In una bottiglia

Pubblicato il 02-09-2022

di Flaminia Morandi

I russi a Cherson: viene in mente U sten Chersonisa, Presso le mura di Chersoneso. L’autore è padre Sergej Bulgakov, secondo Olivier Clément il più grande dei teologi russi, classe 1871, che scrive questo libro-profezia nel 1922, al tempo del trionfo della rivoluzione bolscevica che sta trasformando la Russia in URSS. È anche il tempo della “Grande carestia”, una delle più grandi tragedie dimenticate del XX secolo, cominciata per cause naturali ma esasperata dalle scelte politiche, con i suoi cinque milioni di morti e agghiaccianti fenomeni di cannibalismo. È il tempo del nuovo codice penale che legalizza il terrore, con le desolate isole Solovki che diventano il carcere dei nuovi criminali: gli oppositori del regime, gli intellettuali critici, il clero.

Padre Sergej Bulgakov è tutto questo. Ex marxista, intellettuale e ateo convinto, ha compiuto un faticoso percorso di ritorno alla chiesa culminato nel 1918 nell’ordinazione sacerdotale. Da prete non può più insegnare all’università di Mosca, raggiunge in Crimea la famiglia fuggita dai bombardamenti, qui insegna finché non verrà espulso dall’Unione sovietica alla fine del 1922. A 54 anni comincia la sua vita di esule prima a Praga poi a Parigi, dove insegnerà per tutta la vita all’Institut Saint Serge, fondato per custodire la ricerca teologica ortodossa durante la lunga notte russa. Prima di partire per l’esilio, Bulgakov scrive questo strano dialogo tra quattro personaggi in una notte di luna, in quella stessa Cherson oggi occupata dall’esercito russo: il luogo sacro dove forse è cominciata, con il battesimo bizantino del principe Vladimir, la storia cristiana della Russia, ma anche il «cratere da dove partono i sismi del maremoto russo». «Come un naufrago che mette il suo testamento in una bottiglia sigillata che poi getta nel mare, affidandolo alle generazioni future», Bulgakov riflette sul destino della Russia con il pathos della presa diretta degli eventi storici mentre accadono. Perché questa tragedia? Le radici affondano nello stesso battesimo bizantino, attraverso cui la chiesa ortodossa russa ha assorbito anche i suoi mali: lo spirito scismatico, l’identificazione pericolosa tra autocrazia/potere ecclesiastico, fonte di esclusivismo confessionale, chiusura, presunzione di superiorità, separazione. Ma non ci si spoglia delle “disfunzioni” della propria tradizione come di un vestito.
«La terra natale è un mistero sacro per ciascun uomo, proprio come la sua nascita. Attraverso gli stessi legami misteriosi e inspiegabili che lo uniscono, tramite il grembo di sua madre, ai suoi antenati e a tutto l’albero della discendenza umana, grazie alla sua terra natale l’uomo è legato alla Terra Madre e a tutta la creazione divina».

Riconoscere le “disfunzioni” della propria cultura è il primo passo verso la comunione universale: «La Salvezza ha come effetto l’abolizione delle barriere che rinchiudono ogni essere umano nella gabbia della propria individualità, ogni gruppo umano nella sua specificità, ogni categoria umana nella propria “differenza”». La sobornost, l’unità, non è la somma, ma la comunione delle diversità. La vita della chiesa non è la vita di “una” chiesa: è la storia della progressiva trasformazione dell’umanità in Divinoumanità.


Flaminia Morandi
NP aprile 2022

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