L'altro sono io

Pubblicato il 20-05-2013

di Ernesto Olivero

L'altro sono ioUn esame di coscienza ci aiuta a capire a chi e a che cosa stiamo dando la vita

di Ernesto Olivero

 

In questi giorni un grave fatto di cronaca nera ha inquietato la nostra città. Un anziano pensionato è deceduto in ospedale il giorno dopo essere stato colpito con due pugni per aver preso le difese dell’autista dell’autobus su cui viaggiava. Il presunto aggressore, un giovane di 18 anni fuggito subito dopo, è poi stato rintracciato e arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Come tanti ho ripensato a quanto accaduto, ma non ho coltivato il desiderio di fargliela pagare.

L'altro sono ioDesidero per lui quello che chiedo per tutti gli altri ragazzi che hanno sbagliato e si trovano coinvolti in vicende penali: che non subiscano solo una punizione detentiva, ma che possano essere recuperati alla vita. È davvero tempo di “costringere” con le buone questa società a fare un patto con i giovani, un patto per i giovani, che oggi sono fragilissimi non solo per responsabilità propria, ma anche per colpa degli adulti. Non mi dà pace, ad esempio, che i giovani, nonostante tutta l’informazione, non siano ancora riusciti a capire che la droga fa male. E non mi dà pace che i ragazzi, che hanno visto morire altri ragazzi di droga sballo incidenti, non si siano ancora ribellati. Mi sto convincendo che una società che pretende di estirpare la droga e tutto il male che si porta dietro solo con la repressione non può ottenere risultati significativi e duraturi.

Sto pensando che bisogna mettere in moto un percorso virtuoso per cui alla fine la droga dovrà essere libera, ma nessuno la consumerà perché tutti diranno: “Non sono mica scemo!”. Anche molti “veleni” si possono acquistare liberamente in un supermercato, ma nessuno compra un veleno per avvelenarsi, perché mica siamo scemi! Ci vogliono dei giovani responsabili e talmente appassionati della vita da saper dire dei no quando serve. Dall’altra parte ci vogliono dei preti appassionati, degli educatori appassionati, dei genitori appassionati, dei politici appassionati, che siano talmente credibili da non far venire la voglia di drogarsi. Perché è sbagliato.

Tutto questo può avvenire nella misura in cui l’impegno per gli altri, per la pace, per la giustizia diventa, giorno dopo giorno, un vero e proprio “si”, come è accaduto al giovane Samuele che rispose così al Signore che lo chiamava al suo servizio: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Samuele 3,10). Il mio sì è pronto a lasciare una carriera, un amore, e ti vuole seguire: parla e io ti seguirò. Sono veramente convinto che l’epoca che ci troviamo a vivere è nelle nostre mani. Ho appreso dal rapporto Unicef appena diffuso che un miliardo di bambini vive nella guerra.ovani

img_1783.jpgChe futuro hanno? Chi glielo può dare questo futuro? Qualcuno che li inciterà a diventare bomba per uccidere? Qualcuno che li farà diventare bambini soldato? Qualcuno che li farà diventare bambini o bambine prostitute? Questo è il loro avvenire, ma non possiamo scoraggiarci, non possiamo pensare che questi problemi siano troppo grandi per noi. Noi vogliamo essere svegli anche se la società ci fa addormentare, anche se la società ci suggerisce di non occuparcene, di pensare al nostro orticello, di starcene tranquilli perché è roba da grandi. Ma io sono già grande, e da innamorato di Dio ho capito che posso fare cose importanti come quelle che ha fatto Lui. L’essenziale è che non pensiamo noi di essere importanti.

È questo il compito di chi vuol amare Dio, di chi vuol farsi amare da Dio senza perdersi in chiacchiere, senza riserve, di chi afferma: ci sono. E allora l’imprevisto è accolto, l’altro è accolto. L’altro non è nero, è un uomo; l’altro non è un bianco, è un uomo; l’altro non è un amico, è un uomo; l’altro non è un nemico, è un uomo. Se noi cristiani viviamo sul serio il cristianesimo, è tempo che cancelliamo la parola mio, la parola nemico. È tempo di essere credibili, di occuparci dei problemi degli altri, perché l’altro sono io, l’altro è un figlio di Dio. E se un figlio di Dio sbaglia è perché non ha capito di essere figlio di Dio, non ha capito che è in una trascendenza, in un paradiso, vede la sua vita come un inferno e vuol farla pagare cara a tutti.

Ricordo che tempo fa abbiamo accolto una donna, abbandonata dal marito, e i suoi due figli. Il più grande spiegava al fratello come si dovevano trattare le donne, l’aveva imparato dal papà. In un momento di rabbia prese la scarpa della mamma, una scarpa con il tacco, e la picchiò sul viso urlando: nessuno mi vuole bene, da grande farò il kamikaze. Sono tanti i ragazzi che vogliono diventare grandi per farla pagare a qualcuno, ma allora vuol dire che non abbiamo fatto quello che volevamo fare. Cari amici, ognuno di noi può fare un patto con il “sì”, un patto per l’eternità, il mio sì per sempre, un sì capace di commuoversi come il samaritano, di spartirsi, di condividersi perché l’altro sono diventato io.

È una vita che noi aiutiamo i bambini e mille altre realtà. Ma oggi quel miliardo di bambini che sono nella guerra mi è entrato dentro, non l’ho appreso con indifferenza, come a dire: lo sapevo già. No, forse non lo sappiamo abbastanza. Quello che ci serve è un esame di coscienza: la mia vita a chi la sto dando? A un uomo, a una donna, a una carriera, a un’idea? Son capace di dire, anche se sono innamorato, anche se ho già un mestiere tra le mani: Signore, cosa vuoi da me? Il Signore risponde esclusivamente se ci trova svuotati della nostra sicurezza. Può darsi che qualcuno di noi voglia rimettersi in gioco, rifare i conti con il Signore. E i conti con il Signore sono sempre positivi, sono sempre una bella notizia. Arsenale della Pace,

7 ottobre 2009
Ernesto Olivero

 

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