Sulla stessa strada

Pubblicato il 06-02-2022

di Renato e Valentina

Franco è un ragazzo molto intelligente e impegnato. Le sue materie preferite sono quelle scientifiche e logico- matematiche. Forse in matematica è addirittura il più bravo della sua classe, la quarta liceo scientifico.
Franco è un ragazzo sordo. Per questo motivo ha delle difficoltà nella comunicazione, che si manifestano in modo particolare nelle discipline letterarie.

Con Franco abbiamo potuto sperimentare come un contesto in teoria giusto come la scuola si trasformi in una trappola piena di piccole e striscianti ingiustizie: le sue potenzialità rischiano di svanire perché in fondo lui è già bravo e – siccome non ci sono risorse – non ha bisogno di troppe ore di sostegno o di educatori LIS (lingua italiana dei segni). Ma se la cura delle carenze e delle difficoltà è doverosa, altrettanto deve essere la cura delle eccellenze.
Incontrando studenti come Franco, ci siamo subito resi conto dell'insufficienza dei modelli tradizionali di interpretazione della disabilità.

Nel capability approach abbiamo individuato un modello efficace, trovando in esso elementi estremamente utili per creare una relazione con ragazzi come lui. Il modello delle capacità, nato in un contesto economico, è stato promosso in numerosi ambiti, compresi quello dello sviluppo umano, della qualità della vita e del rafforzamento delle libertà di tutte le persone, anche in situazioni di disabilità. Anche la persona disabile ha il diritto all'autodeterminazione, ad elaborare il proprio progetto di vita e quindi essere artefice del proprio destino. È una modalità rivoluzionaria di concepire la disabilità: la persona disabile è sempre stata etero-diretta perché ritenuta naturalmente incapace di essere autonoma.

Il capability approach ribalta la prospettiva: sin da piccoli, tutti devono essere educate alla riflessione, alla scelta rispetto alle proprie aspirazioni.
È vero però che la persona disabile può avere delle possibilità ridotte di perseguire i propri scopi rispetto a un'altra persona, anche se dispone della stessa quantità di beni e risorse.
In questa dinamica influiscono ovviamente diversi fattori di conversione interni, ambientali e sociali. La disabilità viene dunque vista come una mancanza di capability in quanto si verifica una marcata limitazione dell'orizzonte di opportunità disponibili.
La disabilità non è quindi nel soggetto e non coincide con una menomazione, ma nasce dall'interazione tra la condizione di salute dell'individuo e il contesto ambientale e sociale.
Come ogni individuo, il disabile non coincide con la malattia o la menomazione, è una persona dotata di volontà e dignità, che ha il diritto di realizzarsi e di elaborare un progetto di vita. Il compito delle istituzioni è creare le condizioni perché ciascuno possa liberamente e volontariamente esprimere se stesso.

In questa prospettiva, anche la fragilità può manifestare una certa forza, suscitando effetti positivi nelle persone che la incontrano. Ci sono due modi con cui affrontare una presunta “fragilità” in classe: si può rimanere indifferenti oppure si può scegliere di convivere con dei compagni di classe speciali, affrontando insieme tutte le fatiche che ciò comporta.
Questa seconda strada diventa una grande opportunità di condivisione, se gli studenti e i docenti scelgono di viverla insieme e da protagonisti.
Accogliere questa opportunità amplia le capacità non solo della persona considerata più debole o fragile, ma anche di tutte le persone che si trovano a camminare con lei. Così facendo, si accresce il benessere non solo dei soggetti con disabilità, ma di tutto il contesto sociale che vive con loro.

Giacomo dice poche parole, non sempre tollera i cambiamenti di programma e ha la “capacità” di escogitare i modi più impensabili di disturbare tutti per esprimere il suo disagio. Lo sforzo dei compagni per accompagnare Giacomo ad accogliere più serenamente i cambiamenti, ad esempio avvisando in anticipo che nella giornata ci sarà una supplenza o che la classe si sposterà per un'attività, è un grande risultato. I ragazzi imparano ad avere uno sguardo che includa tutti, permettendo a ciascuno di vivere nel modo più completo possibile la giornata scolastica. Maria è una gran chiacchierona! A volte è proprio difficile avere la sua collaborazione per un po’ di silenzio o un tono di voce basso.

Un'attenzione di una compagna di classe aiuta a rasserenare la situazione: “Non puoi parlare con me ora, però puoi sederti di fianco a me e stiamo vicine”. Come si è arrivati a questo incontro? Gli anni vissuti insieme in classe hanno favorito lo sviluppo di una certa sensibilità dei compagni e fatto maturare Maria: tutti hanno compreso l'importanza di fare qualche sforzo perché si possa stare bene insieme. Luca fatica a seguire le lezioni con argomenti troppo complicati per lui, spesso si distrae e si chiude nei suoi pensieri. Ama accudire le piante e gli ortaggi e per questo ha scelto un istituto agrario. Arrivato in quinta progetta un'attività lavorativa in un vivaio. Ma è necessario raggiungere il vivaio con il pullman.
La mamma non sa come aiutarlo e lui non ha tanto voglia di andare con lei.
Un piccolo gruppo di compagni, lo guidano a imparare le tappe importanti per prendere un autobus in sicurezza; con pazienza e semplicità.

Le storie di Franco, Giacomo, Maria e Luca sono storia diverse ma belle, da curare e non trascurare.
L'opera di un insegnante – e di sostegno in particolare – può servire a ragazzi come loro per valorizzare le doti e i talenti che possiedono, ma che rischiano di non essere sufficientemente coltivati.
Un giorno una nostra collega, docente di sostegno, ci travolse con il suo entusiasmo.
Il suo non era un facile entusiasmo: la collega in questione aveva una lunga esperienza professionale alle spalle e aveva lavorato con ragazzi piuttosto difficili da accompagnare.
Eppure, tanta positività nasceva dal fatto di aver scoperto – a suo dire – nell'attività di sostegno la vera essenza dell'insegnamento. Ci raccontò che la soddisfazione umana e professionale che provava era superiore rispetto a tutto ciò che aveva vissuto in precedenza.

Per noi è stato difficile rimanere indifferenti di fronte a tanta motivazione.
Abbiamo capito che un bravo insegnante si contraddistingue non solo per le pur necessarie abilità disciplinari, ma per la sua competenza emotiva e relazionale. Si riesce a comunicare e trasmettere autenticamente solo quando quello che viene insegnato è collocato in una prospettiva di senso e motivazione, quando chi comunica è autorevole perché è un adulto che ha voglia di stare con i ragazzi e che si mette in gioco pur di farli imparare. Allora i ragazzi accettano anche la severità.
Cartesio, nella sua terza massima della sua morale provvisoria, scrive: «vincere me stesso piuttosto che la fortuna, e di cambiare i miei desideri piuttosto che l'ordine del mondo». Non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo ma vorremmo modificare almeno il metro quadrato in cui viviamo in modo da trasformare insieme agli altri le piccole ingiustizie che incontriamo in occasioni di pace e giustizia.


Valentina Turinetto e Renato Bonomo
NP novembre 2021

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