Abitare il tempo

Pubblicato il 11-05-2022

di Cesare Falletti

Ancora un anno nuovo! È logico porsi la solita domanda: «Come sarà, come lo vivrò?», e tante altre del genere, come quella che dà fastidio se la si dice a voce alta: «Arriverò a vederne la fine, o…?».
Da una parte il tempo che passa porta con sé una notevole dose di attesa. Si aspetta che finisca la pandemia, di poter ritrovare un amico, di poter terminare un lavoro che non va avanti, o di trovare un lavoro, di fare qualcosa di bello, e tante altre attese, di cui alcune possono anche essere tinte di scuro, perché una sottile paura del futuro rischia sempre di abitarci. Dall'altra, soprattutto passata una certa età, si rischia di guardare indietro un po' dispiaciuti per non aver saputo vivere bene il tempo passato, oppure tirando un respiro di sollievo e sperando che con l'anno si chiuda anche tutto ciò che di difficile o doloroso si è sopportato “l'anno scorso”.

Forse non ce lo diciamo, ma sappiamo bene che non siamo padroni dello scorrere del tempo e degli avvenimenti; la migliore posizione interiore che possiamo tenere è quella della disponibilità a ciò che sarà e della fiducia nel fatto che non saremo mai soli, perché il Signore non vede passare il tempo ed è sempre presente con tutta la sua infinita dose di tenerezza, la sua instancabile misericordia, il suo cuore di Padre che non invecchia e di innamorato che nessun tradimento scoraggia.

Forti di questa certezza guardiamo lo scorrere verso di noi dei giorni ancora chiusi nel pacco regalo. Come dice il libro dei Proverbi parlando della donna saggia e prudente che sa gestire le cose della sua famiglia «se la ride dell'avvenire», così anche noi possiamo sentirci sereni e forti non perché abbiamo tutto sottomano, ma perché non consideriamo la vita una nemica, ma semplicemente una palestra in cui vivere la buona battaglia, come direbbe san Paolo.

La palestra serve per essere agili e forti e possibilmente vincitori contro le avversità. Proprio la nostra piccolezza davanti alla storia, sia quella che ha segnato il nostro passato (anche prima della nostra nascita), sia quella che dobbiamo ancora vivere, ci permette di stare saldi e guardare con umile fierezza ciò che viene.
La paura non ha diritto d'accesso nel nostro cuore, perché non è buona consigliera e neanche un buono strumento di discernimento. Non serve a niente, perché non ci fa vincere. Abbiamo bisogno di prudenza, non di paura.

Il tempo scorre, lento o veloce. In un certo senso è la casa in cui abitiamo, non un agriturismo ammobiliato in cui passiamo qualche giorno di vacanza, ma la casa in cui passiamo l'essenziale della nostra vita, delle nostre relazioni, del lavoro, dell'amore. Pur non avendo presa sul suo scorrere, possiamo ammobiliarlo e dargli un carattere che ci contraddistingue, in un certo senso, renderlo “nostro”. La nostra vita infatti è unica e tale rimarrà: nessuno può viverla in modo uguale a noi, come in ogni casa abitata, anche se arredata in modo standard, basta avervi vissuto pochi giorni per far sì che la si riconosca come nostra.

Come affrontare, allora, i giorni che devono venire? L'immagine che mi viene in mente è quella di un'onda, o di una doccia, o di qualunque altra cosa liquida che ci bagna: più si è nudi, meno ne abbiamo paura, il nostro corpo è fatto per affrontarle. La prima beatitudine, quella di coloro che hanno un cuore povero, non avido delle cose altrui né attaccato alle proprie, è una buona ricetta per gustare il tempo che viene, perché ci toglie la paura. Anche l'attaccamento alla vita è una zavorra che rischia di farci affondare, mentre il vivere il meglio possibile ogni momento che ci viene dato, il tempo presente, ci libera e ci permette di entrare gioiosamente nel futuro che diventa presente.


Cesare Falletti
NP gennaio 2022

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