Il mio sogno punto e basta

Pubblicato il 10-08-2012

di Marco Grossetti

di Marco Grossetti - Migliaia di giovani da tutta Italia sono passati anche quest’estate dall’Arsenale della Pace. Abbiamo parlato con alcuni di loro del futuro che li aspetta. Ci hanno detto che non è tutto così nero come pensano in tanti, perché ci sono ancora sogni possibili, come i loro.

L’EPOCA SBAGLIATA
“Abbiamo sbagliato epoca, è tutto troppo tecnologico”, dice Mary, pensando ad un altro contratto di lavoro non rinnovato e alla voce registrata che la sostituirà come receptionist e che non avrà il problema di essere sempre elegante e puntuale, sorridente e perfetta, con i capelli a posto e con il vestito giusto. Alberto invece tra pochi mesi sarà uno psicologo e, mentre prepara il suo ultimo esame studiando per ore ed ore ed ore, inizia a guardare oltre. Un pensiero gli attraversa la mente e lo scrive su Facebook: “Ma una volta che ci laureiamo, a chi inviamo il curriculum?”. “Ai supermercati, Alby”, gli risponde una sua compagna di corso. I cuccioli d’uomo che diventano grandi devono lottare per la sopravvivenza, come tutti gli altri animali. Anche se oramai non sono più cuccioli. Prima erano troppo occupati a divertirsi, adesso devono adattarsi ad un ambiente dove sembra non esserci spazio e tempo per loro. Il problema è che non li vuole nessuno: i treni che passano hanno i posti tutti occupati, e quando capita che li fanno salire, chiedono loro di scendere dopo poche stazioni. Allora i giovani restano in sala d’attesa in compagnia dei loro sogni.

RINUNCIA PREVENTIVA
Molti di loro crescendo non hanno avuto la fortuna di incontrare un adulto che abbia avuto la responsabilità istituzionale, o almeno sentito il dovere morale, di aiutarli ad alzare lo sguardo e guardare oltre. E i ragazzi che non sono stati aiutati da qualcuno nella scelta del proprio percorso si ritrovano a fare quello che capita, perché in un mondo del lavoro che richiede titoli e lauree per fare qualsiasi cosa, improvvisare all’ultimo momento è impossibile. Sono circondati da adulti impegnati ad occupare il loro tempo, e non ad occuparsi di loro, a soddisfarne i bisogni, e non a fare crescere i loro desideri. I sogni rimangono chiusi dentro il cassetto e dentro il cuore di chi li ha, impossibili da realizzare ancora prima di essere pronunciati ed annunciati. Come scrive nel suo ultimo libro Mario Calabresi, siamo “un Paese che ha santificato la rinuncia preventiva, una resa senza combattimento proposta come miglior antidoto alle delusioni. Meglio non provarci neppure, così eviti di sprecare energie, ma, soprattutto, di rimanerci male”. Tanti ragazzi restano fermi per la paura, senza un piano, senza un progetto, senza un futuro.

LORO HANNO UN PIANO
Fabio, Giorgia, Nicolò e Ariel frequentano un Istituto Alberghiero a Monza e dicono che basta la voglia di sbattersi, una buona formazione e di possibilità, almeno per loro, ce ne sono parecchie. Grazie alla loro scuola hanno fatto degli stage in alberghi e ristoranti di altissimo livello, che sono diventati tante volte proposte di lavoro. Una settimana delle loro vacanze l’hanno regalata agli altri, passandola all’Arsenale della Pace. Come Judy che sta per iniziare un corso da operatrice socio-sanitaria, o Paolo che vorrebbe fare antropologia e studiare arabo per fare il mediatore culturale. Si stanno preparando per la vita, hanno un piano e anche qualcuno che li sta aiutando a realizzarlo. Anche Mirko e Matteo che studiano ingegneria, non hanno paura del futuro. Francesco, che è già diventato ingegnere, racconta che dopo la laurea le possibilità per lui si sono moltiplicate in una maniera impensata, l’unico problema è stato scegliere. L’etica e la morale l’hanno portato ad aprire una strada secondaria dove ci sono l’ambiente, i rifiuti, l’ecologia e spera che presto possa diventare quella principale, per riuscire a sconfiggere quei meccanismi di corruzione, interessi economici e politici che impediscono di risolvere un problema come quello dei rifiuti. Intanto, si tiene stretto stretto il lavoro che gli permette di vivere.

TOGLIERE L’INCARTO
A Maria che sta studiando lettere sembra di avere sbagliato tutto. A volte anche avere dei piani non basta. Maria sognava di fare l’insegnante per aprire gli occhi ai giovani, far loro amare la scuola e la vita, invece è finita dentro una biblioteca. Ha capito che non era possibile realizzare quello che aveva immaginato e allora adesso cerca di tenere la parte vera di sogno e buttare via tutto il contorno. Così sta cercando di inventarsi un modo per stare vicino ai giovani come voleva per non passare le giornate solo spostando, spolverando e riordinando i libri. Per togliere l’incarto e non perdere il sogno. Nicolò invece sognava di diventare un pugile e allenarsi un giorno con la Milano Thunder – Dolce & Gabbana di Milano, ma ad un certo punto ha capito che non ne valeva la pena, che sarebbe stato solo tanto tempo buttato per niente, che era meglio rimanere con i piedi per terra e fare il cuoco. Adesso studia nella stessa classe di Ariel che si prepara per fare la cameriera, ma vorrebbe fare l’attrice. Il suo tempo libero è fatto di lavoro, lavoro, lavoro: per migliorare studia teatro e musica, tiene l’occhio fisso su quello che vuole, perché sa che è l’unico modo per farcela davvero e non ritrovarsi a tenere l’incarto e buttare via il sogno.

FORZA DI VOLONTÀ CENTOMILA
Paolo, quello che studierà antropologia, vorrebbe inventare una nuova rivista per contribuire al rinnovamento culturale di questo tempo, ispirandosi a Il caffè dei fratelli Verri nel Risorgimento. Per farlo potrebbe ispirarsi alla scrittrice che ha venduto più libri al mondo, J. K. Rowling, autrice di Harry Potter, che ha visto il suo primo manoscritto finire dentro un cestino per tredici volte, prima di trovare un editore disposto a pubblicarlo, ma nonostante questo ha continuato a credere che fosse possibile. Nicolò, dice che per fare una cosa del genere ci vuole forza di volontà centomila. Non una cosa del tipo adesso ci ragiono sopra e vedo se potrebbe funzionare. Il mio sogno deve funzionare punto e basta! Senza forse e senza magari. Francesco allora si mette a contare tutte le relazioni mandate ai sindaci della Provincia di Verona per il problema dei rifiuti e scopre che sono molto più di tredici. E sta già pensando alla nuova versione da preparare. Magari un giorno si ritroverà anche lui come Valentino Rossi davanti ad una moto, a dire: “Pensa se non ci avessi provato”. Perché allora non è vero che ci hanno rubato il futuro. Forse siamo solo noi che lo stiamo lasciando vuoto, che non lo stiamo riempiendo di sogni, di progetti, di vita.

NPSpecial – Riparatori di Brecce 4/8

Nel mondo di oggi si è approfondita una frattura tra uomo e Dio, tra politica e gente comune, tra giovani e adulti. Non è questo il mondo che vogliamo. Serve un cambiamento di rotta. Quando non si riesce più ad essere credibili, a dire una parola decisiva, quando anche le guide sono cieche, è tempo di guardare più alto e più lontano, è tempo di non fermarsi alla denuncia ma di “restituire”, è tempo di tornare a far vivere la profezia, è tempo di riparare le brecce. Non come tappabuchi, ma come ricostruttori di vita, di una vita piena di dignità. Il mondo si può cambiare!

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok