Europa: scelta di pace

Pubblicato il 17-05-2024

di Luca Jahier

All’inizio della Genesi c’è la lettera B (Bet, Bere’shîth), che significa in principio, benedizione e che corrisponde al numero 2, che suggerisce dualità, pluralità, legame, confronto che si fa dialogo e alleanza, comprensione e azione comune.

Viviamo in un mondo che in questo momento non ci piace – fra guerre, crisi climatica, disuguaglianze e povertà, paure e divergenze crescenti – e che ci pone imponenti sfide: il sistema internazionale rischia il collasso e scivola sempre di più verso scenari di distruzione di quell’ordito di pace e cooperazione internazionale, basato sul diritto della forza, che ha trovato nell’Unione Europea e nel sistema delle Nazioni Unite i suoi punti di forza.

«L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra» si legge nel testo della Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 da cui trasse origine la costruzione europea. «L’Europa sorgerà da realizzazioni concrete che creino innanzitutto una solidarietà di fatto». Alle ragioni della secolare lotta per i territori, le risorse, la potenza, l’amicizia tra Schuman, Adenauer e De Gasperi contrappone la riconciliazione e la relazione, cominciando a mettere in comune proprio quei beni (il carbone e l’acciaio) per cui si era combattuto, secondo una “solidarietà di produzione”. «La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti […] getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica […] Prima tappa della Federazione europea […] Questa produzione sarà offerta al mondo senza distinzione ne esclusione, per contribuire al rialzo del libello di vita e al progresso delle opere di pace».

Nella forza di quell’insuperato manifesto politico si può leggere l’ordito della costruzione europea dei passati 70 anni, fino alle risposte straordinarie degli ultimi decenni, dalla moneta unica all’allargamento, dalla risposta alla pandemia ai piani di ripresa e resilienza nel NextGenerationEU, basati sulla transizione verde e digitale. La storia del progetto europeo è una dimostrazione storica che la parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci funziona: un continente distrutto dalla guerra, scegliendo la pace, la messa in comune di risorse e sovranità, ha generato ricchezza per sé e per molti altri al di fuori dei confini europei, ha progressivamente incluso altri Paesi (dai 6 fondatori ai 27 attuali e altri 10 sono i paesi candidati) e raggiunto livelli di progresso, convergenze territoriali, equità e sicurezza sociale che non hanno tutt’ora pari in nessuna parte del mondo.

Ma i sondaggi ci dicono oggi che crescono i sentimenti di incertezza, frustrazione, impotenza, rabbia, paura, tutte emozioni che soprattutto i tanti imprenditori dell’odio, interni ed esterni, possono sfruttare per i propri miseri interessi elettorali o obiettivi geopolitici. Eppure, tra quei sentimenti c’è anche molto altro: la speranza attiva, esigente, propositiva, già agita da tante forze sociali ed economiche che non smettono di investire su innovazione, relazione e condivisione. Sentimenti che sono domanda di libertà, sicurezza, pace, progresso, giustizia, futuro per le proprie comunità, che spinge tanti a lottare ancora per i valori e le conquiste europee ed esige programmi e politiche che siano all’altezza di questa domanda.
L’Europa non è davvero un incidente della storia e neppure un’appendice geografica, ma uno straordinario progetto politico ancora in grado di rilanciare una grande agenda di speranza per il futuro, se comprendiamo ancora la forza del bet, la solidità del costruire legami e solidarietà di fatto. Di questo e altro parlo nel mio recente libro, pubblicato da Fondazione Feltrinelli, Fare l’Europa, fare la pace. Riflessioni e provocazioni per evitare il collasso del progetto europeo.


Luca Jahier
NP aprile 2024

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