Vedo le bandiere della pace, mi commuovono perché ho visto la guerra

Pubblicato il 02-08-2017

di Roberto Marincich

di Abdullahi Ahmed - Ho 28 anni, sono nato e cresciuto a Mogadiscio, la capitale della Somalia.

Avevo tre anni quando in Somalia è scoppiata la guerra civile, vi ho vissuto in mezzo per 16 anni, so cosa vuol dire stare sotto i bombardamenti. Vivere in guerra non significa soltanto perdere i propri cari, rischiare quotidianamente la vita. Vuol anche dire non avere la possibilità di studiare e questo fa sì che molti giovani del mio Paese siano sfruttati dai signori della guerra e non solo. Io per fortuna ho studiato, ho terminato le scuole superiori nel 2006 e nel 2007 mi sono iscritto a giurisprudenza.

Purtroppo la guerra civile... mi ha fatto capire che in Somalia non era più possibile costruire un futuro migliore per me e per la mia famiglia. Ho allora deciso di lasciare il Paese. Certi gruppi WhatsApp ci avevano detto che potevamo arrivare in Italia con un viaggio di due mesi, invece ce ne ho messi sette... Ci siamo fidati allora di questi gruppi, di questi trafficanti di esseri umani, di questi esponenti della criminalità organizzata, e abbiamo intrapreso il viaggio.

Sono arrivato prima a Lampedusa e poi a Settimo Torinese, la città che mi ha accolto, sapendo di non avere né una famiglia, né un amico, non conoscendo la lingua italiana, ma ho trovato un’accoglienza che mi ha fatto sentire parte integrante della comunità.

Io mi ero dato alcuni obiettivi: imparare la lingua, trovare lavoro, trovare casa. Li ho raggiunti tutti, ma senza l’aiuto dell’amministrazione comunale e della Croce Rossa non avrei potuto. Allora ho deciso di restituire l’aiuto che mi era stato dato chiedendo di fare il servizio civile nazionale, dal 2014 aperto anche ai cittadini stranieri. Il 18 settembre 2014 il consiglio comunale di Settimo mi ha conferito la cittadinanza onoraria. Quello per me è stato un grande giorno!

Io ora non sono più un rifugiato, sono un cittadino italiano e perciò anche europeo, con tutti i diritti e i doveri che questo comporta e ho deciso di mettere qui il mio mondo, di dare il mio contributo a questo Paese. Da quattro anni giro per le scuole superiori del Piemonte: ho incontrato 20mila ragazzi, confrontandomi con loro perché ho capito di dovermi far conoscere e accettare il confronto, perché il dialogo può far superare le barriere fisiche e mentali che molti hanno costruito in questi anni.

Un desiderio che voglio condividere con voi – vedo le bandiere della Pace, mi commuovono perché conosco la guerra – è di costruire qualcosa con i giovani che vivono fuori dai nostri confini, in Somalia, in Siria, in diverse parti del mondo, garantendo loro la possibilità di studiare. Sappiamo che cosa significa vedere dei confini e non avere la possibilità di attraversarli, sappiamo cosa significa avere uno Stato di diritto, vivere in democrazia, tutelare le minoranze, rispettare la dignità dell’uomo. Noi che abbiamo acquisito questi diritti dobbiamo in qualche modo farli conoscere a chi sta in altre parti del mondo.

Viva il Sermig, viva la pace. Grazie di cuore.

Abdullahi Ahmed

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