Non la forza, ma la fiducia

Pubblicato il 12-08-2023

di Renato Bonomo

Quando l’11 aprile del 1963 venne pubblicata la Pacem in terris, papa Giovanni XXIII voleva offrire uno sguardo di speranza al mondo che sembrava precipitare in una spirale di crescente conflittualità. Gli episodi critici erano stati numerosi e gravi, i più significativi furono la costruzione del muro di Berlino (1961) e la crisi missilistica di Cuba (1962) che vide una contrapposizione frontale tra gli Usa di Kennedy e l’URSS di Chruščëv. In quell’occasione gli americani fecero un blocco navale intorno a Cuba per impedire che i sovietici dotassero di missili le rampe di lancio costruite a Cuba. Dopo alcuni giorni di ottobre di tensione altissima, i sovietici desistettero. Proprio il timore di un'apocalisse nucleare spinse il papa ad accelerare la stesura di una lettera enciclica dedicata alla pace.

Pur appartenendo al filone della dottrina sociale della Chiesa inaugurata da Leone XIII con la Rerum Novarum del 1891, la Pacem in Terris esce dagli schemi tipici di un certo rigido linguaggio dottrinale ecclesiastico per abbracciare uno stile comunicativo nuovo, capace di andare oltre gli steccati ideologici che in quegli anni dividevano il mondo e – soprattutto – di offrire un’apertura senza precedenti al mondo moderno. Per alcuni studiosi, l’enciclica è il primo manifesto dell’ingresso della Chiesa nel mondo moderno che, senza svilire o negare la tradizione, anzi valorizzandola e mettendola a disposizione dei popoli, desidera mettersi in ascolto e in dialogo con l’umanità. Con la consapevolezza che la fede è sempre un mettersi con gli altri e non contro: «A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: […]. Compito nobilissimo quale è quello di attuare la vera pace nell’ordine stabilito da Dio [87]».

Tra i tanti temi presenti nella lettera enciclica (i diritti e i doveri della persona, l’importanza della responsabilità, il bene comune, la comune appartenenza alla famiglia umana di tutti i popoli, i rapporti all’interno delle comunità politiche e tra le comunità politiche), va sottolineato il tema del disarmo. «Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si siano creati e si continuano a creare armamenti giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi cittadini di quelle comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di conseguenza, private di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo eco-nomico e al loro progresso sociale [59]». Giovanni XXIII ricorda coma la pace non possa solo limitarsi a essere «fondata sull’equilibrio delle forze» perché sarebbe causa di una fatale corsa agli armamenti, soprattutto a causa della presenza di armi nucleari. Certo la deterrenza del possesso di armi atomiche potrebbe bloccare sul nascere un conflitto, ma come escludere fatti imprevedibili o non tenere in considerazione l’incubo e la minaccia con cui tutti i popoli si dovrebbero confrontare? «Per cui giustizia, saggezza e umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci [60]».

Ma ci ricorda il papa – con straordinaria chiarezza profetica – la vera pace passa dalla conversione del proprio cuore che rinuncia a usare ogni realtà come arma: «Occorre però riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse a un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può essere conseguito [61]». Non la forza, ma la fiducia. Anche in questo tempo di guerra che si è ripresentata in Europa, non dobbiamo dimenticare che la prospettiva del disarmo integrale deve rimanere l’obiettivo fondamentale verso cui tendere.


Renato Bonomo
NP maggio 2023

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