La lunga strada verso la speranza

Pubblicato il 24-06-2024

di Andrea Pellegrini

Senza lacci: così sono le scarpe calzate sui sentieri innevati. Il freddo, il ghiaccio e i guanti spessi renderebbero le stringhe solo un ulteriore pericolo. Ogni anno, in ogni stagione, migliaia di persone provenienti da Africa subsahariana, Siria, Pakistan, Afghanistan, percorrono i sentieri della Val di Susa, in provincia di Torino, al confine con la Francia. Inizialmente i percorsi erano nelle lunghe e impervie valli sopra Bardonecchia, ma ormai si sono fissati quasi esclusivamente intorno al passo del Monginevro. La neve, il buio e il freddo probabilmente sono solo alcuni dei tanti ostacoli incontrati nel viaggio di mesi, o spesso anni, alla ricerca di una nuova possibilità: l’immensità delle montagne non è forse come la vastità dei deserti, l’indeterminatezza dei mari o la spaventosità delle foreste?

Gli stessi passi che per secoli sono stati arterie delle comunità alpine e teatro di scambi, traffici e commerci sono ora confini, barriere, frontiere pattugliate giorno e notte. Filtri permeabili in base al colore della pelle: impercettibili per alcuni, insuperabili per altri. Durante l’estate i rischi non scompaiono. Lo scioglimento della neve scopre nuovi percorsi, impraticabili d’inverno, che però possono portare su terreni impervi famiglie, bambini e ragazzi, ignari dei pericoli della montagna e impreparati ad affrontarli. In un quasi comico gioco tra “guardie e ladri”, la Gendarmerie francese respinge ogni giorno decine di donne, uomini e bambini, che sistematicamente, dopo due o tre tentativi, riescono a superare il confine e proseguire nel viaggio verso il nord Europa. Ignorando leggi, trattati internazionali, e semplice umanità, chi è trattenuto alla frontiera francese viene riaccompagnato dalla polizia italiana verso le accoglienze a fondo valle che offrono conforto a chi, il giorno successivo tenterà nuovamente la traversata.

Una fitta rete di persone e associazioni italiane e francesi aiuta chi passa per la Val di Susa ad affrontare questo ostacolo con vestiti adatti, scarponi impermeabili, un pasto caldo e un tetto sotto cui riposare. Superato anche questo confine, ci si spoglia dei vestiti che, riportati a Oulx, saranno preparati per accompagnare nuovi avventori. Per i bambini e famiglie, un pasto caldo e qualche gioco sono istanti di una quotidianità a loro forse da sempre privata. Il silenzioso servizio quotidiano di decine di persone ha permesso alla Val di Susa di non essere teatro dell’invisibile strage che sono i nostri mari, i boschi balcanici, o i deserti dell’Africa. Per chi viaggia, un sacchetto di plastica con qualche vestito pulito è tutto ciò che di materiale ci si può portare. Negli sguardi – però – dietro alla fatica di un altro giorno di cammino, si trova il vero bagaglio che permette di superare ogni frontiera, che ci accomuna e rende umani: la speranza.


foto e testi di Andrea Pellegrini
NP maggio 2024











 

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