Harry è struggente, forse l’ho già detto. Ma tutte le volte che lo ascolto mi colpisce la sua “autorità”, non so come definirla diversamente. E’ quell’atteggiamento che, lungi dall’essere arrogante, ti convince che quello che ascolti è la più bella canzone del mondo e non c’è discussione. Anche se mescola un classico del folk americano – il brano è di Doc Watson – con la musica indiana, suonando una di quelle chitarre (chitarre ?) che tira fuori dal cilindro e che possiede soltanto lui, mettendo insieme le tabla (percussioni indiane), con un improbabile coro anni 40, a metà tra il gospel e il bluegrass eccetera eccetera. Non ce n’è un altro come lui. Pazzesco.
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