione ufficiale di uno tra i gruppi missionari che vanno per la maggiore. Infine, un aneddoto che mi è stato riportato da persona fidata: un paio di anni fa un sacerdote sulla quarantina ne incontra uno più anziano, sessant'anni o giù di lì. Quest'ultimo tutto infervorato si lancia in un'analisi appassionata della situazione politica nazionale; e conclude scuotendo mestamente la testa: con questo papa la Chiesa ha fatto un salto indietro di 40 anni! Replica del sacerdote più giovane, assolutamente centrata: forse la tua testa è rimasta indietro di 40 anni.

 Berlusconi, Putin, Prodi, D'Alema

Se Atene piange Sparta non ride, recita un proverbio dell'antichità. Non sono minori i problemi che incontrano i cattolici schierati a destra; proprio a cominciare dai compagni di viaggio, che sono altrettanto inguardabili: razzisti e xenofobi conclamati, post-fascisti di molto recente e nemmeno troppo convinta riverniciatura (presenti nella compagine di governo ancora nella legislatura 2001-2006), post-socialisti craxiani dalla carriera politica non precisamente illibata e un discreto numero di liberali vecchio stampo, decisamente anticlericali. Il tutto sotto l'egida di un magnate industriale cresciuto smisuratamente negli anni '80 sotto il capiente ombrello di Bettino Craxi e la cui dichiarazione dei redditi lo attesta, mandato dopo mandato, in crescita costante e tra i più ricchi del Paese (il minimo che se ne possa dire è che, rispetto al modello thatcheriano al quale si ispira, equivale a Tersìte di fronte a Diomede). Il rischio che corrono i cattolici che militano da questa parte è diametralmente speculare rispetto a quello corso dai cattolici della sponda opposta: l'assolutizzazione della dimensione verticale a scapito di quella orizzontale. Fuor di metafora: l'uso dei capisaldi fondanti l'etica cristiana come facile alibi per la promozione di una politica mirata a null'altro che non sia la conservazione dello status quo.

Ma senza una forte spinta ideale alla costruzione di una società più autenticamente a misura d'uomo anche il sostegno (giusto e sacrosanto!) nei confronti di tutte le iniziative volte a salvaguardare la vita in tutte le sue forme e la famiglia rischiano di diventare battaglie di retroguardia, sempre meritevoli di essere combattute ma piuttosto fini a se stesse. Ecco allora il rischio di ritrovarsi sempre e comunque schierati a difesa del potere costituito, ovvero dei circoli di potere che, per la verità, non hanno proprio contribuito a fare del mondo in cui viviamo un luogo ideale. Il rischio di operare scelte ancora e sempre sposando il principio del minore dei mali. Il rischio di fare di Gesù Cristo "il Signore... di lor Signori"; il Dio completamente disincarnato di Renan; il Dio delle istituzioni, appunto: statali, politiche e religiose. Mentre gioverà ricordare che Gesù non fu mai trattato precisamente coi guanti dal potere costituito, che anzi in ultima analisi finì per crocifiggerlo. Ancora più subdolo è il rischio, corso da alcuni movimenti che fanno riferimento a quest'area politica, di ritrovarsi, magari senza un intento preciso in tal senso, a costituire quella che chiamerei "la società dei migliori": un gruppo di benpensanti che si ritrovano al sicuro, dietro lo steccato delle proprie certezze etico-morali, che un po' alla volta finisce col guardare dall'alto in basso chi se ne trova al di fuori; solo a me in questo momento viene in mente la parabola del fariseo e del pubblicano?! Il rischio, per concludere, di ritrovarsi ancora una volta a sostenere una posizione ideologica: perché anche conservatorismo e farisaismo sono ideologie.

Il discorso che abbiamo sviluppato è risultato piuttosto lungo, e per essere esaustivo avrebbe dovuto esserlo molto di più. La conclusione che mi sentirei di apporre è duplice: in primo luogo, l'accalorata perorazione di Giorgio La Pira è più che mai valida, la politica può e deve essere ancora un impegno di umanità e di santità. In secondo luogo, nonostante i problemi che abbiamo evidenziato esiste lo spazio, per un cristiano, per mettere a disposizione il proprio impegno e la propria testimonianza in entrambi gli schieramenti che si fronteggiano in parlamento e nel Paese; e infatti ce ne sono, di questi cristiani impegnati: a destra come a sinistra. Non saremo certo noi a scoraggiare i giovani che sentono questa particolare vocazione (perché tale è, a tutti gli effetti!) a dedicarvisi con impegno, studio e abnegazione: armandosi preventivamente di tanta pazienza e tanto coraggio, perché oggi risulta estremamente difficile districarsi e le tentazioni ideologiche sono forti come non mai. Le ideologie, il male che ha segnato indelebilmente il ventesimo secolo, proiettano la loro ombra truce anche su quello appena iniziato: è fondamentale per un cristiano conoscerle, studiarle a fondo, saperne leggere le motivazioni. Sposarne una, mai.

 

Alessandro Moroni
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