Un arsenale tanti arsenali: Arsenale della Speranza

Pubblicato il 15-09-2023

di Arsenale della Speranza - S.Paolo

Difficile pensare di racchiudere in una pagina quello che dell’Arsenale di Torino è stato portato in Brasile e ha dato frutto. La domanda sembra subito troppo grande per trovare una risposta. Ma poi ci viene incontro uno degli insegnamenti più preziosi lasciatoci da dom Luciano: «Amare come Dio ama è far sì che gli altri siano capaci di amare».
Forse può essere questo il cuore del tanto bene che è stato generato dall’Arsenale della Speranza in tutti questi anni. La nostra particolarità.

Quello che abbiamo portato di più prezioso oltre Atlantico è il desiderio di coinvolgere nuovi amici nell’avventura più bella della nostra vita: quella del Sermig. Un’avventura animata dal sogno di un mondo più giusto, dove nessuno muoia di fame, che si concretizza in un mettersi in gioco in prima persona fino a donare tutta la nostra vita. Coinvolgendo in questo circolo di amore anche i più poveri perché se io ti voglio bene posso anche tentare di aiutarti, accoglierti, darti un posto dove riposare, darti da mangiare. Ma se ti voglio bene veramente devo aiutarti a scoprire che tu sei capace di voler bene, di amare davvero e entrare in questo circolo di restituzione.
È questo cuore ad aver portato molti frutti, a volte piccoli e altre più grandi, nel corso di questi 27 anni di presenza in Brasile. È difficile ricordarli tutti, ma già solo guardarne qualcuno riempie di gratitudine.

Il primo è stato proprio il partire in pochi e scoprire che due o tre di noi, portandosi dietro il seme più prezioso del Sermig che è il suo carisma e tutta la sua esperienza, possono dare vita a un Arsenale e sperimentare che intorno a quel seme gettato con tanta fede, anche dall’altra parte del mondo, arrivano persone disponibili attraverso cui la Provvidenza fa le sue meraviglie.
Ernesto Olivero parlando dell’Arsenale della Speranza lo ha definito tante volte cosí: l’ottava meraviglia del mondo. Pensando alla storia di questa casa e guardando le prime foto di quando siamo arrivati qui non è difficile capire il perché.

Siamo entrati in quella che era l’antica hospedaria de imigrantes, che ha visto passare milioni di persone in cerca di un futuro migliore, arrivate qui cariche di aspettative, speranze, ma anche di fatiche e di sofferenze per un viaggio mai facile da affrontare. Abbiamo cominciato a risistemarla come avevamo imparato nell’esperienza dell’Arsenale di Torino: senza farci spaventare da quello che apparentemente sembrava impossibile, ma rimboccandoci le maniche, cercando di rendere l’Arsenale bello e accogliente, casa per molti. Passando per infiniti gesti di bene, nostri e dei tanti amici che ci hanno accompagnato in questa avventura. Nel frattempo abbiamo cominciato ad accogliere portandoci il bagaglio prezioso immagazzinato notte dopo notte a Torino. Sono 72.000 gli uomini passati in questi anni, accompagnati dal nostro chiederci continuamente cosa potevamo inventarci per accoglierli come avremmo voluto essere accolti noi. E questo ha fatto nascere, tra le tante iniziative, la Foresta che cresce in cui proprio i nostri ospiti sono invitati a partecipare insieme a noi a delle azioni di volontariato rivolte ad aiutare asili, centri per disabili o a risistemare qualche angolo della nostra città, sperimentando come questa scintilla di bene accenda una piccola luce anche per chi sta attraversando momenti difficili. Con la Giornata Mondiale della Gioventù del 2013 a Rio de Janeiro ci siamo aperti ancora di più ai giovani che da sempre occupano un posto speciale nel cuore della nostra fraternità e non abbiamo più smesso di cercarli per farci aiutare a cambiare un po’ la nostra città e il mondo.

Uno dei frutti piú recenti sono le vocazioni sacerdotali di tre di noi, cresciute qui in Brasile, e le due parrocchie che ci sono state affidate negli ultimi anni e che ci hanno nuovamente cambiato un po’ la vita. Lo spazio è finito, i frutti no e speriamo possano continuare a sorprenderci e a far sì che la presenza del Sermig in Brasile sia sempre più come Dio l’ha sognata.
 

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