Colorare il male

Pubblicato il 05-06-2021

di Cesare Falletti

Non viviamo tempi facili, e forse non ce ne sono mai stati, ma è abbastanza inutile sospirare, lamentarsi e sognare un’altra vita. Si può sperare che la situazione migliori e si deve lavorare perché, ognuno con le sue possibilità, si impegni a migliorarla, ma la grandezza dell’uomo consiste nel saper “stare dentro” alle situazioni e creare vita anche là dove non sembra esserci altro che morte, come nelle più difficili circostanze che possono toccare la nostra esistenza. Vorrei dire “colorarle”, senza voler far credere che tutto è bello, tutto può essere reso facile. Per ottenere ciò è necessario guardare sempre tutto con sguardo positivo, sapendo che Dio ha creato tutto dal nulla e in particolare l’uomo con un po’ di terra, facendone un capolavoro.

La vita si presenta ogni giorno in modo diverso e ci fa passare attraverso pianure larghe e ombreggiate o gole profonde in cui solo la fede può dire col salmista: «Se tu sei con me non temo alcun male». Per cui disprezzare o disperare della vita che ci si presenta è un male. Camus, il famoso scrittore francese, premio Nobel, vissuto nel secolo scorso in mezzo a guerre sanguinose e lottando con una malattia grave, ha scritto: «Se c’è un peccato contro la vita non è tanto disperare di essa, quanto sperarne un’altra», cioè fuggire dal reale, eppure caratterizzato per lui dall’assurdo, per rifugiarsi nell’illusione. Cosa che alla fine fa scontrare in modo brutale con la vita così com’è. Anzi, lo stesso Camus aggiunge: « ...e di scappar via dall’implacabile grandezza di questa»; con questa grandiosa espressione ci fa comprendere la drammatica dimensione della vita, ma anche la sua grandezza. A non vivere lo scorrere dei giorni e quindi a non segnarli col genio che ci è proprio, perdiamo la nostra esistenza, lasciandola sbriciolare in un mucchietto di niente.

Anche se ciò che ci viene incontro ha qualcosa di implacabile, perché il più delle volte non ci possiamo far nulla, salvo viverlo con piena coscienza e accendendo nel buio una piccola luce, non deve essere disprezzato, ma scoperto; cioè è urgente, e anche bello, scoprire che esso reca una ricchezza che non avevamo previsto né progettato, ma che può nutrire la nostra vita. Camus parla di «implacabile grandezza».

Il metodo psicologico Coué, propagandato nella prima metà del secolo scorso, che spinge a provocare un miglioramento della situazione sforzandosi, magari con una ripetizione continua di una frase, di avere idee positive, forse non è così miracoloso come hanno cercato di farlo apparire, ma ha almeno il vantaggio di porre la persona con un atteggiamento dinamico e positivo di fronte alla sventura. Camus parla di «scappar via» dal reale, ed è lì il peccato. Il reale lo si riceve e lo si trasforma, per quanto a ciascuno può essere possibile, in bene, per sé e per gli altri; rifiutarlo e nascondersi in qualche modo significa rifiutare la via per la quale il Signore ci conduce verso la meta che è la gioiosa comunione con il Risorto, che attraverso la morte ha consegnato la creazione al Padre e l’ha posta nella comunione della Trinità.

Dal bambino che ha bisogno della mamma per essere rassicurato, al vecchio che con l’esercizio della pazienza acquista la saggezza, durante la vita di un uomo c’è una grande gamma di possibili reazioni di fronte alla vita che viene, con tante vicende non invitate e non gradite. Ma la crescita dell’uomo non può avvenire se non le accetta, se non le guarda in faccia e – in genere aiutato da altri e soprattutto dall’Altro – affrontandole non le trasforma in luoghi d’amore. Altrimenti non può uscire dall’adolescenza, splendida età in cui tutto si trasforma e tutto apre alla vita, ma che è solamente un tempo di transizione.

 

Cesare Falletti

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